L’autismo, la didattica a distanza, le istituzioni: una riflessione di Marianna Monterosso

Dal 9 marzo scorso, a causa della terribile pandemia, è accaduta una cosa per alcuni di noi autistici, insperata: il lockdown ha improvvisamente reso il mondo a nostra misura. Il distanziamento sociale, il bassissimo impatto sensoriale dovuto al fermarsi delle automobili, dei rumori, la diminuzione dello stress emotivo-sociale, ci ha fatto sentire finalmente "a casa" davvero. Per la prima volta le persone neurotipiche hanno sperimentato il nostro modo di vivere e, come si è visto, non è stato facile.

Rice­via­mo e pub­bli­chia­mo la bel­la e sti­mo­lan­te rifles­sio­ne di Marian­na Mon­te­ros­so, indi­riz­za­ta alla nostra segre­ta­ria Bea­tri­ce Bri­gno­ne. Nel suo scrit­to, l’au­ti­smo diven­ta un ecce­zio­na­le stru­men­to per riflet­te­re sul­l’in­clu­sio­ne socia­le, sul nostro modo di vive­re la socia­li­tà, sul ruo­lo del­la scuo­la e del­le isti­tu­zio­ni. Gra­zie. Caris­si­ma Bea­tri­ce, ecco­mi di nuo­vo a scri­ver­le, tra­scor­so que­sto perio­do dif­fi­ci­le per tut­ti, soprat­tut­to per chi come me, musi­ci­sta, ha dovu­to smet­te­re di lavo­ra­re e deve arran­giar­si come può. Final­men­te, dopo quarant’anni di vicis­si­tu­di­ni e di sof­fe­ren­ze, ho la dia­gno­si uffi­cia­le: sono uffi­cial­men­te Asper­ger, cioè auti­sti­ca ad alto fun­zio­na­men­to. Per me è come esse­re nata di nuo­vo: so chi sono, so ades­so come sono fat­ta, come “fun­zio­no”, so dare un nome a quel­lo di cui pri­ma ave­va solo un’idea vaga, una for­ma dai con­tor­ni inde­fi­ni­ti, di ciò che vivo costan­te­men­te, che per­ce­pi­vo non solo diver­so, ma sba­glia­to.  Soprat­tut­to — ed è bel­lis­si­mo — ora so che pos­so miglio­ra­re la qua­li­tà del­la mia vita. Rin­gra­zio di cuo­re per que­sto il dot­to­re Davi­de Mosco­ne, Pre­si­den­te e Diret­to­re cli­ni­co del Cen­tro Cuo­re­men­te­lab di Roma, per il lavo­ro inces­san­te di infor­ma­zio­ne sul­la sin­dro­me di Asper­ger e l’autismo lie­ve, e per il sup­por­to nel mio per­cor­so per­so­na­le. Dal 9 mar­zo scor­so, a cau­sa del­la ter­ri­bi­le pan­de­mia, è acca­du­ta una cosa per alcu­ni di noi auti­sti­ci, inspe­ra­ta: il loc­k­do­wn ha improv­vi­sa­men­te reso il mon­do a nostra misu­ra. Il distan­zia­men­to socia­le, il bas­sis­si­mo impat­to sen­so­ria­le dovu­to al fer­mar­si del­le auto­mo­bi­li, dei rumo­ri, la dimi­nu­zio­ne del­lo stress emo­ti­vo-socia­le, ci ha fat­to sen­ti­re final­men­te “a casa” dav­ve­ro. Per la pri­ma vol­ta le per­so­ne neu­ro­ti­pi­che han­no spe­ri­men­ta­to il nostro modo di vive­re e, come si è visto, non è sta­to faci­le. Dopo l’iniziale eufo­ria dell’“andrà tut­to bene”,  i disa­gi per­so­na­li si sono sem­pre di più incre­men­ta­ti, per­ché costret­ti a vive­re il mon­do secon­do moda­li­tà mai espe­ri­te: le rou­ti­ne sbal­la­te (a comin­cia­re dagli ora­ri di lavo­ro, dal­le posta­zio­ni di lavo­ro, il dover gesti­re varie emer­gen­ze), il non poter ave­re con­tat­to fisi­co con gli ami­ci, la pri­va­zio­ne del­la vita socia­le (nien­te ape­ri­ti­vi, nes­sun saba­to sera affol­la­ti nei pub, nel­le disco­te­che, nel­le piaz­ze) l’isolamento (che per mol­ti di noi è soli­tu­di­ne buo­na) socia­le, insom­ma, han­no fat­to sal­ta­re i ner­vi a mol­ti.  