Web tax: facciamo gli indiani

La web tax, come è stata sinora profilata, è una tassa piatta, una cedolare secca, per così dire. Nei fatti, si tradurrà nella conferma dell’attuale bassa tassazione, specie se saranno applicate le irrisorie aliquote sinora indicate (si tratta di percentuali che oscillano dal 2% al 5%). Persino la versione indiana, chiamata Equalisation Levy (prelievo di perequazione), ha un’aliquota più alta, pari al 6%, sebbene abbia una serie di detrazioni ed eccezioni.

[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1505118380401{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]Sono arri­va­te ulte­rio­ri con­fer­me dell’intenzione dei gover­ni di Fran­cia, Ger­ma­nia, Ita­lia e Spa­gna, di pro­por­re al pros­si­mo Con­si­glio Eco­fin una web tax per met­ter fine al regi­me fisca­le age­vo­la­to ‘de fac­to’ per le mul­ti­na­zio­na­li che sfrut­ta­no ambi­gua­men­te il prin­ci­pio del­la “sta­bi­le orga­niz­za­zio­ne” sul suo­lo nazio­na­le. La fisca­li­tà diret­ta clas­si­ca affron­ta le pesan­ti pro­ble­ma­ti­che rela­ti­ve al com­mer­cio elet­tro­ni­co, dovu­te ad una serie di dif­fi­col­tà fra cui quel­la di carat­te­riz­za­re la natu­ra del paga­men­to, di deter­mi­na­re  il nes­so o il col­le­ga­men­to tra un’o­pe­ra­zio­ne impo­ni­bi­le, un’at­ti­vi­tà e la giu­ri­sdi­zio­ne fisca­le di rife­ri­men­to, oppu­re tal­vol­ta di indi­vi­dua­re la tran­sa­zio­ne stes­sa e di iden­ti­fi­ca­re il con­tri­buen­te per l’ap­pli­ca­zio­ne del­le rela­ti­ve impo­ste sul red­di­to. Tut­te le Big Com­pa­ny del web han­no adot­ta­to poli­cy fisca­li aggres­si­ve, strut­tu­ran­do le pro­prie orga­niz­za­zio­ni in modo da mini­miz­za­re il pre­lie­vo nei pae­si a più alta pres­sio­ne e pri­vi­le­gian­do lo sche­ma del­le socie­tà ope­ra­ti­ve che ope­ra­no all’interno dei pae­si sul­la base di con­trat­ti “Com­mis­sio­nai­re agree­men­ts” e ven­den­do beni o dirit­ti di pro­prie­tà del­le socie­tà ope­ra­ti­va prin­ci­pa­le, la qua­le inve­ce non ha sta­bi­le orga­niz­za­zio­ne nel pae­se e quin­di paga le tas­se sui pro­ven­ti di tali alie­na­zio­ni nel­la giu­ri­sdi­zio­ne in cui ha sede (di soli­to, un para­di­so fiscale).

La que­stio­ne è sco­mo­da, per cer­ti ver­si, poi­ché andreb­be affron­ta­ta con misu­re vol­te a ridur­re la sfre­na­ta com­pe­ti­zio­ne fisca­le fra pae­si e impor­re al siste­ma la neces­sa­ria tra­spa­ren­za, con meto­di come il CCCTB. La web tax, come è sta­ta sino­ra pro­fi­la­ta, è una tas­sa piat­ta, una cedo­la­re sec­ca, per così dire. Nei fat­ti, si tra­dur­rà nel­la con­fer­ma dell’attuale bas­sa tas­sa­zio­ne, spe­cie se saran­no appli­ca­te le irri­so­rie ali­quo­te sino­ra indi­ca­te (si trat­ta di per­cen­tua­li che oscil­la­no dal 2% al 5%). Per­si­no la ver­sio­ne india­na, chia­ma­ta Equa­li­sa­tion Levy (pre­lie­vo di pere­qua­zio­ne), ha un’aliquota più alta, pari al 6%, seb­be­ne abbia una serie di detra­zio­ni ed eccezioni.

Ad oggi, il pre­lie­vo di pere­qua­zio­ne ha effi­ca­cia solo per le ope­ra­zio­ni di ven­di­ta di pro­dot­ti adver­ti­sing e quan­do l’importo com­ples­si­vo del­le tran­sa­zio­ni per uno spe­ci­fi­co ser­vi­zio supe­ra duran­te l’anno la cifra di 1 lakh rupee (cir­ca 100mila rupie, pari a 1314 euro), un modo per tute­la­re i pic­co­li inser­zio­ni­sti. La per­so­na che effet­tua il paga­men­to per la pub­bli­ci­tà onli­ne deve dedur­re dall’importo il pre­lie­vo di pere­qua­zio­ne e ver­sar­lo diret­ta­men­te al gover­no india­no entro i pri­mi set­te gior­ni del mese suc­ces­si­vo. Il mec­ca­ni­smo è inte­res­san­te, poi­ché tra­sfe­ri­sce in chi paga il dove­re di ver­sa­re alle cas­se del pae­se il pre­lie­vo fisca­le: esat­ta­men­te come il rever­se char­ge nel caso dell’IVA.

Non è un model­lo esen­te da difet­ti: il sog­get­to che effet­tua il paga­men­to può — con una mul­ta — non dedur­re il pre­lie­vo di pere­qua­zio­ne, spe­cie quan­do non è bene a cono­scen­za del­la sede effet­ti­va del­la socie­tà con la qua­le sta ope­ran­do. Inol­tre, l’aliquota del 6% è di poco supe­rio­re ai già scar­si pre­lie­vi fisca­li a cui sono sog­get­te le socie­tà ope­ra­ti­ve dei big del Web: per un rapi­do con­fron­to, ricor­da­te­vi dell’aliquota Ires, pari al 24%. Capi­re­te imme­dia­ta­men­te che il pre­lie­vo pere­qua­ti­vo è anco­ra un trat­ta­men­to favo­re­vo­le ai colos­si del web. Il mer­ca­to dell’adversiting in Ita­lia cre­sce al rit­mo del 10–15% all’anno ed ha rag­giun­to nel 2016 la cifra rag­guar­de­vo­le di 2,36 miliar­di. Una web tax che fac­cia il suo esor­dio su ali­quo­te infe­rio­ri al 10% sareb­be dav­ve­ro una occa­sio­ne per­sa.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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