Dal presepe al rosario, via nutella: costruire la destra senza pronunciarla mai

I gior­na­li di que­ste set­ti­ma­ne rac­con­ta­no di un Sal­vi­ni improv­vi­sa­men­te ner­vo­so, che fa rimuo­ve­re gli stri­scio­ni, seque­stra­re i tele­fo­ni­ni, teme il dis­sen­so ma soprat­tut­to teme di esse­re in calo nel­la popo­la­ri­tà e nel­le urne. Ma quan­to ner­vo­so, di pre­ci­so? Rispet­to alle per­cen­tua­li teo­ri­che regi­stra­te dai son­dag­gi nei mesi scor­si, lon­ta­no dal­le ele­zio­ni, nes­su­no si spin­ge a dire che la Lega non sarà il pri­mo par­ti­to alle euro­pee, qua­si rad­dop­pian­do i voti pre­si solo un anno fa, quin­di ecco: col­pi­to dai pri­mi segni di un auspi­ca­bi­le logo­rio maga­ri sì, ner­vo­so pure, ma fino a un cer­to pun­to, alme­no per ora.
Sen­za nul­la toglie­re alla pro­te­sta dei len­zuo­li e alle mani­fe­sta­zio­ni di dis­sen­so sem­pre più nume­ro­se, e per for­tu­na che ci sono.

Usci­rà comun­que da que­sto tur­no da capo del par­ti­to più vota­to, e non è poco, ma è inte­res­san­te tor­na­re su alcu­ne cose che ha fat­to in que­sti anni per tro­var­si in que­sta situa­zio­ne. Il per­cor­so di Sal­vi­ni ver­so la lea­der­ship infat­ti non è ini­zia­ta con que­sto gover­no, ma qual­che anno fa, con una onni­pre­sen­za tele­vi­si­va fat­ta di fel­pe e di cen­tra­li­tà in alcu­ne que­stio­ni solo appa­ren­te­men­te late­ra­li.

Ad esem­pio quan­do si è trat­ta­to di difen­de­re il pre­se­pe e i can­ti nata­li­zi nel­le scuo­le, sim­bo­lo di resi­sten­za con­tro il cam­bia­men­to nel­la com­po­si­zio­ne del­le clas­si e nel­la socie­tà ita­lia­na, un ciclo che pro­se­gue oggi con il bacio al rosa­rio e l’in­vo­ca­zio­ne alla Madon­na. In mez­zo, pani­ni con la Nutel­la, piat­ti di pasta improv­vi­sa­ti col ragù in sca­to­la, sel­fie con la dop­piet­ta e il mitra, divi­se del­le for­ze del­l’or­di­ne di ogni tipo e gra­do. Sal­vi­ni si descri­ve come “una per­so­na “nor­ma­le” e “di buon sen­so”, ma mai come un poli­ti­co di destra. Non dice nem­me­no mai la paro­la “destra”, non orga­niz­za con­ve­gni su come rico­strui­re la destra, e anche quan­do flir­ta con le orga­niz­za­zio­ni più estre­me non ne veste mai i colo­ri, sem­bra insom­ma aver capi­to che in Ita­lia ci sono pur­trop­po mol­tis­si­mi elet­to­ri dispo­sti a vota­re un par­ti­to di destra, ma solo a una par­te mol­to mar­gi­na­le di essi inte­res­sa rap­pre­sen­tar­si diret­ta­men­te come tali, e quel­li pre­fe­ri­sce tener­se­li buo­ni ma tut­to som­ma­to lasciar­li alla Melo­ni, a Casa­pound e a For­za Nuo­va, pre­fe­ren­do con­cen­trar­si altro­ve, sul gros­so di quel grup­po: quel­li che quan­do lo sen­to­no par­la­re di pre­se­pe capi­sco­no al volo di cosa sta real­men­te par­lan­do, e ci si rico­no­sco­no in pie­no pur non aven­do inten­zio­ne di indos­sa­re il fez. Per­so­ne “nor­ma­li”, e “di buon sen­so”, pro­prio come Sal­vi­ni stes­so cer­ca di pas­sa­re attra­ver­so il suo costan­te lavo­ro media­ti­co. Che paga, evidentemente.

