La scuola non è un servizio da erogare, è un vettore di uguaglianza

Nei giorni scorsi, dopo la mediazione del Presidente del Consiglio Conte per evitare che in Senato si consumasse lo scontro tra forze di maggioranza sul Decreto Scuola, si sono susseguite una serie di proposte che nulla aggiungono e nulla risolvono rispetto all’emergenza educativa che è già in atto e che a settembre sarà drammaticamente sotto gli occhi di tutti.

[vc_row][vc_column][vc_column_text]Nei gior­ni scor­si, dopo la media­zio­ne del Pre­si­den­te del Con­si­glio Con­te per evi­ta­re che in Sena­to si con­su­mas­se lo scon­tro tra for­ze di mag­gio­ran­za sul Decre­to Scuo­la, si sono sus­se­gui­te una serie di pro­po­ste che nul­la aggiun­go­no e nul­la risol­vo­no rispet­to all’emer­gen­za edu­ca­ti­va che è già in atto e che a set­tem­bre sarà dram­ma­ti­ca­men­te sot­to gli occhi di tut­ti. Un dato scon­cer­ta: è sta­ta la com­po­nen­te di sini­stra del gover­no a far man­ca­re l’ultimo voto neces­sa­rio ad appro­va­re l’emendamento del Sena­to­re Ver­duc­ci che avreb­be sta­bi­liz­za­to i pre­ca­ri del­la scuo­la, garan­ten­do un avvio di anno sco­la­sti­co più soli­do a stu­den­ti e stu­den­tes­se. E così, in bar­ba alla sen­ten­za del­la Cor­te Euro­pea che trac­cia linee pre­ci­se per limi­ta­re il ricor­so al pre­ca­ria­to, bam­bi­ni e ragaz­zi a set­tem­bre tro­ve­ran­no in cat­te­dra 200.000 inse­gnan­ti pre­ca­ri che potran­no anche cam­bia­re in cor­so d’anno: que­sto è quel­lo che ha deci­so il gover­no rin­vian­do i con­cor­si. Sarà anche un accor­do poli­ti­co,  ma è fat­to sul­la pel­le dei cit­ta­di­ni più gio­va­ni a cui occor­re­reb­be garan­ti­re non solo la sicu­rez­za sani­ta­ria ma anche quel­la di poter eser­ci­ta­re il dirit­to allo stu­dio. Tra tan­ta con­fu­sio­ne e indi­ca­zio­ni mini­ste­ria­li che sem­bra­no rispon­de­re più alla neces­si­tà di dispor­re rego­le sani­ta­rie che a quel­la di rispon­de­re alle esi­gen­ze didat­ti­che e peda­go­gi­che di chi entre­rà a scuo­la ogni gior­no, l’unica cosa cer­ta è che ad oggi non si pre­ve­de nes­su­no stru­men­to straor­di­na­rio né dal pun­to di vista con­cor­sua­le né da quel­lo strut­tu­ra­le per il rien­tro a scuo­la a set­tem­bre. Dopo mesi di didat­ti­ca a distan­za che, non ci stan­che­re­mo mai di dir­lo, in nes­sun modo può para­go­nar­si alla scuo­la, c’è biso­gno di un pro­get­to che anco­ra non c’è. Le linee gui­da del Comi­ta­to Tec­ni­co Scien­ti­fi­co ripor­ta­no un elen­co di misu­re di distan­zia­men­to e di pre­ven­zio­ne che sono inim­ma­gi­na­bi­li nel­la scuo­la che abbia­mo lascia­to a feb­bra­io, per­ché gli spa­zi non sono suf­fi­cien­ti per distan­zia­re i ban­chi e per­ché non pos­so­no esse­re i diri­gen­ti sco­la­sti­ci a deci­de­re come smem­bra­re le clas­si o quan­te ore al gior­no vada­no indos­sa­te le masche­ri­ne, posto che è impen­sa­bi­le che que­sto obbli­go sia real­men­te appli­ca­bi­le per bam­bi­ni e bam­bi­ne che toc­ca­no, spo­sta­no, strap­pa­no, appog­gia­no tut­to con­ti­nua­men­te, né per inse­gnan­ti che devo­no par­la­re mol­te ore al gior­no. Dero­ga­re a diri­gen­ti e scuo­le tut­te le respon­sa­bi­li­tà, anche quel­le che com­pe­to­no al gover­no cen­tra­le, è un’arma a dop­pio taglio: da un lato man­ca­no indi­ca­zio­ni omo­ge­nee per tut­to il ter­ri­to­rio nazio­na­le che, nel rispet­to dell’autonomia sco­la­sti­ca, tute­li­no diri­gen­ti, docen­ti e per­so­na­le ATA nel­lo svol­gi­men­to del lavo­ro e deli­mi­ti­no man­sio­ni e obbli­ghi attra­ver­so un inqua­dra­men­to con­trat­tua­le, dall’altro si lascia lo spa­zio per­ché nasca­no docu­men­ti come quel­le dell’Associazione Nazio­na­le Pre­si­di (ANP), una pro­po­sta edu­ca­ti­va e poli­ti­ca aber­ran­te e mol­to peri­co­lo­sa, con un impian­to neo­li­be­ri­sta che ripren­de il filo del­la “Buo­na Scuo­la”, una scuo­la al ser­vi­zio del mer­ca­to, con un diri­gen­te sco­la­sti­co-mana­ger e una strut­tu­ra gerar­chi­ca azien­da­li­sti­ca fat­ta di ver­ti­ca­li­tà e di pre­mia­li­tà ai fede­lis­si­mi. Emer­ge un pro­get­to in cui il con­cet­to di com­pe­ten­za vie­ne stru­men­tal­men­te oppo­sto a quel­lo di cono­scen­za, come se  non fos­se­ro in stret­ta rela­zio­ne; si vor­reb­be che le com­pe­ten­ze fos­se­ro svi­lup­pa­te per i sin­go­li e non gra­zie all’interazione col grup­po. Que­sta scuo­la non ha nul­la a che fare con il ruo­lo di ascen­so­re socia­le che le asse­gna la Costi­tu­zio­ne, uno stru­men­to per offri­re una pos­si­bi­li­tà di riscat­to a chi par­te svan­tag­gia­to. Nel­lo spa­zio crea­to dall’assenza di visio­ne del Gover­no, avan­za­no quin­di pro­po­ste come que­sta, che vor­reb­be anche limi­ta­re le pre­ro­ga­ti­ve degli orga­ni col­le­gia­li e ricon­dur­re tut­ti i pote­ri alla figu­ra del diri­gen­te, ren­de­re obbli­ga­to­ria la didat­ti­ca a distan­za e tra­sfor­ma­re stu­den­ti e docen­ti in pedi­ne da muo­ve­re secon­do i biso­gni del­le impre­se. La scuo­la non è un “ser­vi­zio da ero­ga­re”. È una fun­zio­ne del­lo Sta­to, il pri­mo vet­to­re di ugua­glian­za e garan­ti­re il dirit­to allo stu­dio signi­fi­ca garan­ti­re non solo un dirit­to socia­le, ma un dirit­to di cittadinanza.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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