L’emergenza Covid e gli effetti sulla salute mentale

In una dimensione in cui la salute mentale non brillava per spirito innovatore, è arrivata l’emergenza Covid19, che non solo si è abbattuta su chi già aveva disturbi psichiatrici, ma anche su persone che si sono trovate a fare i conti con disagi e sofferenze psicologiche e relazionali con cui mai si erano confrontate.

La psi­chia­tria ita­lia­na di comu­ni­tà nasce nel 1978 con la Leg­ge 180 che ha chiu­so gli Ospe­da­li psi­chia­tri­ci e ha aper­to i Ser­vi­zi di Salu­te Men­ta­le Ter­ri­to­ria­li. Nell’approccio basa­glia­no assu­me pri­ma­ria impor­tan­za la neces­si­tà di cer­ca­re insie­me rispo­ste che rispet­ti­no i biso­gni del­la per­so­na con sof­fe­ren­za psi­chi­ca: ave­re un ruo­lo atti­vo nel­la socie­tà (lavo­ro), ave­re una casa pro­pria da vive­re e cura­re, ave­re del­le rela­zio­ni affet­ti­ve auten­ti­che, ave­re la pos­si­bi­li­tà di tro­va­re il pro­prio posto nel mon­do anche con la pro­pria diversità/fragilità.

Nasco­no così i Per­cor­si Ria­bi­li­ta­ti­vi Indi­vi­dua­li con pre­sa in cari­co del­la com­ples­si­tà dei biso­gni del­la per­so­na all’insegna del mot­to “Non solo far­ma­ci”. Nel­la con­tin­gen­za eco­no­mi­ca che vige da alcu­ni anni gra­dual­men­te sem­pre più risor­se sono sta­te sot­trat­te alla ria­bi­li­ta­zio­ne psi­co-socia­le del­le per­so­ne con sof­fe­ren­za psi­chi­ca, orien­tan­do l’as­se­gna­zio­ne dei fon­di pub­bli­ci ver­so la tra­di­zio­na­le sani­ta­riz­za­zio­ne degli inter­ven­ti, ero­ga­ti per­lo­più in situa­zio­ni emer­gen­zia­li, gene­ran­do pesan­ti dif­fi­col­tà nel costrui­re con­cre­te oppor­tu­ni­tà di benes­se­re del­la persona. 

Nel nostro Pae­se vie­ne inve­sti­to appe­na il 3% del Fon­do sani­ta­rio nazio­na­le in salu­te men­ta­le, men­tre in altri Pae­si euro­pei (Ger­ma­nia, Fran­cia, Inghil­ter­ra) que­sta per­cen­tua­le oscil­la tra il 10 e il 15%. A que­sto si aggiun­ge una dimen­sio­ne cul­tu­ra­le che non è mai sta­ta supe­ra­ta nel­la qua­le a domi­na­re è anco­ra il sape­re dei medi­ci rispet­to a quel­lo degli uten­ti e dei fami­lia­ri che han­no così strut­tu­ra­to un atteg­gia­men­to di dele­ga rispet­to al per­so­na­le curan­te e di non con­sa­pe­vo­lez­za del­le loro pos­si­bi­li­tà di empowerment. 

In una dimen­sio­ne in cui la salu­te men­ta­le non bril­la­va per spi­ri­to inno­va­to­re, è arri­va­ta l’emergenza Covid19, che non solo si è abbat­tu­ta su chi già ave­va distur­bi psi­chia­tri­ci, ma anche su per­so­ne che si sono tro­va­te a fare i con­ti con disa­gi e sof­fe­ren­ze psi­co­lo­gi­che e rela­zio­na­li con cui mai si era­no confrontate.

Nel­le deci­ne di inter­ven­ti che si sono sus­se­gui­ti, nell’incon­tro onli­ne dell’Assemblea nazio­na­le del­la Con­fe­ren­za salu­te men­ta­le del 30 mag­gio 2020, si sono evi­den­zia­te le gran­di dif­fi­col­tà vis­su­te nel perio­do di pan­de­mia: o l’interruzione del­le atti­vi­tà ria­bi­li­ta­ti­ve, o la chiu­su­ra dei cen­tri diur­ni, o la ridu­zio­ne del­le atti­vi­tà dei cen­tri di salu­te men­ta­le, o le pro­ble­ma­ti­ci­tà di un’operatività di soste­gno rela­zio­na­le ridot­ta a con­tat­ti tele­ma­ti­ci e tele­fo­ni­ci, o le dif­fi­ci­li sfi­de affron­ta­te da ope­ra­to­ri sia pub­bli­ci che del­le coo­pe­ra­ti­ve (dove esse esi­sto­no), o l’aumento di for­me di con­ten­zio­ne, segre­ga­zio­ne e interdizione. 

