Con la “flat tax” aumentiamo il grado di ingiustizia fiscale e sociale

Nei mesi scorsi il governo si è dimenticato in diverse occasioni del principio di progressività sancito dalla Costituzione, a partire dal cosiddetto "bonus 80 euro", ma non sembra in alcun modo voler cambiare rotta. L'ultima stravagante trovata è quella che è stata chiamata "flat tax sui Paperoni".

Tut­ti sono tenu­ti a con­cor­re­re alle spe­se pub­bli­che in ragio­ne del­la loro capa­ci­tà contributiva.

Il siste­ma tri­bu­ta­rio è infor­ma­to a cri­te­ri di progressività.

Dovreb­be esse­re suf­fi­cien­te l’ar­ti­co­lo 53 del­la Costi­tu­zio­ne per ispi­ra­re e valu­ta­re le poli­ti­che fisca­li del nostro pae­se, all’in­se­gna di un con­cet­to ben pre­ci­so e cioè quel­lo di progressività.

Nei mesi scor­si il gover­no se ne è dimen­ti­ca­to in diver­se occa­sio­ni, a par­ti­re dal cosid­det­to “bonus 80 euro”, ma non sem­bra in alcun modo voler cam­bia­re rot­ta. L’ul­ti­ma stra­va­gan­te tro­va­ta è quel­la che è sta­ta chia­ma­ta “flat tax sui Pape­ro­ni”, cioè un con­tri­bu­to for­fet­ta­rio annuo pari a 100mila euro per met­ter­si in rego­la rispet­to al pre­lie­vo fisca­le sui red­di­ti pro­dot­ti all’e­ste­ro; ne potran­no usu­frui­re, però, sola­men­te per­so­ne che, negli ulti­mi die­ci anni, alme­no per nove di que­sti sono sta­te resi­den­ti all’e­ste­ro ai fini del paga­men­to dell’imposta.

Sono diver­si i pun­ti (mol­to) con­tro­ver­si dal­la pro­po­sta, a par­ti­re dal­la stes­sa deno­mi­na­zio­ne: una “flat tax” dovreb­be pre­ve­de­re un’a­li­quo­ta sul­la base del­la qua­le cal­co­la­re quan­to dovu­to all’e­ra­rio (basan­do­si per­ciò comun­que su un prin­ci­pio di pro­por­zio­na­li­tà, diver­so da quel­lo di pro­gres­si­vi­tà), men­tre in que­sto caso ci tro­via­mo di fron­te a una cifra pre­sta­bi­li­ta, a pre­scin­de­re dal­l’u­ti­le pro­dot­to, attra­ver­so la qua­le “met­ter­si a posto” rispet­to a tut­ti i red­di­ti pro­dot­ti all’estero.

Repub­bli­ca di oggi fa un cal­co­lo mol­to sem­pli­ce: per esse­re sicu­ri di tro­va­re con­ve­nien­te l’op­zio­ne “flat” biso­gne­reb­be aver inve­sti­to all’e­ste­ro un patri­mo­nio di 15/20 milio­ni che, remu­ne­ra­to al 4%, com­por­te­reb­be una tas­sa­zio­ne di cir­ca 200mila euro. E’ que­sta la “soglia di acces­so” cui si rivol­ge il prov­ve­di­men­to del governo.

Ste­fa­no Lepri, su La Stam­pa, si chie­de inve­ce se val­ga la pena intro­dur­re un incen­ti­vo con ele­men­ti di ingiu­sti­zia socia­le e fisca­le rispet­to ai bene­fi­ci che ci si atten­de. «Misu­re di que­sto gene­re — scri­ve Lepri — han­no sen­so in Pae­si pic­co­li, sui qua­li i tra­sfe­ri­men­ti di resi­den­za di alcu­ne per­so­ne ad alto patri­mo­nio può inci­de­re in modo signi­fi­ca­ti­vo. […] Oppu­re pos­so­no esse­re mar­gi­nal­men­te uti­li a Pae­si non pic­co­li che offra­no già una piaz­za finan­zia­ria e ban­ca­ria». E pro­se­gue soste­nen­do che «nel­le sti­me più otti­mi­sti­che potreb­be frut­ta­re al mas­si­mo 100 milio­ni di euro all’anno, lo 0,02% del get­ti­to fisca­le com­ples­si­vo». «Non sia­mo — inol­tre — l’unico Pae­se del con­ti­nen­te euro­peo che ci sta pen­san­do. Né è una novi­tà ten­ta­re di atti­ra­re i ric­chi in un Pae­se dove ci sono sole e mare, Spa­gna e Por­to­gal­lo han­no già pro­va­to. La spe­ran­za è for­se che i ric­chi fac­cia­no moda, indu­ca­no altri a seguir­li, ani­mi­no così i con­su­mi e il mer­ca­to immo­bi­lia­re. Vista nell’insieme dell’Europa, però, que­sta con­cor­ren­za a strap­par­se­li non gio­va: qual­che Pae­se ha suc­ces­so, qual­che altro no, in tota­le la tas­sa­zio­ne su red­di­ti e patri­mo­ni alti dimi­nui­sce. For­se pote­va rispar­mia­re di met­ter­si in gara anche l’Italia, dove l’impressione che il siste­ma tri­bu­ta­rio sia ini­quo è diffusa».