Si è sof­fer­to mol­to per la man­can­za di socia­li­tà, quin­di, quan­do al con­tra­rio noi sof­fria­mo una socia­li­tà non a nostra misu­ra per­ché costret­ti a riti e con­ven­zio­ni del­la mag­gio­ran­za neu­ro­ti­pi­ca. Ma sono sta­ti solo due mesi di espe­ri­men­to del mon­do al con­tra­rio, men­tre noi neu­ro­di­ver­si il mon­do “nor­ma­le” l’abbiamo sem­pre vis­su­to a fati­ca, nel con­ti­nuo ed este­nuan­te sfor­zo di ade­guar­ci, per non sen­tir­ci sba­glia­ti e diver­si. L’al­tro gior­no ho discus­so mol­to con la mia ami­ca Eula­lia Gril­lo di que­sti cam­bia­men­ti ed “effet­ti” del­la qua­ran­te­na sul­le nostre vite: abbia­mo par­la­to del­la DAD, del­la scuo­la in gene­ra­le, del soste­gno e del­le disa­bi­li­tà. Ciò che rac­con­ta­vo ad Eula­lia è che, con­fron­tan­do­mi con mol­ti Asper­ger e mam­me di bam­bi­ni e ragaz­zi Asper­ger, abbia­mo nota­to che a bene­fi­cia­re di que­sti effet­ti di signi­fi­ca­ti­vo miglio­ra­men­to, anche a livel­lo cogni­ti­vo e di atten­zio­ne, sono sta­ti anche i ragaz­zi, che han­no potu­to usu­frui­re dell’espediente DAD per l’i­stru­zio­ne sco­la­sti­ca.  Per la pri­ma vol­ta (lo pun­tua­liz­zo qui: ovvia­men­te par­lo di alcu­ni, quin­di non tut­ti, bam­bi­ni o ragaz­zi nel­lo spet­tro auti­sti­co lie­ve) i bam­bi­ni auti­sti­ci non han­no dovu­to misu­rar­si con l’an­sia dell’interazione socia­le, del con­tat­to fisi­co con i com­pa­gni (mol­ti non voglio­no esse­re toc­ca­ti ed inva­si nei loro spa­zi); final­men­te nes­su­no di loro ha avu­to pro­ble­mi di disa­gi sen­so­ria­li (Cri­te­rio B4 del DSM5), per­ché a casa non c’e­ra­no rumo­ri inva­si­vi, nes­sun bru­sio, nes­su­no che ti gri­da nel­le orec­chie all’in­ter­val­lo, con con­se­guen­te miglio­ra­men­to nel­l’ap­pren­di­men­to e cri­si qua­si a zero; inol­tre, non ci sono sta­te disu­gua­glian­ze o discri­mi­na­zio­ni nell’interazione, per­ché non sono sta­ti costret­ti a socia­liz­za­re per for­za, a par­te­ci­pa­re alle feste o ad altri even­ti socia­li a cui avreb­be­ro dovu­to pren­de­re par­te per­ché se no “non sei par­te di”, “non sei clas­se”, “non sei nes­su­no se sei fuo­ri dal grup­po”. Sa cosa è suc­ces­so? Mol­te mam­me, final­men­te eli­mi­na­ta la fru­stra­zio­ne di dover gesti­re tut­ti que­sti disa­gi dei loro ragaz­zi, han­no fir­ma­to peti­zio­ni e pro­mos­so ini­zia­ti­ve non solo a favo­re del­la DAD, ma han­no valu­ta­to anche la pos­si­bi­li­tà del­l’home­schoo­ling, pre­clu­den­do qual­sia­si spa­zio e for­ma pub­bli­ca di istru­zio­ne! Ora, io non sono a favo­re del­la DAD, ma per un moti­vo mol­to sem­pli­ce: io da cit­ta­di­na ita­lia­na, ho dirit­to a rice­ve­re l’i­stru­zio­ne dal­la scuo­la pub­bli­ca, all’interno di un ambien­te-scuo­la pen­sa­to anche per me auti­sti­ca, a secon­da del­le mie abi­li­tà e disa­bi­li­tà. Que­sto dirit­to lo Sta­to lo deve far vale­re per tut­ti, anche per le mino­ran­ze. C’è disa­bi­li­tà e disa­bi­li­tà infat­ti. Il pro­ble­ma è che la mia è pres­so­ché invi­si­bi­le e qua­si sco­no­sciu­ta. Quel­lo che vor­rei che