Di bufale Facebook e post-truth, pagliuzze e travi

Si fa ulti­ma­men­te un gran par­la­re del­le bufa­le onli­ne, e di come (più o meno scien­te­men­te) que­ste pos­sa­no influen­za­re l’opi­nio­ne pub­bli­ca.
C’è chi si spin­ge a far­ne un pro­ble­ma di demo­cra­zia e rite­ne­re i colos­si come Face­book e Goo­gle diret­ta­men­te respon­sa­bi­li del­le infor­ma­zio­ni e dei con­te­nu­ti vei­co­la­ti tra­mi­te le loro piattaforme.

Una discus­sio­ne che inve­ste gran­di orga­ni di stam­pa e figu­re di spic­co del mon­do dei media e del­la poli­ti­ca, e che è gros­so­la­na e far­loc­ca tan­to quan­to quel­le che si leg­go­no pro­prio sui forum e nel­le bache­che vitu­pe­ra­te da que­sti novel­li pala­di­ni del­la veri­tà e del­la cor­ret­ta informazione.

Una discus­sio­ne che ha il gran­de pre­gio di esse­re sia sba­glia­ta nel meri­to che vizia­ta dagli ambien­ti da cui proviene.

Per­ché qua abbia­mo orga­ni di stam­pa che da anni spac­cia­no per pre­ci­se rico­stru­zio­ni le veli­ne che arri­va­no loro da pro­cu­re e palaz­zi del pote­re e si riten­go­no gior­na­li indi­pen­den­ti. Abbia­mo gior­na­li­sti che rive­la­no gran­di cospi­ra­zio­ni ordi­te da reti di troll prez­zo­la­ti che non fan­no un plis­sè quan­do i loro arti­co­li ven­go­no pub­bli­ca­men­te smen­ti­ti in manie­ra per­si­no grot­te­sca.
Abbia­mo mini­stri che si ergo­no a difen­so­ri del­la cor­ret­ta infor­ma­zio­ne, che dimen­ti­ca­no però di sede­re in con­si­glio dei mini­stri con col­le­ghi che han­no fat­to pro­pa­gan­da usan­do auten­ti­che bufa­le su mala­ti di can­cro e bam­bi­ni dia­be­ti­ci, o che da anni spa­ra­no cifre a caso sui temi del lavo­ro per giu­sti­fi­ca­re i loro fallimenti.

Con che fac­cia (sen­za tira­re in bal­lo Gia­chet­ti) que­ste per­so­ne voglio­no spie­gar­ci com’è che si dovreb­be gesti­re e valu­ta­re la cor­ret­tez­za del­le infor­ma­zio­ni a cui ogni gior­no sia­mo esposti?

La real­tà, per chi vuo­le trat­ta­re l’argomento seria­men­te, è che il siste­ma dell’informazione ha subi­to un cam­bia­men­to pro­fon­do che va affron­ta­to per garan­tir­ne la demo­cra­ti­ci­tà. Ma que­sto non riguar­da tan­to le bufa­le, quan­to la capa­ci­tà che ogni cit­ta­di­no dovreb­be ave­re di saper­le distin­gue­re in mez­zo al flus­so con­ti­nuo di con­te­nu­ti a cui è espo­sto. E riguar­da chi detie­ne il con­trol­lo del­le fon­ti di que­sto flus­so, e l’accesso agli algo­rit­mi che lo governano.

Ma que­sto vor­reb­be dire par­la­re di edu­ca­zio­ne, di scuo­la, di cul­tu­ra, stru­men­ti per dare vera liber­tà e ugua­glian­za a cia­scu­no di noi in un futu­ro (che è già pre­sen­te) che sarà sem­pre più gover­na­to dall’accesso alle informazioni.

Ma que­sto vor­reb­be dire par­la­re di demo­cra­zia e di con­trol­lo pub­bli­co, col­let­ti­vo, sui veri con­trol­lo­ri di que­sto futu­ro, gli algo­rit­mi che gover­na­no moto­ri di ricer­ca e social network.

Lascia­mo­li alle loro chiac­chie­re da bar sul­le chiac­chie­re da bar, e pen­sia­mo­ci noi. Costruia­mo­li assie­me, que­sti #gior­ni­mi­glio­ri.

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