Made in Heaven

schermiWatch out, pre­sta atten­zio­ne, esor­di­sce la sigla che abbia­mo scel­to per que­sta cam­pa­gna. Guar­da fuo­ri, you might get what you’­re after, potre­sti otte­ne­re quel­lo che stai cer­can­do. Ho pre­sta­to atten­zio­ne e c’e­ra­no degli scat­ti per ter­ra, nega­ti­vi venu­ti male alla came­ra obscu­ra, di vec­chi cono­scen­ti che vec­chi non sono: ti cono­sco­no da sem­pre per­ché ti han­no visto cre­sce­re, e ti par­la­no sen­za il discor­so diret­to, le vir­go­let­te e tut­to, col pilo­ta auto­ma­ti­co. Dico­no ti ricor­di la scor­sa festa del­l’U­ni­tà, i tur­ni di guar­dia, la foto­co­pia­tri­ce rot­ta in sezio­ne, vero che stai con noi, lo vedi che voglio­no but­ta­re giù le por­te, man­co te lo chie­do che stai con noi. Ho guar­da­to fuo­ri e ho visto un gior­na­le stro­pic­cia­to del gior­no pri­ma, rac­con­ta Leti­zia e Tere­sa col loro bim­bo Erne­sto, i retro­gra­di di face­book che le inso­len­ti­va­no, una pub­bli­ci­tà con Fran­ce­sca che beve l’ac­qua ed è bel­la den­tro, o anche fuo­ri, accan­to a un barat­to­lo di quel­li che piac­cio­no a me e una lat­ti­na per l’a­stro­nau­ta, l’a­mi­co, la stel­la del­la stra­da. Ho guar­da­to fuo­ri dal­la fine­stra, più lon­ta­no, e ho visto vola­re nel­l’a­ria altre due foto, di pura gio­ia: era­no quel­lo che sta­vo cercando.

Schermata 2013-11-30 alle 02.27.29In una c’è un por­tie­re gran­de e gros­so, capa­ce di tira­re i rigo­ri. Si chia­ma Chi­la­vert, e difen­de i pali del Para­guay. Gio­ca un otta­vo di fina­le di un cam­pio­na­to del mon­do, con­tro la squa­dra padro­na di casa, la Fran­cia. Per gli attac­can­ti gal­let­ti, Chi­la­vert si fa gran­de quan­to tut­ta la por­ta, è ine­spu­gna­bi­le per 117 minu­ti, e dopo ogni para­ta ras­si­cu­ra la sua dife­sa: «Nada, nada!», come a dire «non è suc­ces­so nien­te». Si bat­te il pet­to e ren­de minu­sco­la la pal­la, qua­si da ten­nis, men­tre la strin­ge al pet­to. Pren­de la rin­cor­sa e rin­via, lon­ta­no, dan­do respi­ro ai difen­so­ri che gli si strin­go­no attor­no. «Nada, nada». Non è nien­te, non è suc­ces­so nien­te. Non è suc­ces­so anco­ra nien­te. Cuper­lo direb­be che oggi c’è You­tu­be (oggi), e noi lo pos­sia­mo vede­re come se fos­se acca­du­to ieri e non quin­di­ci anni fa, rive­de­re, fer­ma­re l’im­ma­gi­ne, man­da­re avan­ti il roto­lo del­la sto­ria, spo­sta­re l’ac­cen­to nel­la fra­se: non è anco­ra suc­ces­so nien­te. Non è suc­ces­so nien­te, anco­ra.