suc­ce­des­se, è che la scuo­la pub­bli­ca, a par­ti­re dai diri­gen­ti (pur­trop­po ora i pre­si­di si chia­ma­no così), dal cor­po docen­ti agli inse­gnan­ti di soste­gno, fos­se­ro infor­ma­ti e for­ma­ti in mate­ria di auti­smo. C’è chi pen­sa che gli Asper­ger sia­no più for­tu­na­ti, per­chè non sono “gra­vi”*. Il nostro è defi­ni­to “auti­smo lie­ve”, ma non si sa che la “gra­vi­tà” del­l’au­ti­smo è cali­bra­ta sul defi­cit cogni­ti­vo. Ogni per­so­na è a sè: si chia­ma spet­tro auti­sti­co per que­sto moti­vo: non c’è auti­sti­co ugua­le all’al­tro, né bam­bi­no ugua­le ad altro bam­bi­no. Ah ma tu par­li, ti rela­zio­ni, vivi… non sei auti­sti­ca, hai solo alcu­ni pro­ble­mi che han­no tut­ti… tut­ti sia­mo un po’ auti­sti­ci… quel bam­bi­no è solo timi­do, ner­vo­so… cre­scen­do impa­re­rà meglio le rego­le, impa­re­rà a sta­re tra le per­so­ne, nel­la socie­tà, ecce­te­ra — mi chie­do a qua­le prez­zo riu­sci­rà a far­lo e se dovrà paga­re ciò che ho paga­to io per riu­sci­re a soprav­vi­ve­re). Auti­sti­ci non si diven­ta, ci si nasce. Il nostro cer­vel­lo fun­zio­na in modo diver­so, non scor­ret­to. E anco­ra: non è una malat­tia, non si può cura­re, non ci sono pil­lo­le da pren­de­re o cure, ma tan­to pos­sia­mo fare, fin da pic­co­li, per cono­scer­ci e miglio­ra­re la qua­li­tà del­le nostre vite.  Può la scuo­la pub­bli­ca ita­lia­na esse­re così ela­sti­ca nel­le moda­li­tà di inse­gna­men­to da dare oppor­tu­ni­tà ai ragaz­zi auti­sti­ci di vive­re sere­na­men­te l’am­bien­te sco­la­sti­co, pen­sa­to e strut­tu­ra­to in tut­to solo per neu­ro­ti­pi­ci? Può la scuo­la pub­bli­ca ita­lia­na garan­ti­re linee d’in­ter­ven­to fina­liz­za­ti all’in­clu­sio­ne dei ragaz­zi nel­lo spet­tro? Per­ché nono­stan­te mol­ti ragaz­zi auti­sti­ci abbia­no una spic­ca­ta pro­pen­sio­ne per la scrit­tu­ra al com­pu­ter ed evi­den­ti dif­fi­col­tà a scri­ve­re a mano, non si pen­sa a far fare loro i com­pi­ti al pc? Per­chè non si com­pren­de quan­to l’am­bien­te sco­la­sti­co sia inva­den­te a livel­lo sen­so­ria­le per mol­ti di loro e spes­so pro­vo­ca for­ti cri­si? La con­ti­nua espo­si­zio­ne allo stress sen­so­ria­le por­ta al disa­gio. Se un bam­bi­no con un sen­so­ria­le mol­to ele­va­to aves­se pos­si­bi­li­tà di stu­dia­re in un ambien­te più silen­zio­so e meno sti­mo­lan­te anche a livel­lo visi­vo, pro­ba­bil­men­te i suoi disa­gi spa­ri­reb­be­ro, o spa­ri­reb­be­ro mol­te del­le comor­bi­di­tà. Per­ché non c’è rispet­to nep­pu­re per le nostre for­me di auto-pro­te­zio­ne (occhia­li scu­ri, ad esem­pio, o cuf­fie anti-rumo­re) per­ché rite­nu­te social­men­te scon­ve­nien­ti ed ina­dat­ti all’ambiente sco­la­sti­co o di lavo­ro? Per­ché biso­gna socia­liz­za­re per for­za nel­le moda­li­tà det­ta­te dal mon­do neu­ro­ti­pi­co? Per­ché un bam­bi­no auti­sti­co deve esse­re giu­di­ca­to bam­bi­no con pro­ble­mi psi­co­lo­gi­ci solo per­chè non è in gra­do di espri­me­re o rico­no­sce­re le sue emo­zio­ni (ales­si­ti­mia) o esse­re addi­ta­to come aso­cia­le? Per­chè un bam­bi­no Asper­ger, spes­sis­si­mo APC (Alto Poten­zia­le Cogni­ti­vo) non ha dirit­to a del­le pro­gram­ma­zio­ni in gra­do di raf­for­za­re