I risultati estremamente deludenti del summit sulle migrazioni di Malta

La stam­pa ita­lia­na – tran­ne rare ecce­zio­ni – ha pra­ti­ca­men­te igno­ra­to il ver­ti­ce che si è tenu­to a Mal­ta nei gior­ni scor­si, nono­stan­te l’argomento e i pro­ta­go­ni­sti richie­des­se­ro un’attenzione ele­va­tis­si­ma nel nostro Paese.

 

Di cosa stia­mo parlando

Stia­mo par­lan­do di migran­ti, e stia­mo par­lan­do di un dia­lo­go tra cir­ca ses­san­ta sta­ti euro­pei e afri­ca­ni, orga­niz­za­zio­ni regio­na­li e inter­na­zio­na­li: Unio­ne euro­pea, Unio­ne afri­ca­na, Alto com­mis­sa­ria­to per l’Onu dei rifu­gia­ti (Unh­cr) e la Comu­ni­tà eco­no­mi­ca dei pae­si dell’Africa occi­den­ta­le (se vole­te far­vi un’idea, que­ste sono le dele­ga­zio­ni invi­ta­te). L’iniziativa è sta­ta lan­cia­ta dal Con­si­glio euro­peo lo scor­so apri­le, dopo l’ennesima stra­ge nel Mediterraneo.

 

Come ci si è arrivati

Non trop­po bene. Poten­zial­men­te avreb­be potu­to esse­re un ver­ti­ce di alto livel­lo per affron­ta­re le cau­se alla radi­ce del­le migra­zio­ni, ma gli Sta­ti euro­pei ci sono arri­va­ti con posi­zio­ni mol­to dif­fe­ren­ti, e mol­to sul­la difen­si­va. L’attenzione, negli ulti­mi mesi, si è con­cen­tra­ta sul­la Tur­chia e sui pro­fu­ghi siria­ni, quin­di su rot­te migra­to­rie che pas­sa­no dal­la peni­so­la bal­ca­ni­ca.

Ci si è arri­va­ti, inol­tre, con il sostan­zia­le fal­li­men­to – alme­no per ora – del pia­no di redi­stri­bu­zio­ne di 160mila pro­fu­ghi arri­va­ti in Ita­lia e Gre­cia (ne sono sta­ti ricol­lo­ca­ti solo pochis­si­me cen­ti­na­ia, si par­la di 732 persone).

E ci si è arri­va­ti, infi­ne, con nume­ro­se ten­sio­ni tra pae­si euro­pei, che met­to­no addi­rit­tu­ra in discus­sio­ne la liber­tà di cir­co­la­zio­ne inter­na san­ci­ta dal trat­ta­to di Schen­gen.

 

E i pae­si africani?

Han­no vis­su­to l’avvicinarsi del ver­ti­ce come da invi­ta­ti, sia suf­fi­cien­te pen­sa­re che non è sta­to invi­ta­to il pre­si­den­te del­lo Zim­ba­b­we, Robert Muga­be, che è anche pre­si­den­te dell’Unione Africana.

 

Cosa è sta­to deciso

È sta­to appro­va­to un “Action plan” con l’obiettivo di pro­muo­ve­re la sta­bi­li­tà nel­le regio­ni inte­res­sa­te e di gesti­re in manie­ra miglio­re le migra­zio­ni. Il pia­no sarà finan­zia­to da un fon­do fidu­cia­rio di 1,8 miliar­di di euro (pro­ve­nien­ti dal bilan­cio UE e dal Fon­do euro­peo di svi­lup­po) e rica­drà sui «pae­si afri­ca­ni che si impe­gne­ran­no nel sele­zio­na­re i pro­fu­ghi con dirit­to di chie­de­re asi­lo, riac­cet­ta­re i migran­ti rim­pa­tria­ti, com­bat­te­re i traf­fi­can­ti di esse­ri uma­ni e bloc­ca­re le mas­se diret­te in Euro­pa alla ricer­ca di una vita miglio­re», scri­ve oggi il Cor­rie­re del­la Sera. Infat­ti – ed è que­sto il pun­to noda­le del pia­no – ci si è posti l’obiettivo di svi­lup­pa­re le capa­ci­tà dei pae­si ter­zi nel gesti­re le migra­zio­ni e le fron­tie­re, pro­muo­ven­do il rim­pa­trio e la rein­te­gra­zio­ne dei migran­ti irre­go­la­ri: il rischio è che fon­di desti­na­ti allo svi­lup­po sia­no dirot­ta­ti a “ester­na­liz­za­re” la gestio­ne del­le fron­tie­re, e che que­ste sia di fat­to la con­di­zio­ne per acce­de­re al fondo.

