Sì, caro Varoufakis, è possibile

Leg­gia­mo Varou­fa­kis oggi inter­vi­sta­to da Ales­san­dro Gilio­li e ci con­vin­ce soprat­tut­to l’atteggiamento euro­peo, dura­men­te cri­ti­co ma appun­to europeo.

Sin dal lan­cio di Pos­si­bi­le ai Pini Spet­ti­na­ti e poi al Poli­ti­camp di Firen­ze nel luglio 2015 abbia­mo insi­sti­to sul­la tota­le insuf­fi­cien­za del­la dimen­sio­ne nazio­na­le per affron­ta­re le sfi­de su cui ci stia­mo gio­can­do il nostro futu­ro, che sono già euro­pee e glo­ba­li. Da tem­po par­lia­mo del­la neces­si­tà di una «mul­ti­na­zio­na­le dei dirit­ti e del­l’u­gua­glian­za» — l’u­ni­ca che man­ca, che è il nostro sim­bo­lo — aggiun­gen­do alla for­mu­la di Varou­fa­kis la neces­sa­ria discus­sio­ne e inter­lo­cu­zio­ne e rela­zio­ne con le for­ze poli­ti­che esi­sten­ti. La sini­stra non può esse­re solo ita­lia­na. La sini­stra non può esse­re solo iden­ti­ta­ria. La sini­stra non può esse­re solo tat­ti­ca, ma rivo­lu­zio­na­ria, nel cam­po più lar­go pos­si­bi­le. La sini­stra deve esse­re aper­ta e però auto­no­ma e libe­ra. La sini­stra deve par­la­re alla socie­tà, non solo alla par­te impe­gna­ta che già guar­da a sini­stra, spec­chian­do­si in se stessa.

Sol­tan­to se la sini­stra sarà euro­pea, con­di­vi­sa, sul­la base di bat­ta­glie con­cre­te che pos­sa­no diven­ta­re di tut­ti, attra­ver­sa­re un dibat­ti­to pub­bli­co final­men­te euro­peo, sarà una for­za poli­ti­ca degna di que­sto nome. Altri­men­ti si abban­do­na il cam­po alla destra, facen­do il suo gio­co su una let­tu­ra mio­pe del tema del­la «sovra­ni­tà nazio­na­le», dove l’accento non è posto sul sostan­ti­vo ma sull’aggettivo ed è pro­ble­ma­ti­ca soprat­tut­to per chi come noi si tro­ve­reb­be dall’altra par­te del muro (a gesti­re le migra­zio­ni in soli­tu­di­ne) e a fare i con­ti (è pro­prio il caso di dir­lo) con una sovra­ni­tà (appun­to) mina­ta dal­la scar­si­tà del­le mate­rie pri­me, da una fra­gi­li­tà sul­lo sce­na­rio inter­na­zio­na­le, da un defi­cit del pro­prio siste­ma pro­dut­ti­vo, dal para­dos­so di far­si sot­trar­re risor­se fon­da­men­ta­li da vici­ni di casa che tas­sa­no mul­ti­na­zio­na­li allo 0,05%, nel nome del­la sovra­ni­tà fiscale.

«Pri­mo, noi abbia­mo ben pre­sen­te che se diven­tas­si­mo un grup­po d’élite o di ceto poli­ti­co, ci sui­ci­de­rem­mo: voglia­mo anda­re nel­la dire­zio­ne oppo­sta, cioè par­la­re alle per­so­ne, anche a quel­le che non han­no mai fat­to poli­ti­ca, sul­la base del­le nostre pro­po­ste e di quel­le che emer­ge­ran­no nel lavo­ro comu­ne. Secon­do, il nostro obiet­ti­vo è il con­tra­rio dell’atomizzazione iden­ti­ta­ria: è una gran­de coa­li­zio­ne tra pro­gres­si­sti di diver­sa estra­zio­ne, in oppo­si­zio­ne sia all’establishment eco­no­mi­co sia alle rea­zio­ni nazio­na­li­sti­che come quel­le dei vari Le Pen, Trump, Fara­ge, Orbán o Kac­zyń­ski. Non voglia­mo esse­re un enne­si­mo par­ti­to di sini­stra, ma offri­re alla sini­stra la pos­si­bi­li­tà di tor­na­re a esse­re rile­van­te facen­do par­te di un movi­men­to più ampio e nel qua­le c’è un cam­bia­men­to di pro­spet­ti­va e nel modo di pensare».

A que­sta per noi cor­ret­ta rap­pre­sen­ta­zio­ne, aggiun­ge­rem­mo che ci vuo­le la neces­sa­ria mobi­li­ta­zio­ne. Non è più tem­po di con­ve­gni, al chiu­so di una stan­za, in cui risol­ve­re tut­te le que­stio­ni «tra di noi». Anche l’a­zio­ne isti­tu­zio­na­le è insuf­fi­cien­te, se non accom­pa­gna­ta da una gran­de mobi­li­ta­zio­ne popo­la­re. È tem­po di usci­re, di costrui­re rela­zio­ni, di par­la­re alla socie­tà e con la socie­tà, sul­la base di un rife­ri­men­to idea­le lim­pi­do e non compromissorio.

Giu­sep­pe Civati
Elly Schlein

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