Salario minimo: qualche piccolo passo avanti

Se pri­ma era una pro­po­sta di leg­ge, ora sono due: la ex mini­stra del Lavo­ro Nun­zia Catal­fo ha pre­sen­ta­to un nuo­vo dise­gno di leg­ge sul sala­rio mini­mo, l’Atto Sena­to N. 2187. La sena­tri­ce risul­ta pri­ma fir­ma­ta­ria anche del­la pre­ce­den­te pro­po­sta dei 5 Stel­le, il dise­gno di leg­ge N. 658 su cui sino­ra si è discus­so e trat­ta­to in Com­mis­sio­ne Lavo­ro e sul qua­le anche noi di Pos­si­bi­le ave­va­mo espres­so riser­ve e qual­che pro­po­sta di modi­fi­ca (che tro­va­te qui in alle­ga­to). Dal­la let­tu­ra del nuo­vo testo, che evi­den­te­men­te acqui­si­sce alcu­ni cri­te­ri del­la pro­po­sta di Diret­ti­ve euro­pea del­la Com­mis­sio­ne, si può nota­re un avan­za­men­to sia nel­la disa­mi­na che nel con­te­nu­to ver­so ciò che abbia­mo da sem­pre rite­nu­to pre­fe­ri­bi­le, ossia una for­mu­la­zio­ne del sala­rio mini­mo come stru­men­to di aiu­to alla con­trat­ta­zio­ne col­let­ti­va. Tut­ta­via, notia­mo anco­ra alcu­ni aspet­ti “degni” di miglio­ra­men­to. Il pun­to chia­ve è il seguen­te: Fer­ma restan­do l’ap­pli­ca­zio­ne gene­ra­liz­za­ta del CCNL, a ulte­rio­re garan­zia del rico­no­sci­men­to di una giu­sta retri­bu­zio­ne, [il pre­sen­te dise­gno di leg­ge] intro­du­ce una sor­ta di pro­va di resi­sten­za o di test di « digni­tà », una soglia mini­ma inde­ro­ga­bi­le (9 euro all’o­ra), in linea con i para­me­tri di ade­gua­tez­za indi­ca­ti dal­la Com­mis­sio­ne euro­pea nel­la pro­po­sta di diret­ti­va cita­ta (il 60 per cen­to del sala­rio lor­do media­no). L’ap­pli­ca­bi­li­tà di que­sta «soglia» è del tut­to even­tua­le e riguar­da i soli «mini­mi retri­bu­ti­vi» ai fini del rag­giun­gi­men­to del para­me­tro del­l’a­de­gua­tez­za e del­la suf­fi­cien­za del­la retri­bu­zio­ne alla luce del­l’ar­ti­co­lo 36 del­la Costi­tu­zio­ne. I con­trat­ti col­let­ti­vi sareb­be­ro in tal modo raf­for­za­ti in quan­to la soglia ope­re­reb­be solo sul­le clau­so­le rela­ti­ve ai «mini­mi», lascian­do al con­trat­to col­let­ti­vo la rego­la­zio­ne del­le altre voci retri­bu­ti­ve. Sem­bra quin­di che sia sta­to acqui­si­to il con­cet­to di effet­to faro del sala­rio mini­mo: il mini­mo inde­ro­ga­bi­le è il livel­lo al di sopra del qua­le apri­re la con­trat­ta­zio­ne e la sua appli­ca­bi­li­tà emer­ge in for­ma di sur­ro­ga ai con­trat­ti col­let­ti­vi che pre­ve­do­no mini­mi tabel­la­ri infe­rio­ri. Sem­pli­ce. Nes­su­na ambi­gui­tà: si sta­bi­li­sce la pre­pon­de­ran­za del CCNL lad­do­ve que­sto, per la par­te retri­bu­ti­va, è ade­gua­to allo stan­dard di digni­tà sta­bi­li­to per leg­ge. Mol­to timi­da la deter­mi­na­zio­ne dei cri­te­ri di aggior­na­men­to del sala­rio mini­mo, che nel­la pre­ce­den­te pro­po­sta di Catal­fo sem­pli­ce­men­te non era­no con­tem­pla­ti. In