Alcu­ne cifre per capi­re di quan­ti sol­di stia­mo parlando:

  • Le rimes­se che ogni anno i migran­ti man­da­no dall’Europa all’Africa ammon­ta­no a 23 miliar­di di euro all’anno; da tut­to il mon­do, le sti­me par­la­no di oltre 60 miliar­di di euro.
  • Gli aiu­ti allo svi­lup­po che da UE e Sta­ti mem­bri van­no a favo­re dell’Africa ammon­ta­no a cir­ca 20 miliar­di all’anno.
  • I con­tri­bu­ti (oltre gli 1,8 miliar­di) degli Sta­ti mem­bri al fon­do sono al momen­to pari a 81,3 milio­ni di euro. L’Italia ne ha assi­cu­ra­ti 10.

La secon­da noti­zia è la con­vo­ca­zio­ne di un secon­do sum­mit, tra un mese, per con­cor­da­re con il pre­si­den­te tur­co Erdo­gan (non pro­pria­men­te un cam­pio­ne di demo­cra­zia) la con­ces­sio­ne di un aiu­to pari a 3 miliar­di di euro, per­ché si impe­gni a trat­te­ne­re i 2 milio­ni di pro­fu­ghi pre­sen­ti in Tur­chia e quel­li che arri­ve­ran­no nei pros­si­mi anni.

Infi­ne, sem­bra sem­pre far­si sem­pre più stra­da l’idea che pre­ve­de una net­ta distin­zio­ne, che rischia di esse­re usa­ta in modo stru­men­ta­le, tra rifu­gia­ti e migran­ti eco­no­mi­ci, una distin­zio­ne stru­men­ta­le che nel­la pra­ti­ca, come sosten­go­no nume­ro­se ONG impe­gna­te sul cam­po, è mol­to dif­fi­ci­le fare.

 

Tut­to qui?

Sì, tut­to qui. Di fat­to si trat­ta di aiu­ti allo svi­lup­po con­di­zio­na­ti all’impegno dei pae­si nel trat­te­ne­re i migran­ti, o diret­ta­men­te in Afri­ca o in Tur­chia. Un approc­cio estre­ma­men­te sicu­ri­ta­rio, sul qua­le sono sta­te avan­za­te nume­ro­se obie­zio­ni: «Gli aiu­ti dovreb­be­ro ser­vi­re a offri­re assi­sten­za alle per­so­ne più vul­ne­ra­bi­li – ha dichia­ra­to Loris De Filip­pi, pre­si­den­te di Medi­ci Sen­za Fron­tie­re Ita­lia -, non cer­to per finan­zia­re misu­re di con­te­ni­men­to il cui uni­co obiet­ti­vo è impe­di­re a que­ste stes­se per­so­ne di tro­va­re pro­te­zio­ne in Euro­pa. Abbia­mo visto in pri­ma per­so­na gli effet­ti dei pre­ce­den­ti accor­di bila­te­ra­li sigla­ti da pae­si euro­pei con part­ner del­la spon­da nord del Medi­ter­ra­neo. Abu­si da par­te del­le for­ze di sicu­rez­za e dei net­work di traf­fi­can­ti, deten­zio­ni pro­lun­ga­te in con­di­zio­ni inac­cet­ta­bi­li, cri­mi­na­liz­za­zio­ne di richie­den­ti asi­lo e rifu­gia­ti, man­ca­to acces­so alle cure sani­ta­rie di base. Mol­te del­le per­so­ne che i nostri team medi­ci cura­no in Sici­lia ricor­da­no il perio­do in Libia come spes­so più dram­ma­ti­co del­la stes­sa tra­ver­sa­ta in mare». Sul­la stes­sa linea anche Oxfam Ita­lia, che chie­de­va che le risor­se del fon­do fidu­cia­rio fos­se­ro mag­gio­ri e soprat­tut­to «desti­na­te ad affron­ta­re e risol­ve­re le que­stio­ni del­la pover­tà, del­la disu­gua­glian­za e dei con­flit­ti in Afri­ca. I fon­di dovreb­be­ro ser­vi­re per costrui­re scuo­le e ospe­da­li e non per con­te­ne­re la mobi­li­tà del­le per­so­ne con filo spi­na­to o check-point».