E for­se pote­va rispar­miar­se­lo anche per un’al­tra ragio­ne: misu­re di com­pe­ti­zio­ne fisca­le gene­ra­no mec­ca­ni­smi al ribas­so, per cui ci sarà sem­pre un altro pae­se che farà meglio (peg­gio) di noi, garan­ten­do con­di­zio­ni fisca­li ancor più favo­re­vo­li, con con­se­guen­te assot­ti­glia­men­to del get­ti­to fisca­le e quin­di con una stret­ta sul­le capa­ci­tà redi­stri­bu­ti­ve del­lo Sta­to attra­ver­so l’e­ro­ga­zio­ne di ser­vi­zi e la pre­di­spo­si­zio­ne di siste­mi di wel­fa­re universalistici.

«Il pro­ble­ma che ci si dovreb­be por­re è fare paga­re le tas­se in base alle leg­ge e non dare incen­ti­vi», ha dichia­ra­to l’ex mini­stro Vin­cen­zo Visco bol­lan­do la flat tax come «un’al­tra del­le stra­va­gan­ze di Ren­zi» che «pen­sa di fare con­cor­ren­za agli ingle­si sul loro ter­re­no dopo la Bre­xit. Ma la con­cor­ren­za fisca­le a tut­ti i costi crea solo un mon­do di dise­gua­glian­ze».

Il sen­tie­ro intra­pre­so va nel­l’op­po­sta dire­zio­ne del det­ta­to costi­tu­zio­na­le e, quin­di, di una poli­ti­ca fisca­le pro­gres­si­va. Oltre a una pro­po­sta di com­ples­si­va rifor­ma del­le ali­quo­te Irpef in que­sto sen­so, duran­te la discus­sio­ne in Aula Pos­si­bi­le ha pre­sen­ta­to due emen­da­men­ti alla misu­ra di cui stia­mo par­lan­do, per mez­zo di Luca Pasto­ri­no. Il pri­mo dei due era sem­pli­ce­men­te sop­pres­si­vo, men­tre il secon­do cer­ca­va di intro­dur­re per­lo­me­no un ele­men­to di pro­por­zio­na­li­tà, non pre­ve­den­do una som­ma pre­sta­bi­li­ta (100mila euro), ma una som­ma che varias­se al varia­re del red­di­to gene­ra­to, quan­ti­fi­ca­ta nel 33%. Ovvia­men­te nes­su­na del­le due pro­po­ste è sta­ta pre­sa in con­si­de­ra­zio­ne e ci tro­via­mo così di fron­te all’en­ne­si­ma misu­ra di ingiu­sti­zia fisca­le e socia­le dise­gna­ta dal gover­no Renzi-Gentiloni.

Infi­ne, fa nota­re Andrea Mae­stri, «l’in­tro­du­zio­ne del­la “flat tax” è la car­ti­na di tor­na­so­le del­la mone­tiz­za­zio­ne del valo­re del­la per­so­na, del­la discri­mi­na­zio­ne in base al red­di­to e al patri­mo­nio, del­la distru­zio­ne del prin­ci­pio (costi­tu­zio­na­le) del­la pro­gres­si­vi­tà fisca­le. Se sei ric­chis­si­mo e stra­nie­ro, il nuo­vo para­di­so fisca­le Ita­lia ti acco­glie a brac­cia aper­te. E anche se vuoi fare il ricon­giun­gi­men­to fami­lia­re: nes­sun pro­ble­ma, basta paga­re». La discri­mi­na­zio­ne sta nei con­fron­ti di un qual­sia­si altro migran­te, che «per riu­nir­si con i suoi fami­lia­ri deve dimo­stra­re di ave­re un red­di­to mini­mo, l’i­do­nei­tà allog­gia­ti­va e mol­to altro». Il dena­ro sbian­ca, mai come in que­sto caso.

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