Coltivare per depenalizzare

La legalizzazione della cannabis, al di là di ogni ipocrisia, oltre a dare certezze ai cittadini, demolirebbe il florido mercato illegale, spina dorsale della criminalità organizzata, svuotando le carceri da persone che, a tutto voler concedere, hanno solo bisogno di una mano.

Dall’impatto sul­la salu­te ai rifles­si sul­la socie­tà e sul vive­re civi­le; sot­to il pro­fi­lo dell’ordine pub­bli­co, di poli­ti­ca cri­mi­na­le o eco­no­mi­co; ognu­no dice la sua, spes­so per disin­for­ma­zio­ne, pau­ra socia­le, posi­zio­ne fidei­sti­ca o par­ti­ti­ca, sen­za ave­re né la voglia, né il corag­gio di voler affron­ta­re costrut­ti­va­men­te l’annosa que­stio­ne del­la lega­liz­za­zio­ne del­le dro­ghe leg­ge­re in Ita­lia. La pla­sti­ca rap­pre­sen­ta­zio­ne di tale sta­to di fat­to emer­ge chia­ra­men­te da oltre quarant’anni di approc­ci legi­sla­ti­vi fumo­si, incoe­ren­ti e tal­vol­ta inco­sti­tu­zio­na­li, sull’onda di atteg­gia­men­ti poli­ti­ci ondi­va­ghi, spes­so repres­si­vi, rara­men­te tol­le­ran­ti, mai riso­lu­ti­vi. Dal­la sem­pli­ce rico­stru­zio­ne sto­ri­ca è pos­si­bi­le rica­va­re il sen­so del tor­men­ta­to, quan­to schi­zo­fre­ni­co per­cor­so che, nel cor­so del tem­po, ha avu­to la nor­ma­ti­va ita­lia­na in mate­ria di stu­pe­fa­cen­ti, attual­men­te rego­la­men­ta­ta da quel che rima­ne del fami­ge­ra­to D.P.R. 309/1990, c.d. “Ier­vo­li­no-Vas­sal­li”, soprav­vis­su­to, suo mal­gra­do, ad ura­ga­ni e ter­re­mo­ti. Pri­ma del 1975 nel nostro Pae­se veni­va rudi­men­tal­men­te repres­sa e puni­ta ogni con­dot­ta lega­ta alle sostan­ze stu­pe­fa­cen­ti, sen­za alcu­na distin­zio­ne tra spac­cio e uti­liz­zo per­so­na­le; nel cor­so di quell’anno, con l’emanazione del­la pri­ma leg­ge orga­ni­ca sul­la mate­ria, si sce­glie­va di puni­re penal­men­te la sola atti­vi­tà di pro­du­zio­ne e ven­di­ta, ovve­ro il c.d. spac­cio. Veni­va intro­dot­to, infat­ti, il con­cet­to di modi­ca quan­ti­tà, ovve­ro il quan­ti­ta­ti­vo di stu­pe­fa­cen­te da poter dete­ne­re per uso per­so­na­le, oltre il qua­le veni­va pre­sun­ta l’attività di com­mer­cio ille­ga­le; la leg­ge, però, non pre­ci­sa­va cosa doves­se inten­der­si per modi­ca quan­ti­tà e, per­tan­to, la que­stio­ne veni­va ogni vol­ta rimes­sa alla discre­zio­na­li­tà del giu­di­ce di tur­no (ai dan­ni di chi capi­ta­va nel momen­to, o con il magi­stra­to sba­glia­to). Tale inde­ter­mi­na­tez­za pro­vo­ca­va, ovvia­men­te, una mas­sa infor­me di giu­ri­spru­den­za alta­le­nan­te, spes­so con­trad­dit­to­ria, a secon­da del momen­to poli­ti­co e/o socio­cul­tu­ra­le, che lascia­va l’assuntore di sostan­ze stu­pe­fa­cen­ti nel lim­bo dell’incertezza. Dopo anni di tor­men­ti, nel 1990 si arri­va­va alla c.d. Leg­ge Ier­vo­li­no-Vas­sal­li” che, pur riba­den­do la non puni­bi­li­tà pena­le del mero assun­to­re, ne stig­ma­tiz­za­va anco­ra una vol­ta l’illiceità del com­por­ta­men­to, trat­tan­do­lo come un sog­get­to mala­to e peri­co­lo­so, da