orlando morante La secon­da imma­gi­ne è un foto­gram­ma, da una pel­li­co­la ita­lia­na, di un regi­sta che pre­sto o tar­di ver­rà ana­liz­za­to come si fa per Dino Risi, o per Moni­cel­li. Loro sono Sil­vio Orlan­do e Lau­ra Moran­te, cop­pia di fat­to con bim­ba ‑di lei- a cari­co, in vacan­za dove Erne­sto è già gran­de e si chia­ma Ivan: San­dro Moli­no (il nome di Orlan­do nel­la fin­zio­ne sce­ni­ca) e Ceci­lia Sar­co­li, che sareb­be la Moran­te, liti­ga­no spes­so e volen­tie­ri, arri­van­do a rin­fac­ciar­si per­fi­no le asti­nen­ze ses­sua­li. Del­le tre vol­te che è suc­ces­so in un anno, pre­ci­sa l’at­to­re, una è sta­ta quan­do han­no elet­to Bas­so­li­no a sin­da­co di Napo­li. Dopo anni di mal­ver­sa­zio­ni, lo spet­tro del­la figu­ra più radi­ca­le sul cam­po, che vin­ce e sba­ra­glia fuor di pro­no­sti­co, diven­ta feli­ce pre­te­sto per riu­ni­re due per­so­ne che vivo­no sot­to lo stes­so tet­to ma qua­si sen­za più un moti­vo per far­lo. Ci sono cop­pie che avran­no dor­mi­to così sta­not­te, maga­ri tar­di, in qual­che Ita­lia o fino a Lon­dra, per l’a­dre­na­li­na eufo­riz­zan­te del con­fron­to demo­cra­ti­co a Sky? Ne dubi­to, ma non pos­so dir­lo con cer­tez­za: in fon­do, non è suc­ces­so nien­te, no?

Il con­fron­to PD: il pan­theon di Civati

sondaggio civati confrontoÈ suc­ces­so che chi dove­va difen­der­si ha tenu­to la pal­la, chi dove­va gio­ca­re in tra­sfer­ta ha sba­glia­to finan­co la cra­vat­ta, e il ter­zo ave­va una sola frec­cia, come Fran­gil­li alle ulti­me Olim­pia­di, e l’ha mes­sa nel 10 o mol­to vici­no, spo­stan­do il qua­dro per i gior­ni a veni­re. Ades­so i media main­stream lo san­no: Civa­ti fa sul serio, non è la squa­dra sim­pa­tia che gio­ca bene e poi abboz­za. Per­ché mani­fe­sta­re tut­ta la dif­fe­ren­za dagli altri due con­cor­ren­ti, non fidar­si di Alfa­no et dona feren­tem («a suo nome, le leg­gi ad per­so­nam per Ber­lu­sco­ni»), annun­cia­re una cam­pa­gna por­ta-a-por­ta da doma­ni al gior­no del­le pri­ma­rie, l’inda­gi­ne inter­na con ogni par­la­men­ta­re per sco­pri­re i 101, sono segna­li di un poli­ti­co che sa cosa chie­de la base elet­to­ra­le a cui si rivol­ge, e di un can­di­da­to che vuo­le vin­ce­re la par­ti­ta per diven­ta­re segre­ta­rio nazio­na­le del Par­ti­to Demo­cra­ti­co. Ana­li­sti in stu­dio e nel­le reda­zio­ni, spet­ta­to­ri twit­tan­ti, son­dag­gi last minu­te han­no oscil­la­to tra la sor­pre­sa e la con­si­de­ra­zio­ne per que­sto outsi­der, out­wat­cher, arri­van­do a pre­co­niz­za­re ero­sio­ni negli altrui elet­to­ra­ti e cifre impor­tan­ti, men­tre mil­le per­so­ne si stan­no unen­do da ogni dove a sco­pri­re che una pos­si­bi­li­tà c’è, che è suf­fi­cien­te a Civa­ti garan­ti­re, per una vol­ta, ana­lo­ga e pari oppor­tu­ni­tà d’e­spres­sio­ne affin­ché mostri al Pae­se di che pasta è fat­to, assie­me al valo­re del­le per­so­ne che nei mesi gli si sono radu­na­te attor­no. Ades­so toc­ca a que­ste, ampli­fi­ca­re al mas­si­mo tut­te le chan­ce che la set­ti­ma­na ci offre, e dovre­mo far­lo guar­dan­do fuo­ri dal­le fine­stre, là dove aspet­ta­no paro­le cre­di­bi­li e per­so­ne di fron­tie­ra: la not­te del­l’Im­ma­co­la­ta potrem­mo strin­ge­re pal­lo­ni diven­ta­ti minu­sco­li, cal­ciar­li lon­ta­no e anda­re a fare l’amore.

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500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

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Non è più pos­si­bi­le accet­ta­re una mala gestio­ne così gra­ve del­la disca­ri­ca e soprat­tut­to imma­gi­na­re poten­zia­men­ti e modi­fi­che sen­za che sia­no mes­se nero su bian­co anche da un pun­to di vista giu­ri­di­co le respon­sa­bi­li­tà pena­li dei dan­ni ambien­ta­li e alla salu­te che que­sto ter­ri­to­rio sta subendo.