Contro il razzismo che alza la testa: il motivo più importante per andare a votare

Ho trovato la chiave di questa campagna elettorale oggi, per puro caso, in un articolo su un giornale di Biella, città dove sono nato e candidato, un articolo non di cronaca politica ma nera. Il titolo dice già molto: "Due nomadi arrestate dalla polizia durante un furto in casa".

Sta­vo cer­can­do una chia­ve per spie­ga­re, anche a me stes­so, que­sta cam­pa­gna elet­to­ra­le, in cui i can­di­da­ti si spen­do­no per le pro­prie liste sen­za che pos­sa­no esse­re diret­ta­men­te vota­ti — gra­zie, Rosa­tel­lum — e in cui non è sta­to pos­si­bi­le, anche per limi­ti nostri, cer­to, far par­ti­co­lar­men­te pas­sa­re nes­sun mes­sag­gio costrut­ti­vo, serio, in un dibat­ti­to tut­to schiac­cia­to sul­le spa­ra­te a sen­sa­zio­ne e sul pre­ci­so inten­to di far leva sul­le peg­gio­ri incli­na­zio­ni uma­ne: l’o­dio, la dif­fi­den­za ver­so la diver­si­tà,  l’in­dif­fe­ren­za nei con­fron­ti di chi è più pove­ro, la vio­len­za ver­ba­le e mate­ria­le, la ceci­tà ver­so i rea­li pro­ble­mi che ci atta­na­glia­no, come cit­ta­di­ni e come società.

Ho tro­va­to quel­la chia­ve oggi, per puro caso, in un arti­co­lo su un gior­na­le di Biel­la, cit­tà dove sono nato e can­di­da­to, un arti­co­lo non di cro­na­ca poli­ti­ca ma nera. Il tito­lo dice già mol­to: “Due noma­di arre­sta­te dal­la poli­zia duran­te un fur­to in casa”, poi nel pez­zo si dice “Le due zin­ga­rel­le sta­va­no fru­gan­do nei cas­set­ti degli arma­di del­la came­ra da let­to alla ricer­ca di sol­di e ogget­ti in oro”, e anco­ra, con mal­ce­la­ta sod­di­sfa­zio­ne, “La più pic­co­la è sta­ta por­ta­ta al “Fer­ran­te Apor­ti” di Tori­no, il noto car­ce­re mino­ri­le”. E infi­ne: “Alla gran­de, incin­ta, con un pan­cio­ne da otta­vo mese di gra­vi­dan­za da por­tar­si appres­so, il giu­di­ce del­le inda­gi­ni pre­li­mi­na­ri che ha con­va­li­da­to l’arresto, ha con­ces­so i domi­ci­lia­ri nel cam­po noma­di di Tori­no Casel­le, casa sua, dove vivo­no i suoi paren­ti. Ma dove non è sta­ta per nien­te accol­ta bene. Anzi, è sta­ta allon­ta­na­ta, let­te­ral­men­te cac­cia­ta. “Domi­ci­lia­ri” signi­fi­ca­no con­trol­li e nel cam­po, evi­den­te­men­te, nes­su­no vole­va poli­ziot­ti tra i piedi”.

Da dove comin­cia­re? La spe­ci­fi­ca­zio­ne etni­ca o sem­pli­ce­men­te cul­tu­ra­le del­l’au­to­re di un rea­to in un pez­zo di cro­na­ca è uno dei più anti­chi pro­ble­mi del gior­na­li­smo, io che di cogno­me fac­cio Cos­sed­du so per aver­lo sen­ti­to dai miei geni­to­ri di quan­do i gior­na­li scri­ve­va­no “arre­sta­to un sar­do”: non un ladro, o un truf­fa­to­re, ma “un sar­do”. Qual­sia­si gior­na­li­sta sa che è con­tro la deon­to­lo­gia pro­fes­sio­na­le usa­re que­sto modo di rac­con­ta­re un fat­to (gli ita­lia­ni dovreb­be­ro saper­lo dai tem­pi di Sac­co e Van­zet­ti), ma non è mai fre­ga­to gran­ché a nes­su­no, ora è il 2018 e a quan­to pare di pas­si avan­ti non se ne sono fat­ti poi mol­ti. Il cro­ni­sta ha il dove­re del­l’im­par­zia­li­tà, in teo­ria, e non potreb­be quin­di mostra­re empa­tia nei con­fron­ti del­le moti­va­zio­ni, del­la vita di una ragaz­za incin­ta all’ot­ta­vo mese che vie­ne sor­pre­sa men­tre com­pie un rea­to, ma qui non c’è peri­co­lo che ve ne sia, empa­tia, in com­pen­so l’im­par­zia­li­tà vie­ne tran­quil­la­men­te mes­sa da par­te per ipo­tiz­za­re i moti­vi per cui sareb­be sta­ta in segui­to cac­cia­ta dal suo cam­po, sot­to­li­nean­do così per chi a quel pun­to non lo aves­se capi­to che il sospet­to non gra­va solo su di lei, ma su tut­ta la sua comu­ni­tà.
Come dice­vo, è solo un ulti­mo pic­co­lo esem­pio di una let­te­ra­tu­ra ster­mi­na­ta, e anti­ca: i raz­zi­sti ci sono sem­pre sta­ti, ci sono anco­ra. La dif­fe­ren­za in que­sto pre­ci­so momen­to, però, è que­sta: che ora sem­bra­no far par­te di un con­te­sto, non più caso, ecce­zio­ne o cosa da pen­sa­re ma non dire, ma nor­ma­li­tà. Una legit­ti­ma­zio­ne che par­te dal­la pic­co­la pro­vin­cia ita­lia­na, pas­sa per le poli­ti­che di un mini­stro del­l’In­ter­no che pro­muo­ve leg­gi raz­zia­li e finan­zia lager in Libia, e che alla fine dà la for­ma a tut­to il Pae­se. E improv­vi­sa­men­te sco­pria­mo di esser­ci fini­ti dentro.
Ecco, con tut­ti i limi­ti di que­sta cam­pa­gna, con tut­ta la com­pren­sio­ne per chi è sco­rag­gia­to e delu­so, se c’è un moti­vo per anda­re a vota­re, dome­ni­ca, e di vota­re per chi come noi lot­ta con­tro que­sta tra­sfor­ma­zio­ne, che ormai è uno sta­to del­le cose, quel moti­vo è que­sto qui. E non me ne ven­go­no in men­te di più importanti.

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