Nell’intervento di Fabri­zio Sta­ra­ce, è sta­ta evi­den­zia­ta la neces­si­tà di “desti­na­re risor­se per i ser­vi­zi ter­ri­to­ria­li di pros­si­mi­tà, mol­ti­pli­ca­re gli inter­ven­ti vol­ti a soste­ne­re l’autonomia socia­le, lavo­ra­ti­va e abi­ta­ti­va del­le per­so­ne e di raf­for­za­re a que­sto sco­po stru­men­ti ope­ra­ti­vi come i bud­get di salu­te indi­vi­dua­le e di comu­ni­tà per la pre­sa in cari­co e la ria­bi­li­ta­zio­ne del­le cate­go­rie di per­so­ne più fra­gi­li, ispi­ra­te al prin­ci­pio del­la pie­na inte­gra­zio­ne socio-sani­ta­ria, con il coin­vol­gi­men­to del­le isti­tu­zio­ni pre­sen­ti nel ter­ri­to­rio, del volon­ta­ria­to loca­le e degli enti del Ter­zo set­to­re secon­do moda­li­tà di inter­ven­to che ridu­ca­no le scel­te di isti­tu­zio­na­liz­za­zio­ne, favo­ri­sca­no la domi­ci­lia­ri­tà e con­sen­ta­no la valu­ta­zio­ne dei risul­ta­ti otte­nu­ti”, scel­te tal­vol­ta anche con­ve­nien­ti da un pun­to di vista eco­no­mi­co (com­ma 4‑bis, con­ver­sio­ne in leg­ge del c.d. Decre­to Rilancio).

“Ver.Bene”, refe­ren­te pro­vin­cia­le del movi­men­to nazio­na­le “Le paro­le ritro­va­te”, si è posta in un’ottica di col­la­bo­ra­zio­ne con i ser­vi­zi gra­zie alla for­ma­zio­ne e al sape­re espe­rien­zia­le dei soci che sono uten­ti e fami­lia­ri (“Fare assie­me”), tut­ta­via ha dif­fi­col­tà a far sen­ti­re la pro­pria voce all’interno di un model­lo cul­tu­ra­le che vede il medi­co come deten­to­re uni­co del sape­re e che in trop­pi casi inve­ce di rece­pi­re e acco­glie­re le neces­si­tà di ascol­to empa­ti­co del­le per­so­ne por­ta­tri­ci di sof­fe­ren­za (uten­ti e fami­lia­ri), rico­no­scen­do­ne le com­pe­ten­ze, tra­smet­te peda­go­gi­ca­men­te i com­por­ta­men­ti da segui­re, dai far­ma­ci da pren­de­re alle abi­tu­di­ni di vita che è oppor­tu­no tenere. 

È il tra­di­zio­na­le approc­cio medi­co che vede cala­re il sape­re e il pote­re dall’alto ver­so il bas­so (dal medi­co al pazien­te, appun­to) in un con­te­sto rela­zio­na­le chia­ra­men­te asim­me­tri­co. (Ren­zo de Ste­fa­ni di “Le paro­le ritrovate”). 

“Ver.Bene” nei suoi cin­que anni di assi­duo lavo­ro ha tes­su­to rela­zio­ni e col­la­bo­ra­zio­ni con il ter­ri­to­rio, è sta­ta pre­sen­te nei mol­ti ambi­ti in cui si com­bat­te per i dirit­ti di per­so­ne emar­gi­na­te e stig­ma­tiz­za­te. Chie­de ora un sup­por­to fat­ti­vo alla socie­tà civi­le per por­ta­re avan­ti la dife­sa dei dirit­ti del­le per­so­ne con sof­fe­ren­za psichica. 

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Prof.ssa Maria Fanfarillo

Pre­si­den­te di Ver.bene

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