Internazionale e possibile

È cer­ta­men­te una buo­na noti­zia quel­la del­la nasci­ta di un fron­te inter­na­zio­na­le in gra­do di discu­te­re, scam­biar­si infor­ma­zio­ni e, si spe­ra, col tem­po ritro­var­si su una comu­ne agen­da pro­gres­si­sta. È la rispo­sta ade­gua­ta all’a­van­za­re dei nazio­na­li­sti, per­ché non pò che esser­ne il suo con­tra­rio: aper­to, comu­ne, trans­na­zio­na­le e quin­di gene­ri­ca­men­te uma­no. Non avve­ni­va da trop­po tem­po, nem­me­no come mero ten­ta­ti­vo, e segue trop­pi anni in cui la poli­ti­ca anche da sini­stra si è pie­ga­ta al pre­cet­to secon­do cui “the­re is no alter­na­ti­ve”, e non ci si può che pie­ga­re di fron­te alle esi­gen­ze dei gran­di grup­pi eco­no­mi­ci — non a caso sovra­na­zio­na­li in ogni senso.

Non è que­sta una fase in cui si può pen­sa­re al pro­prio Pae­se come una ridot­ta in cui rea­liz­za­re un sovra­ni­smo del buon tem­po anti­co — in real­tà mai esi­sti­to — non quan­do qua­lun­que atto­re eco­no­mi­co ha ormai a dispo­si­zio­ne gli stru­men­ti per spo­sta­re in nazio­ni più accon­di­scen­den­ti i mez­zi pro­dut­ti­vi e le sedi fisca­li. Per que­sto ser­ve un’al­lean­za, per que­sto ser­ve un’a­gen­da comu­ne, e bene han­no fat­to in par­ti­co­la­re Ada Colau e Ber­nie San­ders a sfrut­ta­re la loro rico­no­sciu­ta auto­re­vo­lez­za per guar­da­re oltre la loro sem­pli­ce base elet­to­ra­le loca­le, ten­tan­do di costrui­re un pon­te mol­to più ambizioso.
Pos­si­bi­le lo ha auspi­ca­to sin dal­la sua fon­da­zio­ne, ricor­dan­do nel­l’or­mai ste­reo­ti­pa­to dibat­ti­to sul ruo­lo del­le isti­tu­zio­ni euro­pee, ad esem­pio, che di cer­to in que­sti ulti­mi ven­t’an­ni non sono sta­te gover­na­te da sini­stra, ovve­ro non han­no mai dav­ve­ro spe­ri­men­ta­to ricet­te real­men­te alter­na­ti­ve o soli­da­li, di quel­la soli­da­rie­tà di cui par­la­va­no Spi­nel­li e Lan­ger oggi così spes­so cita­ti a spro­po­si­to, ma soprat­tut­to non praticati.
Un gover­ni­smo con­for­mi­sta pie­ga­to ai gran­di inte­res­si che col tem­po ha fini­to per man­giar­si anche il socia­li­smo euro­peo, e che si è fat­to inter­pre­te di uno svi­lup­pi­smo che ha fat­to a gara con i con­ser­va­to­ri per tute­la­re le impre­se accan­to­nan­do i dirit­ti dei lavo­ra­to­ri, che ha rinun­cia­to a pre­ten­de­re una fisca­li­tà giu­sta che non pesas­se solo sui sin­go­li cit­ta­di­ni, che ha spo­sa­to le gran­di ope­re sen­za se e sen­za ma e ha com­ple­ta­men­te tra­scu­ra­to il gran­de tema ambien­ta­le, che inve­ce sareb­be quel­lo sì, di gran­de impat­to nel­l’e­co­no­mia e nel­lo svi­lup­po. Che ha asse­con­da­to l’i­dea di una sani­tà e una scuo­la pri­va­te miglio­ri di quel­le pub­bli­che, e che ha tol­to in gene­ra­le i ser­vi­zi ai cit­ta­di­ni dal­le mani del­lo Sta­to per tra­sfor­ma­re que­gli stes­si cit­ta­di­ni in uten­ti di for­ni­to­ri pri­va­ti, nel­l’i­ni­zia­le plau­so gene­ra­le, sal­vo poi sco­pri­re che come risul­ta­to han­no pro­dot­to una socie­tà in cui chi può si cura meglio e stu­dia, e gli altri auguri.
Il rifiu­to di man­te­ner­si coe­ren­ti con le pro­prie agen­de di sini­stra in nome di que­sto par­ti­co­la­re rea­li­smo non pote­va che pro­dur­re una marea mon­tan­te e faci­le pre­da del­le destre, quel­le vere, quel­le che sal­go­no alla ribal­ta da sem­pre sul­l’on­da di un con­sen­so dal bas­so, ma in real­tà han­no come solo inte­res­se il van­tag­gio di pochis­si­mi a disca­pi­to di tut­ti gli altri.

Se son rose fio­ri­ran­no — e la rosa era anche un sim­bo­lo di mol­te di que­ste cose, non a caso — di cer­to l’im­pre­sa è imma­ne e il tem­po limi­ta­to. Da par­te nostra la mas­si­ma atten­zio­ne e, come si suol dire, sem­pre dal­la stes­sa par­te ci tro­ve­re­te, del resto ci sia­mo già.

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