La guerra alle ONG, la maleducazione dei partiti populisti europei e le responsabilità dei mezzi di informazione

Ci rifiutiamo di rimanere inermi spettatori di una società sempre più diffidente e meno capace di essere aperta a un mondo che lo è già, a dispetto di tutti e di tutto

[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1495533983753{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]In que­sto cli­ma di cac­cia alle stre­ghe, le ONG, uni­ca cer­tez­za euro­pea di soc­cor­so ai migran­ti in mare, non han­no vita faci­le.

Da quan­do a dicem­bre 2016 il Finan­cial Times ha dif­fu­so un rap­por­to riser­va­to di Fron­tex che denun­cia­va dei pre­sun­ti lega­mi tra i traf­fi­can­ti di esse­ri uma­ni e le imbar­ca­zio­ni del­le orga­niz­za­zio­ni uma­ni­ta­rie, accu­san­do­le di esse­re un fat­to­re di attra­zio­ne per i migran­ti in fuga dal­la Libia, le ONG sono sta­te tra­vol­te da fan­go e discre­di­to da par­te di par­ti­ti raz­zi­sti, xeno­fo­bi e popu­li­sti che han­no ali­men­ta­to fru­stra­zio­ni e igno­ran­za del­la peg­gio­re specie.

In poco tem­po da un’at­mo­sfe­ra di favo­re si è pas­sa­ti a un cli­ma di sospet­to con la com­pli­ci­tà di diver­si mez­zi di infor­ma­zio­ne sem­pre più e solo inte­res­sa­ti allo scoop media­ti­co anzi­ché alla dif­fu­sio­ne di noti­zie attra­ver­so le qua­li for­ma­re ognu­no la pro­pria opi­nio­ne. Un “piat­to ser­vi­to” con­di­to di ogni com­men­to pos­si­bi­le affin­ché il let­to­re pos­sa far a meno di riflet­te­re, giu­di­ca­re e svi­lup­pa­re un pro­prio pun­to di vista.

Noi di Pos­si­bi­le non ci stia­mo. Ci rifiu­tia­mo di rima­ne­re iner­mi spet­ta­to­ri di una socie­tà sem­pre più dif­fi­den­te e meno capa­ce di esse­re aper­ta a un mon­do che lo è già, a dispet­to di tut­ti e di tutto.

In que­sta otti­ca, nei gior­ni scor­si, abbia­mo pre­sen­ta­to un’in­ter­ro­ga­zio­ne in dife­sa del­l’o­pe­ra­to del­la ONG Sea Watch, una di quel­le indi­ca­te da Fron­tex, che il 10 mag­gio, nel cor­so di uno dei suoi tan­tis­si­mi inter­ven­ti per sal­va­re in mare vite uma­ne, fuo­ri dal­le acque ter­ri­to­ria­li del­la Libia è sta­ta bloc­ca­ta in modo spre­giu­di­ca­to e con­tra­rio alle rego­le marit­ti­me da una moto­ve­det­ta libi­ca che per un “sof­fio” non ha pro­vo­ca­to una col­li­sio­ne e il nau­fra­gio, oltre che degli equi­pag­gi, di cen­ti­na­ia di migranti.

Con l’o­pe­ra­zio­ne auto­riz­za­ta dal­la Guar­dia Costie­ra ita­lia­na, frut­to dell’accordo di feb­bra­io tra il Gover­no ita­lia­no con il pre­mier del gover­no di accor­do nazio­na­le libi­co al-Sar­raj, inse­dia­to dall’Onu ma rite­nu­to ille­git­ti­mo da lar­ga par­te del­la popo­la­zio­ne libi­ca, i migran­ti sono sta­ti respin­ti e ripor­ta­ti in Libia, nono­stan­te il dirit­to inter­na­zio­na­le dispon­ga che chiun­que ven­ga inter­cet­ta­to in mare deb­ba esse­re accom­pa­gna­to nel più vici­no “por­to sicu­ro”, che cer­ta­men­te non è la Libia dove con­ti­nua­no scon­tri arma­ti da guer­ra civi­le.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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