cor­reg­ge­re e cura­re, con san­zio­ni ammi­ni­stra­ti­ve e col­lo­qui asse­ri­ta­men­te rie­du­ca­ti­vi. La rifor­ma man­da­va in sof­fit­ta il para­me­tro del­la modi­ca quan­ti­tà, sosti­tuen­do­lo con quel­lo di dose media gior­na­lie­ra; al net­to del­le dif­fe­ren­ze con­cet­tua­li (riman­da­te ad altra sede), nem­me­no la nuo­va leg­ge si assu­me­va l’onere di defi­nir­ne il dato pon­de­ra­le (aspet­to deli­ca­to e dif­fi­ci­le, come si vedrà a segui­re), riman­dan­do per tale incom­ben­te — oltre che per distin­gue­re le dro­ghe pesan­ti da quel­le c.d. leg­ge­re, puni­te dif­fe­ren­te­men­te — ad un suc­ces­si­vo decre­to del Mini­ste­ro del­la Sani­tà. Anche quest’ultimo para­me­tro veni­va inve­sti­to da ecce­zio­ni di inco­sti­tu­zio­na­li­tà; tra le altre, per­ché il discri­mi­ne del penal­men­te rile­van­te non veni­va deter­mi­na­to dal tipo di con­dot­ta, ma dal quan­ti­ta­ti­vo pos­se­du­to. Nell’aprile del 1993 il refe­ren­dum abro­ga­ti­vo pro­mos­so dai radi­ca­li tra­vol­ge­va anche la dose media gior­na­lie­ra; da quel momen­to la distin­zio­ne tra spac­cio ed uso per­so­na­le anda­va indi­vi­dua­ta nel­la con­dot­ta in con­cre­to, ovve­ro nel­la pro­va del­la desti­na­zio­ne a ter­zi, e non più pre­sun­ta in ragio­ne del­la quan­ti­tà di sostan­za dete­nu­ta.  In tale otti­ca, la giu­ri­spru­den­za ela­bo­ra­va strin­gen­ti cri­te­ri per la valu­ta­zio­ne pro­gno­sti­ca del­la desti­na­zio­ne a ter­zi, alla luce di indi­ci sin­to­ma­ti­ci (quan­ti­tà, qua­li­tà e com­po­si­zio­ne del­la sostan­za, tipo di attrez­za­tu­re per la pesa­tu­ra, il con­fe­zio­na­men­to del­le dosi ed altro); a deter­mi­na­te con­di­zio­ni, quin­di, anche il mero pos­ses­so pote­va inten­der­si pro­pe­deu­ti­co allo spac­cio. Quel­lo che era usci­to dal­la por­ta rien­tra­va in qual­che modo dal­la fine­stra.  Per la col­ti­va­zio­ne dome­sti­ca peg­gio che andar di not­te; anche se per uso per­so­na­le, infat­ti, ciò che rima­ne­va del­la nor­ma­ti­va modi­fi­ca­ta dal refe­ren­dum non pre­ve­de­va l’applicazione del­le san­zio­ni ammi­ni­stra­ti­ve. La Cor­te Costi­tu­zio­na­le con­fer­ma­va la ragio­ne­vo­lez­za, in astrat­to, di tale mag­gior rigo­re, rite­nen­do man­can­te nel­la col­ti­va­zio­ne un nes­so di imme­dia­tez­za con l’uso per­so­na­le; oltre che per l’impossibilità di deter­mi­na­re a prio­ri il quan­ti­ta­ti­vo rica­va­bi­le ed il pro­ba­bi­le incre­men­to di stu­pe­fa­cen­ti sul mer­ca­to; la Cor­te “invi­ta­va” tut­ta­via il giu­di­ce del meri­to a rite­ne­re penal­men­te irri­le­van­ti i casi di mode­stis­si­ma enti­tà, pri­vi di offen­si­vi­tà per gli inte­res­si pro­tet­ti (salu­te ed ordi­ne pub­bli­co). Insom­ma, si è det­to tut­to ed il suo con­tra­rio; in pri­mis che col­ti­va­re è rea­to in ogni caso, anche in pre­sen­za di un nume­ro esi­guo di pian­ti­ne, a pre­scin­de­re da fat­to­ri qua­li­ta­ti­vi e quan­ti­ta­ti­vi; oppu­re che occor­re distin­gue­re tra col­ti­va­zio­ne carat­te­riz­za­ta da un approc­cio impren­di­to­ria­le e quel­la dome­sti­ca, rudi­men­ta­le, fun­zio­na­le all’uso per­so­na­le e, quin­di, equi­pa­ra­bi­le alla mera deten­zio­ne. Si è altre­sì soste­nu­to che il rea­to si esclu­de solo in pre­sen­za di un quan­ti­ta­ti­vo estre­ma­men­te ridot­to, come ad es. la col­ti­va­zio­ne di un solo esem­pla­re di “pian­ta proi­bi­ta”.  