La sicurezza prima di tutto

“La sicurezza prima di tutto”, ovviamente. Soprattutto quando le misure mirano a proteggere le fasce di popolazione più vulnerabili. Ricordando che però la vulnerabilità, come la sicurezza, contiene moltitudini. A partire dalla giustizia sociale. Su cui dovremmo investire almeno altrettante energie di quelle che stiamo concentrando negli sforzi di questi giorni.

[vc_row][vc_column][vc_column_text]Nel mez­zo di una situa­zio­ne di emer­gen­za (rea­le, per­ce­pi­ta, ampli­fi­ca­ta che sia), non è for­se super­fluo chie­der­ci cosa inten­dia­mo con una for­mu­la così sem­pli­ce come “safe­ty fir­st”, “la sicu­rez­za pri­ma di tut­to”

La “sicu­rez­za” stes­sa è un ter­mi­ne sci­vo­lo­so, reso tale dall’uso stru­men­ta­le che ne ha fat­to per anni la destra, ma anche dai ten­ta­ti­vi mal­de­stri o in mala­fe­de di chi a sini­stra ha cer­ca­to di riap­pro­priar­se­ne (ter­mi­ne tec­ni­co, chi va alle assem­blee del­la sini­stra che sta sem­pre ripar­ten­do lo sa). L’esempio più lam­pan­te e rela­ti­va­men­te più recen­te sono i “Decre­ti sicu­rez­za” di Sal­vi­ni, indi­stur­ba­ti se non a paro­le dal nuo­vo gover­no col vec­chio pre­mier, che ver­ran­no (for­se) leg­ger­men­te emen­da­ti e che pog­gia­no sull’idea di gestio­ne di immi­gra­zio­ne e ordi­ne pub­bli­co dei decre­ti Min­ni­ti e Min­ni­ti-Orlan­do.

Ma “sicu­rez­za” ha anche un risvol­to eco­no­mi­co, il “posto sicu­ro”, lo “sti­pen­dio sicu­ro”, la sicu­rez­za di arri­va­re a fine mese. Una que­stio­ne che, sem­pre a paro­le, pare esse­re la prio­ri­tà di tut­ti, ma poi sci­vo­la via tra misu­re tam­po­ne, bonus, ammor­tiz­za­to­ri che scor­da­no sem­pre qual­cu­no. Casual­men­te, sem­pre quel­li che ne avreb­be­ro un po’ più biso­gno. Quel­li che han­no più dif­fi­col­tà. Quel­li che, quan­do c’è una cri­si di qual­che tipo, suc­ce­de a tut­ti, ma a loro di più.

Il caso del coro­na­vi­rus ha espo­sto que­sto pro­ble­ma dram­ma­ti­ca­men­te, ma temo non anco­ra abba­stan­za. La salu­te è una di quel­le situa­zio­ni “safe­ty fir­st”, e ci man­che­reb­be. L’economia ne sof­fre, chi lavo­ra ci rimet­te, si cer­ca di tro­va­re del­le com­pen­sa­zio­ni. Le chie­do­no anche quel­li che gli altri gior­ni dell’anno sono per l’autonomia, l’obsolescenza del wel­fa­re sta­te, la leg­ge del­la giun­gla e altre ame­ni­tà buo­ne solo fin­ché ad aver biso­gno di soste­gno sono gli altri (si scri­ve soste­gno, ma si leg­ge por­to sicu­ro, soc­cor­so in mare, pre­sta­zio­ne sani­ta­ria, libe­ra cir­co­la­zio­ne tra gli stati…). 

Que­sta è una situa­zio­ne di emer­gen­za, e ci stia­mo com­por­tan­do di con­se­guen­za, nel bene e nel male. Ma ci sono anche situa­zio­ni ende­mi­che, in cui i virus non c’entrano. Lavo­ra­to­ri e lavo­ra­tri­ci per cui il tem­po è dena­ro, let­te­ral­men­te, e una set­ti­ma­na o due, su quat­tro che ci sono in un mese, pos­so­no voler dire la dif­fe­ren­za tra equi­li­brio pre­ca­rio e ros­so tota­le. Ci sono set­to­ri, come la cul­tu­ra e il turi­smo, per esem­pio, che non pos­so­no esse­re fer­ma­ti e riav­via­ti come se ci fos­se un inter­rut­to­re on/off: per­ché si basa­no su pro­gram­ma­zio­ni fra­gi­li e con­co­mi­tan­ze che, una vol­ta sal­ta­te, azze­ra­no la resa; per­ché dipen­do­no for­te­men­te dal­la calen­da­riz­za­zio­ne (le vacan­ze di Car­ne­va­le, una vol­ta pas­sa­te, non si recu­pe­ra­no più); per­ché sono influen­za­te dal livel­lo di fidu­cia che si ha nel pae­se e dal­la pos­si­bi­li­tà di muo­ver­si libe­ra­men­te e facilmente.

