Crescita economica: ora i problemi si fanno seri

I dati dif­fu­si dal­l’I­stat sul­l’oc­cu­pa­zio­ne e sul PIL con­fer­ma­no le pre­vi­sio­ni poco inco­rag­gian­ti di tut­ti gli eco­no­mi­sti (quel­li indi­pen­den­ti, s’in­ten­de). Pur­trop­po era dif­fi­ci­le sba­glia­re, date le premesse.

L’oc­cu­pa­zio­ne con­ti­nua a cala­re, nono­stan­te sia anco­ra in vigo­re il gene­ro­so bonus trien­na­le di 8000 euro. Che la bol­la si sgon­fias­se era ine­vi­ta­bi­le e con il raf­fred­da­men­to che scat­te­rà il 1 gen­na­io 2016 andrà anco­ra peg­gio. Si pote­va spe­ra­re che l’ef­fet­to duras­se un po’ più a lun­go ma i fon­da­men­ta­li sono quel­li che sono e non ci si può affi­da­re ai miracoli.

Il mini­stro Padoan non ha fat­to una pie­ga e si è rifu­gia­to negli indi­ca­to­ri di fidu­cia in cre­sci­ta. In effet­ti c’è una con­vin­zio­ne dif­fu­sa che peg­gio di così non pos­sa anda­re ma è del tut­to irra­zio­na­le, pur sem­bran­do ragionevole.

Intan­to, è smen­ti­ta dal­la dimi­nu­zio­ne dei disoc­cu­pa­ti che, quan­do coin­ci­de con una dimi­nu­zio­ne degli occu­pa­ti (anzi­ché un aumen­to), signi­fi­ca banal­men­te che cre­sce il nume­ro di chi non cer­ca più lavo­ro non aven­do spe­ran­za di tro­var­lo.

Così come è smen­ti­ta dai con­su­mi che rista­gna­no, tan­to da far pre­ci­pi­ta­re in bas­so l’in­di­ce dei prez­zi. Sia­mo in pie­na defla­zio­ne e il Quan­ti­ta­ti­ve Easing fa cilec­ca. Il caval­lo non beve, si dice­va un tem­po, ma oggi si dovreb­be par­la­re di un altra spe­cie di equi­ni. Al Mini­stro però non impor­ta, visto che i com­mer­cian­ti gli fan­no eco annun­cian­do un Nata­le di spe­se paz­ze (del resto la con­fe­de­ra­zio­ne con­cor­ren­te è quel­la che tie­ne in pie­di un cosid­det­to “uffi­cio stu­di” che pre­ve­de­va una cre­sci­ta dell’1,1% a fine anno).

Ma potreb­be mai rifia­ta­re la doman­da inter­na? Chi pen­sa­va che bastas­se spen­de­re un po’ in defi­cit per inne­sca­re la ripre­sa, maga­ri citan­do a spro­po­si­to Key­nes, avreb­be dovu­to bada­re alme­no un po’ alla qua­li­tà del­la spe­sa. Se inve­ce l’u­ni­co para­me­tro per sele­zio­na­re i desti­na­ta­ri è il con­sen­so elet­to­ra­le, si but­ta­no i sol­di dal­la fine­stra, come è avve­nu­to. In real­tà, ci tro­via­mo in una situa­zio­ne per cui chi sta più in bas­so nel­la sca­la dei red­di­ti e avreb­be quin­di una mag­gio­re pro­pen­sio­ne a con­su­ma­re ha anche per­so fidu­cia, qua­si total­men­te, nel­la poli­ti­ca e pro­te­sta con i pie­di non andan­do più a vota­re. Quan­do le cose stan­no così, quan­to più la spe­sa è mira­ta ver­so chi por­ta i voti tan­to meno arri­va nel­le tasche di chi spen­de. E i risul­ta­ti si vedo­no: 80 euro al lavo­ro dipen­den­te sen­za tener con­to del red­di­to com­ples­si­vo dispo­ni­bi­le; 8.000 euro in tre anni a chi fa fati­ca a sta­re sul mer­ca­to, sen­za con­di­zio­nar­li a un qual­che sfor­zo di inve­sti­men­to; ora, il buo­no spe­sa di 500 euro ai diciot­ten­ni per­ché leg­ga­no (e vada­no a vota­re) indi­pen­den­te­men­te dal biso­gno: sono tut­ti prov­ve­di­men­ti mira­ti bene dal pun­to di vista elet­to­ra­le, malis­si­mo dal pun­to di vista del­la poli­ti­ca eco­no­mi­ca.