In qua­lun­que caso, la col­ti­va­zio­ne rima­ne­va un com­por­ta­men­to ille­git­ti­mo e asse­ri­ta­men­te peri­co­lo­so, da valu­ta­re di vol­ta in vol­ta. Una serie di col­pi al cer­chio del­la repres­si­vi­tà e solo una carez­za alla bot­te del­la effet­ti­va offen­si­vi­tà. Nien­te se con­fron­ta­to alla suc­ces­si­va leg­ge “Fini-Gio­va­nar­di” (del 2006) che, nomi­na sunt omi­na, ina­spri­va le san­zio­ni ed equi­pa­ra­va le dro­ghe leg­ge­re a quel­le pesan­ti; limi­ta­va i con­tor­ni del­la non puni­bi­li­tà pena­le dell’uso per­so­na­le, rein­tro­du­cen­do il para­me­tro del­la quan­ti­tà (que­sta vol­ta del prin­ci­pio atti­vo dro­gan­te), supe­ra­to il qua­le, come in pre­ce­den­za, suben­tra­va l’accusa di spac­cio. Un enor­me pas­so indie­tro. Per poco più di un paio di can­ne o con una sola pian­ta nel bal­co­ne, le por­te del car­ce­re si sono aper­te con più faci­li­tà, rischian­do con­dan­ne pesan­ti. Sia­mo anda­ti avan­ti così per anni — ma mai, nem­me­no per un atti­mo, il mer­ca­to ille­ga­le ha subi­to con­trac­col­pi nega­ti­vi — e sol­tan­to nel 2014 la Fini-Gio­va­nar­di veni­va dichia­ra­ta inco­sti­tu­zio­na­le. Ma atten­zio­ne, non per il suo con­te­nu­to con­tra­rio ad ogni buon sen­so logi­co e giu­ri­di­co, ma per il man­ca­to rispet­to di alcu­ni para­me­tri for­ma­li con cui era sta­ta appro­va­ta. Il vuo­to nor­ma­ti­vo lascia­to dal­la pro­nun­cia del­la Cor­te Costi­tu­zio­na­le face­va rie­mer­ge­re la distin­zio­ne tra dro­ghe leg­ge­re e pesan­ti, oltre che, come per mira­co­lo, la più vol­te basto­na­ta dose media gior­na­lie­ra. Altra incer­tez­za, altra giu­ri­spru­den­za a fase alter­na, altre per­so­ne che entra­no in car­ce­re per poche pian­te o qual­che gram­mo in più di stu­pe­fa­cen­te pos­se­du­to. Lo scor­so apri­le, in pie­no lock down, al fine di diri­me­re i con­tra­sti giu­ri­spru­den­zia­li e il con­se­guen­te sta­to di con­fu­sio­ne, un’importante sen­ten­za del­le Sezio­ni Uni­te del­la Cas­sa­zio­ne sta­bi­li­va — pur riba­den­do i soli­ti prin­ci­pi di peri­co­lo­si­tà insi­ti nel­la col­ti­va­zio­ne in sé — che dove­va­no rite­ner­si esclu­se dal­la puni­bi­li­tà pena­le quel­le col­ti­va­zio­ni di mini­me dimen­sio­ni, svol­te in for­ma dome­sti­ca, desti­na­te in via esclu­si­va all’u­so per­so­na­le del col­ti­va­to­re.  