Catal­fo bis, infat­ti, si riman­da alle scel­te di una «Com­mis­sio­ne tri­par­ti­ta com­po­sta dal­le par­ti socia­li mag­gior­men­te rap­pre­sen­ta­ti­ve». Tale com­mis­sio­ne avreb­be fun­zio­ni di aggior­na­men­to del mini­mo lega­le e di moni­to­rag­gio, «con­for­me­men­te a quan­to pre­vi­sto anche nel­la pro­po­sta di diret­ti­va». Eppu­re la mede­si­ma diret­ti­va (CELEX:52020PC0682 art. 5 com­ma 4) richie­de sem­pli­ce­men­te agli Sta­ti mem­bri di adot­ta­re «le misu­re neces­sa­rie a garan­ti­re l’ag­gior­na­men­to perio­di­co» (men­tre gli orga­ni con­sul­ti­vi sono cita­ti al com­ma 5 del mede­si­mo arti­co­lo come sog­get­ti for­ni­to­ri di «con­su­len­za alle auto­ri­tà com­pe­ten­ti sul­le que­stio­ni rela­ti­ve ai sala­ri mini­mi lega­li»). La nostra pro­po­sta è quel­la di sta­bi­li­re un cri­te­rio di aggior­na­men­to alme­no trien­na­le e auto­ma­ti­co, costrui­to sul livel­lo del 60% del sala­rio media­no otte­nu­to dal­le rile­va­zio­ni perio­di­che ISTAT sul­le retri­bu­zio­ni con­trat­tua­li. Tale riso­lu­zio­ne ren­de cer­to l’adeguamento nel tem­po del mini­mo lega­le, che altri­men­ti richie­de­reb­be ogni vol­ta una modi­fi­ca di leg­ge. Infi­ne, le san­zio­ni (che non ci sono). Seb­be­ne la diret­ti­va richie­da (art. 12) agli Sta­ti mem­bri di sta­bi­li­re «le nor­me rela­ti­ve alle san­zio­ni appli­ca­bi­li in caso di vio­la­zio­ne del­le dispo­si­zio­ni nazio­na­li» (e le san­zio­ni pre­vi­ste devo­no esse­re effet­ti­ve, pro­por­zio­na­te e dis­sua­si­ve), la Catal­fo bis «intro­du­ce appo­si­ta pro­ce­du­ra giu­di­zia­le, di matri­ce col­let­ti­va», ossia la pre­vi­sio­ne del ricor­so da par­te del­le asso­cia­zio­ni sin­da­ca­li nazio­na­li al qua­le il giu­di­ce del lavo­ro, qua­lo­ra riten­ga sus­si­sten­te la vio­la­zio­ne, può rispon­de­re ordi­nan­do «al dato­re di lavo­ro […] la cor­re­spon­sio­ne […] del trat­ta­men­to eco­no­mi­co com­ples­si­vo e di tut­ti gli one­ri con­se­guen­ti». Qua­le è la cari­ca dis­sua­si­va di que­sta nor­ma? Non è nem­me­no imme­dia­ta­men­te effet­ti­va. Negli emen­da­men­ti alla pri­ma pro­po­sta Catal­fo ave­va­mo pre­vi­sto l’inefficacia degli accor­di elu­si­vi e san­zio­ni da 5mila e 30mila euro in caso di ero­ga­zio­ne di un com­pen­so infe­rio­re a quel­lo mini­mo lega­le, con incre­men­ti in caso di coin­vol­gi­men­to di più lavo­ra­to­ri e per perio­di pro­lun­ga­ti nel tem­po. Va da sé che il cli­ma poli­ti­co pare alquan­to osti­le alle varia­zio­ni da noi pro­po­ste e per­si­no la Diret­ti­va euro­pea potreb­be esse­re par­ti­co­lar­men­te indi­ge­sta al gover­no. Con­ti­nue­re­mo a insi­ste­re e a discu­te­re sul tema per­ché anco­ra trop­pi sono i lavo­ra­to­ri costret­ti nel­la trap­po­la del­la povertà.

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