Viaggio in un Paese che non può parlare di lavoro

«Fac­ci caso: ma quan­do capi­ta che un lea­der poli­ti­co sal­ga sul pal­co affian­ca­to da un’al­tra per­so­na, per sua volon­tà, sen­za voler­si pren­de­re tut­ta la sce­na?». Mi par­la così un mili­tan­te del Par­ti­to Demo­cra­ti­co del­la mia pro­vin­cia, per spe­ci­fi­ca­re un agget­ti­vo che ha appe­na uti­liz­za­to per spie­gar­mi per­ché «Civa­ti è meglio di lui». Non come lui, meglio di lui. L’ag­get­ti­vo è “col­let­ti­vo”, coniu­ga­to al fem­mi­ni­le, per­ché rife­ri­to a “lea­der­ship”.

«Que­sto è solo il frut­to del lavo­ro che ha fat­to per anni, giran­do i cir­co­li, incon­tran­do i mili­tan­ti, crean­do una rete di gio­va­ni e di com­pe­ten­ze dif­fu­so su tut­to il ter­ri­to­rio nazio­na­le». Ecco per­ché se voglia­mo discu­te­re di lavo­ro, eco­no­mia e rifor­ma fisca­le è il caso di inter­pel­la­re Fil­lip­po Tad­dei, eco­no­mi­sta, uno dei nodi di que­sta rete. Per Giu­sep­pe Civa­ti è asso­lu­ta­men­te natu­ra­le far­si affian­ca­re da Filip­po, il 6 set­tem­bre, a Geno­va, sul pal­co del­la Festa nazio­na­le del Par­ti­to Demo­cra­ti­co.

Lo scam­bio dia­let­ti­co tra i due non può che fini­re pre­sto sul­l’IMU e sul­la rifor­ma fisca­le, e sul­la descri­zio­ne di un Pae­se che è radi­cal­men­te cam­bia­to, per­ché il lavo­ro non è più cen­tra­le come era in pas­sa­to.

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