In ogni caso, per la col­ti­va­zio­ne penal­men­te ille­ci­ta bor­der line, può sem­pre esse­re appli­ca­ta la non puni­bi­li­tà per tenui­tà del fat­to o una pena ridot­ta in caso di lie­ve enti­tà. Occor­re sape­re, però, che la sen­ten­za del­le Sezio­ni Uni­te veni­va emes­sa al ter­mi­ne del­la via cru­cis di una per­so­na, con­dan­na­ta nel giu­di­zio di meri­to ad un anno di reclu­sio­ne per ave­re col­ti­va­to in casa due pian­ti­ne di can­na­bis e pos­se­du­to una riser­va di undi­ci gram­mi di sostan­za stu­pe­fa­cen­te. Non ci si deve cruc­cia­re se all’esito di que­sto bre­ve excur­sus non si arri­va ad alcu­na cer­tez­za; la straor­di­na­ria incoe­ren­za e lacu­no­si­tà del pano­ra­ma legi­sla­ti­vo e giu­ri­spru­den­zia­le non può che por­ta­re a que­sto. Cosa può capi­re un cit­ta­di­no qua­lun­que? Allo sta­to, col­ti­va­re can­na­bis rima­ne un fat­to ille­ci­to sul pia­no san­zio­na­to­rio ammi­ni­stra­ti­vo (con tan­to di con­fi­sca e distru­zio­ne del­le pian­te rin­ve­nu­te) e non ren­de il cit­ta­di­no immu­ne da pro­ces­si e dolo­ri; pri­ma gli agen­ti ope­ran­ti, poi il pub­bli­co mini­ste­ro e infi­ne una sfil­za di giu­di­ci, sta­bi­li­ran­no se le due, cin­que o quin­di­ci pian­te pos­so­no con­si­de­rar­si fina­liz­za­te ad uso per­so­na­le, se ci si tro­va dinan­zi ad una pro­du­zio­ne orga­niz­za­ta, se il tipo di con­fe­zio­na­men­to desta sospet­ti di com­mer­cia­liz­za­zio­ne, se…  La cam­pa­gna #iocol­ti­vo, qua­le atto di disob­be­dien­za civi­le, appa­re uti­le per smuo­ve­re un pan­ta­no pre­gno di pre­giu­di­zi, valo­ri (pseu­do) mora­li e pre­oc­cu­pa­zio­ni più o meno fon­da­te, den­tro cui nuo­ta boc­cheg­gian­te ed incer­ta quel­la par­te di opi­nio­ne pub­bli­ca che non è anco­ra (o non è più) fidei­sti­ca­men­te arroc­ca­ta in posi­zio­ni ina­mo­vi­bi­li. Fin­ché assu­me­re dro­ghe leg­ge­re sarà con­si­de­ra­to moral­men­te e social­men­te deplo­re­vo­le, peri­co­lo­so per la salu­te e quin­di un ille­ci­to (sep­pur ammi­ni­stra­ti­vo), la col­ti­va­zio­ne ad uso per­so­na­le ver­rà sem­pre guar­da­ta con sospet­to e rischie­rà di esse­re inter­pre­ta­ta come atti­vi­tà di spac­cio. Qua­lun­que solu­zio­ne si voglia per­cor­re­re, quin­di, il pri­mo pas­so è quel­lo di ren­de­re leci­to il con­su­mo per­so­na­le in modo chia­ro e defi­ni­ti­vo e sot­to ogni pro­fi­lo; dopo­di­ché, le solu­zio­ni pos­so­no esse­re le più dispa­ra­te. C’è chi pre­ve­de un mono­po­lio sta­ta­le, con il divie­to di ven­di­ta tra pri­va­ti come per l’alcool e le siga­ret­te, oppu­re una tol­le­ran­za con­trol­la­ta alla olan­de­se. Per la col­ti­va­zio­ne occor­re pre­ve­de­re con­fi­ni che non pos­so­no esse­re mala­men­te inter­pre­ta­ti (ad es. un nume­ro mas­si­mo di pian­te con­sen­ti­te, a pre­scin­de­re dal­la capa­ci­tà pro­dut­ti­va e dal­la moda­li­tà di col­ti­va­zio­ne uti­liz­za­ta etc.) La lega­liz­za­zio­ne del­la can­na­bis, al di là di ogni ipo­cri­sia, oltre a dare cer­tez­ze ai cit­ta­di­ni, demo­li­reb­be il flo­ri­do mer­ca­to ille­ga­le, spi­na dor­sa­le del­la cri­mi­na­li­tà orga­niz­za­ta, svuo­tan­do le car­ce­ri da per­so­ne che, a tut­to voler con­ce­de­re, han­no solo biso­gno di una mano. Rober­to Randazzo

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