Ora, se vol­gia­mo lo sguar­do all’e­stre­mo oppo­sto del­lo spet­tro poli­ti­co, vedia­mo che a sini­stra si fa esat­ta­men­te il con­tra­rio. Intan­to, non si può fare poli­ti­ca a sini­stra se non si pro­nun­cia diret­ta­men­te la paro­la “sini­stra”, insom­ma si ritie­ne indi­spen­sa­bi­le rap­pre­sen­tar­si “a pro­va d’i­dio­ta”, il che la dice lun­ga sul­la con­si­de­ra­zio­ne che si ha per gli elet­to­ri. Non si può fare par­ti­to o lista se non c’è nel sim­bo­lo una pre­do­mi­nan­za del colo­re ros­so. Non si è real­men­te di sini­stra se non si par­la di anti­ca­pi­ta­li­smo e di lot­ta al neo­li­be­ri­smo. Il che è legit­ti­mo, per cari­tà, ma quan­ti ita­lia­ni san­no che cos’è di pre­ci­so il neo­li­be­ri­smo? Soprat­tut­to se chi ne par­la non ritie­ne mai di dover­si pren­de­re una fra­se in più per far­si capi­re anche da chi non sta nel­la stret­tis­si­ma ma pic­co­lis­si­ma cer­chia del­la mili­tan­za poli­ti­ciz­za­ta. Quan­ti ita­lia­ni san­no inve­ce cos’è il pre­se­pe? E sen­za che ci sia alcun biso­gno di spiegarlo.

L’ul­ti­mo, luna­re dibat­ti­to riguar­da pro­prio l’am­bien­te, che è tor­na­to a esse­re un tema cen­tra­le soprat­tut­to gra­zie a una ragaz­zi­na nor­di­ca che ha sapu­to in qual­che modo impor­si all’at­ten­zio­ne mon­dia­le. L’am­bien­te è una que­stio­ne for­mi­da­bi­le, per­ché con­tie­ne tut­te le altre: lo stra­po­te­re del­le azien­de che con­sen­te di pro­dur­re indi­stur­ba­te avve­le­nan­do l’ac­qua e la ter­ra, peg­gio­ran­do la vita di tut­ti, sfrut­tan­do i lavo­ra­to­ri per paghe da fame e pagan­do le tas­se nei para­di­si fisca­li men­tre nel resto del mon­do i ser­vi­zi pub­bli­ci, la scuo­la e la sani­tà pub­bli­che van­no a roto­li. E mol­to altro, que­stio­ni che toc­ca­no la vita di tut­ti, sono com­pren­si­bi­li a tut­ti — soprat­tut­to da quel­li che, e sono la mag­gior par­te, non han­no nes­sun inte­res­se a par­te­ci­pa­re al dibat­ti­to sul­la sini­stra — sen­za costrin­ge­re nes­su­no a sfi­la­re con la ban­die­re ros­se e a stu­dia­re Marx.

Un’oc­ca­sio­ne d’o­ro pio­vu­ta dal cie­lo che però non va bene, dico­no, “per­ché o si par­te dal­la lot­ta con­tro il neo­li­be­ri­smo o è si fa solo un’o­pe­ra­zio­ne di fac­cia­ta”. Che è anche un modo mol­to como­do per lascia­re le cose come stan­no, visto che tan­to non si rea­liz­za gran­ché ma la col­pa è degli altri che non capi­sco­no. Basta far pas­sa­re le ele­zio­ni e poi archi­via­re il risul­ta­to per far par­ti­re l’en­ne­si­mo can­tie­re per rico­strui­re la sini­stra, “que­sta vol­ta per dav­ve­ro”, ovvia­men­te, e pazien­za se nel frat­tem­po vin­co­no sem­pre que­gli altri. Anzi meglio, per­ché più ci sono mace­rie, più si fre­ga­no le mani le dit­te ingo­lo­si­te all’i­dea di aggiu­di­car­si l’ap­pal­to per la rico­stru­zio­ne. Usan­do le ele­zio­ni come occa­sio­ne per far fuo­ri la con­cor­ren­za, altro che uni­tà.

Tan­to vale por­tar­si avan­ti col lavo­ro e dir­lo subi­to, quin­di: gra­zie, ma no, gra­zie. Si vota il 26, non il 27. Si sce­glie dome­ni­ca, non lune­dì: chi vuo­le far altro o sta­re a guar­da­re, chi pun­ta sul dopo più che sul­le ele­zio­ni, chi in que­ste set­ti­ma­ne ha pre­fe­ri­to aiu­ta­re a demo­li­re piut­to­sto che dare una mano non ci ven­ga a cer­ca­re, dopo.

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