i suoi talen­ti inve­ce che appiat­ti­re il suo cer­vel­lo? Eula­lia dice che abi­to nel­la regio­ne sba­glia­ta, che al Nord que­ste cose le fan­no, ma le dico che non è così nep­pu­re al Nord. Pro­ba­bil­men­te, anzi sicu­ra­men­te, Eula­lia fa par­te di quel­la cer­chia bene­det­ta di inse­gnan­ti con una coscien­za e con la pas­sio­ne per l’in­se­gna­men­to, che han­no fat­to dell’inclusione sco­la­sti­ca un’opportunità di cre­sci­ta oltre che pro­fes­sio­na­le anche uma­na, con la voglia di capi­re il bam­bi­no, com-pren­der­lo, aiu­tan­do­lo a supe­ra­re i suoi limi­ti, inco­rag­gian­do­lo alla vita. Ma non tut­ti sono Eula­lia. C’è un’i­gno­ran­za dila­gan­te, e que­sto mi spa­ven­ta. Mi spa­ven­ta la pau­ra del­le per­so­ne ver­so un mon­do, quel­lo dell’autismo, così poco cono­sciu­to e così tan­to ste­reo­ti­pa­to. Per quel­lo che riguar­da me, ho la voglia, ades­so, di far­mi por­ta­vo­ce di tan­te don­ne come me. Ho voglia di infor­mar­mi, di infor­ma­re, ma sono anche mol­to deter­mi­na­ta a fare qual­co­sa per poter vive­re anche a misu­ra mia. Ne ho il dirit­to, e ho biso­gno di poter sce­glie­re, ho biso­gno che lo sta­to mi dia la pos­si­bi­li­tà di lavo­ra­re, o di stu­dia­re, in un ambien­te in cui io pos­so lavo­ra­re e stu­dia­re sen­za dif­fi­col­tà. Ho dirit­to ad esse­re rispet­ta­ta così come sono, anche se “non si vede” che sono auti­sti­ca. So quan­to si stia bat­ten­do per la scuo­la, e se sen­ti­rà par­la­re bene del­la DAD, non con­dan­ni a prio­ri chi ne par­la.  Que­sto non è nega­re che per la mag­gior par­te del­le per­so­ne sia sta­to dif­fi­ci­le l’utilizzo di uno stru­men­to del gene­re, ma per dire che per tan­ti è sta­ta una bene­di­zio­ne, così come la qua­ran­te­na. Vede, il giu­di­zio raf­for­za lo ste­reo­ti­po. Dire che la DAD è il male asso­lu­to è come dire alle mie cuf­fie anti-rumo­re che sono il male asso­lu­to indos­sa­ti a una cena galan­te, abbi­na­te all’abito da sera: nel mio caso le cuf­fie sono neces­sa­rie per per­met­ter­mi di usci­re di casa, gui­da­re sen­za distra­zio­ni in cit­tà, sta­re in un ambien­te rumo­ro­so sen­za ave­re una cri­si, socia­liz­za­re con chi ho davan­ti e soprat­tut­to com­pren­de­re cosa mi stia dicen­do sen­za esse­re assa­li­ta da altri sti­mo­li… qual­cu­no quel­la sera le ha apprez­za­te, dicen­do che in fon­do mi dona­no, che met­to­no in risal­to il mio viso. Quel “Qual­cu­no” ora è mio mari­to. Gra­zie anco­ra di cuo­re, per aver let­to que­sto fiu­me… sen­ti­vo di far­lo.  Un gran­de e for­te abbrac­cio, sono a dispo­si­zio­ne per tut­to quel­lo che vor­rà chie­de­re o divul­ga­re. Con immen­sa sti­ma, Marian­na Mon­te­ros­so *La sin­dro­me di Asper­ger (SA), è un distur­bo per­va­si­vo del­lo svi­lup­po, inse­ri­to tra i distur­bi del­lo spet­tro auti­sti­co; non com­por­tan­do ritar­di nel­l’ac­qui­si­zio­ne del­le capa­ci­tà lin­gui­sti­che né disa­bi­li­tà intel­let­ti­ve, è comu­ne­men­te con­si­de­ra­ta un distur­bo del­lo spet­tro auti­sti­co ad alto fun­zio­na­men­to. E’ sta­to inse­ri­to come distur­bo del­lo spet­tro auti­sti­co lie­ve nel 2013 nel DSM5. 

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