Il referendum lombardo-veneto è solo una conta interna

Una partita tutta interna, dalla Val Seriana a Roma, dalla quale tenersi ben lontani, denunciandone il populismo e i fini propagandistici.

[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1507114777967{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]Pao­lo Beriz­zi, oggi su Repub­bli­ca, rac­con­ta del­la sua visi­ta a Cene, 4mila abi­tan­ti in pro­vin­cia di Ber­ga­mo. La Lega qui gover­na da quan­do esi­ste, più o meno. Tra «ma dove li met­te­te i gaze­bo?» e «potre­mo tener­ci i sol­di tut­ti per noi?» la con­fu­sio­ne è enor­me sot­to il cie­lo del­la Val Seriana.

Una sezio­ne leghi­sta rima­sta sen­za finan­zia­men­ti («420mila euro bloc­ca­ti a Ber­ga­mo, 300mila nel­le sezio­ni degli altri comu­ni») che non può fare la neces­sa­ria pro­pa­gan­da al suo refe­ren­dum e che ora teme di non rag­giun­ge­re un’affluenza del 50%, in un comu­ne dove la mede­si­ma mag­gio­ran­za ottie­ne, dal 1990, il 60–65% dei consensi.

È un refe­ren­dum che al momen­to non scal­da gli ani­mi (chis­sà mai che si infiam­mi­no nel­le ulti­me set­ti­ma­ne). Se in super­fi­cie quel che appa­re è una ten­sio­ne tra le anti­che pul­sio­ni auto­no­mi­ste e le nuo­ve pul­sio­ni nazio­na­li­ste, non è un caso che que­sta si mani­fe­sti ora, all’avvicinarsi del momen­to in cui si può pas­sa­re all’incasso, tra regio­na­li e poli­ti­che. Una lot­ta di pote­re sma­sche­ra­ta dal nazio­na­li­smo di Gior­gia Melo­ni: «se io fos­si fra i chia­ma­ti a refe­ren­dum in Lom­bar­dia e Vene­to io non ci non andrei, è un refe­ren­dum solo pro­pa­gan­di­sti­co», ha dichia­ra­to sen­za giri di paro­le, sca­te­nan­do la rea­zio­ne imme­dia­ta di Maro­ni, arri­va­to a met­te­re in dub­bio il pro­se­gui­men­to dell’esperienza di gover­no del­la Regio­ne (ma chi ci cre­de?): «dichia­ra­zio­ni nega­ti­ve, sba­glia­te e mol­to pesan­ti. E sic­co­me il refe­ren­dum è una cosa impor­tan­te, sia sul pia­no poli­ti­co sia sul pia­no isti­tu­zio­na­le, mi riser­vo di valu­ta­re que­ste dichia­ra­zio­ni sul pia­no del­la leal­tà del­l’al­lean­za di gover­no». Per­ché gli autonomisti/indipendentisti/secessionisti del­la Lega e i nazio­na­li­sti, al nord come a Roma (a par­te bre­ve paren­te­si), stan­no esat­ta­men­te dal­la stes­sa par­te, for­se per la pre­di­spo­si­zio­ne alla costru­zio­ne di muri (l’opposto di un sin­ce­ro auto­no­mi­smo, aper­to all’esterno e al mon­do, non identitario).

Sal­vi­ni, tira­to sia dal­la “sua” Lega che dal nazio­na­li­smo sovra­ni­sta, si tro­va nel­la ine­di­ta par­te del media­to­re. Cer­ca di sta­re defi­la­to, allon­ta­na i paral­le­li­smi con la Cata­lo­gna, ma qual­co­sa dovrà pur dire. E allo­ra: «Gior­gia Melo­ni ha top­pa­to: più i popo­li deci­do­no, meglio si spen­do­no i sol­di, più è dif­fi­ci­le ruba­re». Spie­ga­te­lo ai lom­bar­di gover­na­ti dal­la com­pa­gnia di For­mi­go­ni.

Una par­ti­ta tut­ta inter­na, dal­la Val Seria­na a Roma, dal­la qua­le tener­si ben lon­ta­ni, denun­cian­do­ne il popu­li­smo e i fini pro­pa­gan­di­sti­ci. E inve­ce i sin­da­ci e altri auto­re­vo­li espo­nen­ti del Par­ti­to Demo­cra­ti­co fan­no cam­pa­gna per il Sì, così come il Movi­men­to 5 Stel­le. Ve la ricor­da­te l’accozzaglia?[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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