A settembre torniamo a scuola o torniamo alla fase 1?

Nell’attesa, una cosa è certa: anche per il rientro a scuola, come chiediamo da settimane per tutto il resto, non si potrà prescindere da un uso capillare dei tamponi per testare le persone e isolare quelle positive al Coronavirus. Sono indispensabili, soprattutto alla luce del fatto che riaprire le scuole significherà movimentare ogni giorno dodici milioni di persone, tra studenti, personale e famiglie.    

Ieri, nel cor­so di un’intervista su Sky Tg 24, la Mini­stra all’Istruzione Azzo­li­na ha annun­cia­to a sor­pre­sa (del­lo stes­so Par­la­men­to) lo sce­na­rio più pro­ba­bi­le allo stu­dio del­la Task For­ce per la ripre­sa del­la scuo­la da set­tem­bre. Non dop­pi tur­ni, ha spe­ci­fi­ca­to, ma clas­si divi­se: tre gior­ni una metà di alun­ni saran­no fisi­ca­men­te in aula e l’altra metà col­le­ga­ta onli­ne, gli altri tre gior­ni si scam­bie­ran­no. Det­ta così, la pro­po­sta non fun­zio­na, per una serie di que­stio­ni che la Mini­stra dovreb­be cono­sce­re bene, da docen­te. La pri­ma è che è impos­si­bi­le inte­ra­gi­re con un grup­po in pre­sen­za e con­tem­po­ra­nea­men­te con quel­lo a casa: inse­gnan­ti mul­ti­ta­sking sì, ma qui si esa­ge­ra. La didat­ti­ca a distan­za non può esse­re limi­ta­ta alla frui­zio­ne pas­si­va di una lezio­ne ad altri, non può esclu­de­re doman­de e appro­fon­di­men­ti dei sin­go­li. Sen­nò è come guar­da­re un film, con com­pa­gni e inse­gnan­ti come pro­ta­go­ni­sti. Nem­me­no alter­na­re i grup­pi a gior­ni fun­zio­na, se pen­sia­mo agli inse­gnan­ti con una o due ore per clas­se, ma a que­sto, nel caso, è il mino­re dei pro­ble­mi, si può ovvia­re con alter­nan­ze set­ti­ma­na­li. La DAD deve pre­ve­de­re, per esse­re effi­ca­ce,  una diver­sa pre­pa­ra­zio­ne del­le lezio­ni e dei mate­ria­li: non è sovrap­po­ni­bi­le alla didat­ti­ca in pre­sen­za né per i con­te­nu­ti né per i tem­pi che sono più bre­vi. E a pro­po­si­to di tem­pi, non è pen­sa­bi­le che il grup­po a casa stia davan­ti a uno scher­mo 5/ 6 ore al gior­no, sareb­be dele­te­rio sia per la salu­te che per gli appren­di­men­ti. Da non tra­scu­ra­re, poi, la que­stio­ne del­le tele­ca­me­re in clas­se: non sono con­sen­ti­te, lo abbia­mo spie­ga­to tut­ti insie­me a Sal­vi­ni quan­do par­la­va di “sicu­rez­za” a modo suo, e nem­me­no in emer­gen­za si può igno­ra­re la deli­ca­tis­si­ma  que­stio­ne lega­ta alle ripre­se di inse­gnan­ti e di mino­ri,  alcu­ni con disa­bi­li­tà o com­por­ta­men­ti desue­ti che diver­reb­be­ro ogget­to di giu­di­zio del­le fami­glie. La solu­zio­ne non è faci­le da tro­va­re, ma l’impressione è che si con­ti­nui a pro­get­ta­re come se fos­si­mo anco­ra nel­la pri­ma fase di emer­gen­za e non doves­si­mo deci­de­re, inve­ce, come sarà la scuo­la ita­lia­na per un las­so di tem­po medio — lun­go. Cre­dia­mo si deb­ba ragio­na­re su due pia­ni: quel­lo peda­go­gi­co e quel­lo dell’efficacia didat­ti­ca, entram­bi all’insegna del­la sicu­rez­za sani­ta­ria. For­se allo­ra la pri­ma cosa da fare è distin­gue­re gli alun­ni e le alun­ne per fascia d’età e per ordi­ne e gra­do di istru­zio­ne, non si pos­so­no imma­gi­na­re le stes­se solu­zio­ni per bam­bi­ne e bam­bi­ni del­la scuo­la d’infanzia e pri­ma­ria e per stu­den­ti del­le scuo­la secon­da­ria di pri­mo e secon­do gra­do. La mini­stra sem­bra ave­re in men­te solo solu­zio­ni adat­te a stu­den­ti gran­di, auto­no­mi