E sì che ai diciot­ten­ni, e in gene­ra­le ai gio­va­ni under 35, occor­re­reb­be pen­sa­re dav­ve­ro. La disoc­cu­pa­zio­ne gio­va­ni­le è del tut­to fuo­ri con­trol­lo, anche gra­zie a una poli­ti­ca di auste­ri­tà che ha impo­sto di trat­te­ne­re gli anzia­ni al lavo­ro fin sul­la soglia dei 70 anni (record mon­dia­le). In com­pen­so è lo ste­so pre­si­den­te del­l’INPS a spie­gar­ci che gra­zie a poli­ti­che del lavo­ro che han­no impo­sto le car­rie­re discon­ti­nue come model­lo stan­dard, per mol­ti di loro non c’è spe­ran­za di arri­va­re, con il siste­ma attua­le, a una pen­sio­ne che non sia quel­la socia­le. Il tema è però rimos­so, rischia di gua­sta­re il cli­ma di fiducia.

Infi­ne, l’ot­ti­mi­smo è smen­ti­to dal­la com­po­nen­te este­ra del­la doman­da, che si inde­bo­li­sce. Per tut­ti, logi­ca­men­te, trat­tan­do­si di una ten­den­za a livel­lo mon­dia­le. Eppu­re abbia­mo ascol­ta­to pro­cla­mi per cui l’I­ta­lia sareb­be sta­to l’u­ni­co pae­se al mon­do a non risen­tir­ne, tan­to da poter esse­re la nuo­va loco­mo­ti­va: trop­po idio­ti per con­vin­ce­re anche i più ben dispo­sti. In effet­ti impor­tia­mo più di quan­to espor­tia­mo ma è dif­fi­ci­le fare da trai­no per il resto del mon­do se la ric­chez­za nazio­na­le cre­sce mol­to al di sot­to del­la media del resto del mon­do. Se esi­stes­se una valu­ta­zio­ne del­l’im­pat­to, oltre che del­le pub­bli­ca­zio­ni, anche del­le dichia­ra­zio­ni, cer­te cor­bel­le­rie dovreb­be­ro costa­re il tito­lo acca­de­mi­co a chi le pronuncia.

Insom­ma, ora i pro­ble­mi si fan­no seri. Con i mer­ca­ti pri­ma che con l’Eu­ro­pa, che ha altro a cui pensare.

Si farà fati­ca a tene­re lo 0,7% ma il pre­mier arri­va per­fi­no smen­ti­re chi azzar­da un risul­ta­to (0,8%) appe­na un po’ al disot­to del­la pre­vi­sio­ne di 0,9% su cui è costrui­ta la leg­ge di sta­bi­li­tà. E sì che baste­reb­be una cono­scen­za di arit­me­ti­ca ele­men­ta­re per sape­re che nean­che un mira­co­lo per­met­te­rà di aggan­cia­re lo 0,8%. Tan­to più dopo che l’I­STAT è sta­ta costret­ta a smen­ti­re l’ot­ti­mi­smo del soli­to Mini­stro del­l’E­co­no­mia, che si era det­to con­vin­to di un ritoc­co all’in­sù del­la sti­ma pre­li­mi­na­re del PIL del ter­zo tri­me­stre, con­fer­ma­to inve­ce allo 0,2%.

Altri 3,5 miliar­di man­ca­no dun­que all’ap­pel­lo, sen­za con­ta­re le poste fret­to­lo­sa­men­te indi­ca­te come acqui­si­te (migran­ti, ter­ro­ri­smo, ecc.) che acqui­si­te inve­ce non sono.

Insom­ma, se la situa­zio­ne fos­se seria, oltre che gra­ve, la leg­ge di sta­bi­li­tà dovreb­be esse­re riti­ra­ta.

Non avver­rà. Ma le per­so­ne serie che han­no a cuo­re la sor­te del pae­se dovreb­be­ro pen­sa­re con rigo­re e san­gue fred­do a una mano­vra alternativa.

Pre­sup­po­ne un cam­bio di gover­no? No, pre­sup­po­ne ben altro: un cam­bio di linea poli­ti­ca. Por­si que­sta pro­ble­ma solo ora è già un gua­io, non por­se­lo affat­to sareb­be anco­ra peggio.

Come Pos­si­bi­le ne par­le­re­mo a Vero­na il 13 dicem­bre.

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