Per­ché l’esempio di cul­tu­ra e turismo? 

Pri­mo, per­ché ci dico­no che sono stra­te­gi­ci. La cul­tu­ra, “il petro­lio dell’Italia”. Il turi­smo, “l’orgoglio ita­lia­no”. Seguo­no, in gene­re, una serie di dati sul­la quan­ti­tà di siti Une­sco del tut­to sbal­la­ti. Per non par­la­re del “gran­de lavo­ro cul­tu­ra­le” che tut­ti invo­ca­no come neces­sa­rio per fer­ma­re la marea nera di raz­zi­smo, fasci­smo, anti scien­ti­fi­ci­tà con cui si misu­ra tut­ti i gior­ni un pae­se in cui il 15% del­la popo­la­zio­ne non cre­de che la Shoah sia mai esistita. 

Secon­do, per­ché se nes­su­no vuo­le veni­re in Ita­lia, né può andar­se­ne in giro sul ter­ri­to­rio ita­lia­no, e nem­me­no entra­re in un museo o in una sala affol­la­ta (che sia di tea­tro, cine­ma, con­fe­ren­za), di quel­lo che suc­ce­de a turi­smo e beni cul­tu­ra­li dob­bia­mo par­la­re. Se le scuo­le sono chiu­se, se i viag­gi di istru­zio­ne sono fer­mi, se pren­de­re un tre­no diven­ta una scom­mes­sa e gli even­ti ven­go­no annul­la­ti in ottem­pe­ran­za alle ordi­nan­ze e ai decre­ti mini­ste­ria­li, il bilan­cio è impie­to­so (Feder­tu­ri­smo, scri­ve il Sole24Ore, par­la di un dan­no di 5 miliar­di di euro; Feder­vi­vo segna­la 7.400 spet­ta­co­li tea­tra­li sal­ta­ti e 10 milio­ni di euro per­si) e andrà anche oltre al perio­do di chiu­su­ra effet­ti­va. Le scuo­le non sono azien­de, mol­te non recu­pe­re­ran­no le atti­vi­tà che non sono riu­sci­te a svol­ge­re, o lo faran­no con gran­de dif­fi­col­tà. I festi­val, le ras­se­gne non si pos­so­no facil­men­te spo­sta­re e repli­ca­re in un secon­do momen­to. Le spe­se già soste­nu­te, il lavo­ro pre­pa­ra­to­rio svol­to in pre­vi­sio­ne dei futu­ri incas­si spes­so non rien­tra­no più.

Ter­zo, per­ché sono set­to­ri in cui abbon­da­no, tri­ste­men­te, le for­me di lavo­ro che mag­gior­men­te lascia­no vul­ne­ra­bi­li lavo­ra­to­ri e lavo­ra­tri­ci, e che dif­fi­cil­men­te con­sen­ti­ran­no l’accesso alle for­me di com­pen­sa­zio­ne pen­sa­te per altri tipi di con­trat­ti. Chi lavo­ra in pro­prio, chi vie­ne paga­to a chia­ma­ta e solo per le atti­vi­tà svol­te effet­ti­va­men­te, chi non può con­ta­re su ferie, mutua, buste paga. Chi ha una retri­bu­zio­ne che a pie­no regi­me con­sen­te di sta­re sul­la linea di gal­leg­gia­men­to, ma che di fron­te a una ridu­zio­ne for­za­ta del­le ore di lavo­ro spro­fon­da ine­so­ra­bil­men­te. I free­lan­ce, gli auto­no­mi, le par­ti­te IVA. I pre­ca­ri di ogni gene­re e tut­te quel­le for­me di lavo­ro pra­ti­ca­men­te assi­mi­la­bi­li al cottimo. 

Quin­di, “la sicu­rez­za pri­ma di tut­to”, ovvia­men­te. Soprat­tut­to quan­do le misu­re mira­no a pro­teg­ge­re le fasce di popo­la­zio­ne più vul­ne­ra­bi­li. Ricor­dan­do che però la vul­ne­ra­bi­li­tà, come la sicu­rez­za, con­tie­ne mol­ti­tu­di­ni. A par­ti­re dal­la giu­sti­zia socia­le. Su cui dovrem­mo inve­sti­re alme­no altret­tan­te ener­gie di quel­le che stia­mo con­cen­tran­do negli sfor­zi di que­sti gior­ni. [/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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