Ma il vero para­dos­so è che «qua­si il 30% dei 60 milio­ni di per­so­ne in fuga nel mon­do – scri­ve MSF — si tro­va in uno dei 35 pae­si afri­ca­ni pre­sen­ti al Sum­mit, men­tre solo il 3% ha tro­va­to rifu­gio nei ben più agia­ti pae­si dell’UE».

 

E la redi­stri­bu­zio­ne dei migranti?

Non ha fat­to pas­si avan­ti, anzi. Jean-Clau­de Junc­ker ha cri­ti­ca­to i pae­si euro­pei dichia­ran­do che «avan­ti di que­sto pas­so sui ricol­lo­ca­men­ti si fini­sce nel 2101».

 

Come sono sta­te accol­te que­ste decisioni

Il pre­mier Mat­teo Ren­zi ha dichia­ra­to che «il ver­ti­ce alla Val­let­ta dimo­stra che sull’immigrazione l’Italia non è iso­la­ta» e che «que­sto ver­ti­ce è un suc­ces­so del nostro Pae­se», evi­den­zian­do «il nostro impe­gno in vista del 2017, quan­do l’Italia pre­sie­de­rà il G7» e in quel­la occa­sio­ne met­te­rà al cen­tro «il ruo­lo del Medi­ter­ra­neo e la rela­zio­ne con l’Africa. Si può anche guar­da­re il bic­chie­re mez­zo vuo­to e discu­te­re sul fat­to che il fon­do Ue deve esse­re più cospi­cuo — ha aggiun­to — ma, pri­mo, l’Italia non è più sola sul­la que­stio­ne dei rifu­gia­ti, secon­do, l’Africa è una prio­ri­tà». Il ver­ti­ce sarà, soprat­tut­to, una car­ta in più da gio­ca­re per chie­de­re mag­gio­re fles­si­bi­li­tà sui con­ti, tasto sul qua­le ha bat­tut­to mol­to il premier.

Tut­to som­ma­to i pae­si euro­pei han­no com­men­ta­to posi­ti­va­men­te: ci met­te­ran­no poco di tasca pro­pria e quel poco ser­vi­rà a bloc­ca­re i flus­si sul nasce­re (non voglia­mo pen­sa­re come…). Potran­no però par­la­re di un loro gran­de impe­gno in Africa.

Da par­te afri­ca­na sono pochi i com­men­ti. Mac­ky Sall, pre­mier sene­ga­le­se e pre­si­den­te del­la Comu­ni­tà eco­no­mi­ca dei pae­si dell’Africa occi­den­ta­le, ha pun­ta­to il dito ver­so le mul­ti­na­zio­na­li accu­sa­te di fat­to di sot­trar­re 60 miliar­di di euro all’anno attra­ver­so eva­sio­ne ed elu­sio­ne fisca­le. Non è da dimen­ti­ca­re che rice­ve­ran­no meno finan­zia­men­ti del­la Tur­chia: «uno schiaf­fo ai gover­ni afri­ca­ni», ha com­men­ta­to la dele­ga­zio­ne egiziana.

 

Come ne esco­no i pae­si europei

Male e mol­to divi­si. La Sve­zia ha intro­dot­to con­trol­li tem­po­ra­nei alle fron­tie­re. La Slo­ve­nia, inve­ce, sta costruen­do un muro al con­fi­ne con la Croa­zia. L’Unghe­ria minac­cia di respin­ge­re i migran­ti che – in segui­to alla riti­ra­ta deci­sio­ne del­la Ger­ma­nia di apri­re le pro­prie fron­tie­re ai pro­fu­ghi – doves­se­ro diri­ger­si ver­so i pro­pri con­fi­ni. E per quan­to riguar­da la Ger­ma­nia, il mini­stro del­le Finan­ze Schau­ble ha par­la­to di una «valan­ga» di migran­ti in arrivo.

 

Cosa si pote­va fare

In pri­mo luo­go, assi­cu­ra­re cana­li sicu­ri per i migran­ti, evi­tan­do di ingras­sa­re colo­ro che ille­gal­men­te ne gesti­sco­no le disu­ma­ne traversate.

In secon­do luo­go, pre­sta­re più atten­zio­ne al rispet­to dei dirit­ti uma­ni da par­te dei gover­ni che si van­no a finanziare.

In ter­zo luo­go, garan­ti­re che gli aiu­ti vada­no ad inve­sti­men­ti per ridur­re le disu­gua­glian­ze, garan­ti­re uno svi­lup­po dura­tu­ro e sta­bi­le, soc­cor­re­re le per­so­ne più in dif­fi­col­tà. E non per trat­te­ne­re sul pro­prio ter­ri­to­rio – a che con­di­zio­ni? Con qua­li meto­di? – i migran­ti, sostan­zial­men­te ten­tan­do di ester­na­liz­za­re le frontiere.

In quar­to luo­go, ini­zia­re a lavo­ra­re sui flus­si finan­zia­ri e fisca­li ille­ci­ti in usci­ta dal con­ti­nen­te afri­ca­no: su que­sto, nume­ro­si rap­por­ti indi­ca­no che il volu­me dei flus­si finan­zia­ri ille­ci­ti supe­re­reb­be­ro il tota­le degli aiu­ti rice­vu­ti dall’Africa fino a die­ci vol­te. Alcu­ni di que­sti dati sono ripor­ta­ti dal­la riso­lu­zio­ne Schlein del Par­la­men­to euro­peo appro­va­ta il 9 luglio di quest’anno.

 

Infi­ne, un pic­co­lo appunto

Ren­zi ha dichia­ra­to, con una let­te­ra a l’Avvenire, che «abbia­mo tri­pli­ca­to i fon­di [agli stru­men­ti di coo­pe­ra­zio­ne allo svi­lup­po, n.d.a.], con que­sta Leg­ge di Sta­bi­li­tà, come ave­va­mo pro­mes­so: 120 milio­ni nel 2016, 240 nel 2017, 360 nel 2018. Non è anco­ra quan­to vor­rem­mo, ma è il segno di una inver­sio­ne di ten­den­za chia­ra. Che ci resti­tui­sce digni­tà nel­le clas­si­fi­che inter­na­zio­na­li e rico­no­sce il signi­fi­ca­to stra­te­gi­co del­la coo­pe­ra­zio­ne per l’Italia». In real­tà stia­mo par­lan­do dei soli finan­zia­men­ti all’Agenzia per la coo­pe­ra­zio­ne, men­tre l’impegno per la coo­pe­ra­zio­ne allo svi­lup­po assun­to dai pae­si OCSE è pari allo 0,7% del PIL: cir­ca una deci­na di miliar­di. Al momen­to ci fer­mia­mo allo 0,2% del PIL e non saran­no di sicu­ro 120 milio­ni a far­ci sca­la­re le clas­si­fi­che internazionali.

Elly Schlein e Ste­fa­no Catone

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