nel meto­do di stu­dio e nell’utilizzo degli stru­men­ti tec­no­lo­gi­ci: man­ca total­men­te una pro­spet­ti­va per i più pic­co­li che in que­sti mesi, se han­no avu­to la for­tu­na di ave­re un con­tat­to con la scuo­la, lo han­no fat­to con l’assistenza con­ti­nua del­la fami­glia. E non si par­la affat­to di stu­den­ti con disa­bi­li­tà, per i qua­li occor­re pre­ve­de­re solu­zio­ni effi­ca­ci che con­sen­ta­no di rea­liz­za­re i pia­ni edu­ca­ti­vi pre­vi­sti per cia­scu­no. Bam­bi­ne e bam­bi­ni  han­no la neces­si­tà di costrui­re rela­zio­ni con adul­ti e com­pa­gni a scuo­la, per­ché la fisi­ci­tà è par­te inte­gran­te del­la for­ma­zio­ne del­la per­so­na. Per far­li tor­na­re a scuo­la a set­tem­bre, però, le scuo­le già oggi dovreb­be­ro pul­lu­la­re di adul­ti che pro­get­ta­no spa­zi, rica­va­no e spo­sta­no aule, anche per pic­co­li grup­pi. Pro­fes­sio­ni­sti dell’edilizia e del­la scuo­la che lavo­ra­no insie­me a rap­pre­sen­tan­ti degli enti loca­li. Ci sono tan­ti spa­zi cit­ta­di­ni da ria­dat­ta­re per fare scuo­la: van­no cen­si­ti, siste­ma­ti e mes­si a nor­ma per acco­glie­re le atti­vi­tà didat­ti­che. La costru­zio­ne di modu­li pre­fab­bri­ca­ti è un’altra pos­si­bi­le stra­da da per­cor­re­re, come tan­te vol­te è acca­du­to in tem­pi record in occa­sio­ne dei ter­re­mo­ti e come si sta facen­do in que­ste set­ti­ma­ne sul pia­no sani­ta­rio con gli ospe­da­li da cam­po. Il reclu­ta­men­to degli inse­gnan­ti —  e ne ser­vi­ran­no tan­tis­si­mi, spe­cie se si ren­de­rà neces­sa­rio pro­se­gui­re anche solo in par­te con la DAD per i più gran­di e per pre­ve­de­re la com­pre­sen­za per i più pic­co­li —  deve rispon­de­re a cri­te­ri d’emergenza, così come è sta­to per quel­lo dei medi­ci. Un con­cor­so con pro­ve in pre­sen­za, duran­te la pan­de­mia, non è pen­sa­bi­le, né per il rischio sani­ta­rio che com­por­te­reb­be far muo­ve­re 300000 can­di­da­ti su e giù per il Pae­se, né per i tem­pi ristret­ti che non con­sen­ti­reb­be­ro di ave­re in cat­te­dra gli inse­gnan­ti a set­tem­bre. Data l’emergenza occor­re digi­ta­liz­za­re la pro­ce­du­ra per le gra­dua­to­rie d’Istituto sen­za per­de­re altre set­ti­ma­ne pre­zio­se e rive­de­re i ban­di con­cor­sua­li, pre­ve­den­do­li per tito­li ed esa­mi, con for­ma­zio­ne in iti­ne­re ed esa­me ora­le a fine anno di pro­va. C’è biso­gno di tan­ti inse­gnan­ti, dice­va­mo, ma per assu­mer­li ci voglio­no risor­se. Secon­do la Cisl Scuo­la, assu­me­re a tem­po deter­mi­na­to per 10 mesi il per­so­na­le neces­sa­rio per l’organico di scuo­la d’infanzia e pri­ma­ria coste­reb­be 3 miliar­di, a cui aggiun­ge­re i costi del per­so­na­le ATA e gli altri ordi­ni di scuo­la. Ci augu­ria­mo che i tavo­li di esper­ti rispon­da­no al più pre­sto chia­ren­do alcu­ni aspet­ti che oggi risul­ta­no in con­trad­di­zio­ne: men­tre il pre­si­den­te del­la task for­ce Patri­zio Bian­chi par­la di clas­si di 10- 12 alun­ni, la Mini­stra ha det­to chia­ra­men­te che non pre­ve­de un rad­dop­pio degli orga­ni­ci. Nell’attesa, una cosa è cer­ta: anche per il rien­tro a scuo­la, come chie­dia­mo da set­ti­ma­ne per tut­to il resto, non si potrà pre­scin­de­re da un uso capil­la­re dei tam­po­ni per testa­re le per­so­ne e iso­la­re quel­le posi­ti­ve al Coro­na­vi­rus. Sono indi­spen­sa­bi­li, soprat­tut­to alla luce del fat­to che ria­pri­re le scuo­le signi­fi­che­rà movi­men­ta­re ogni gior­no dodi­ci milio­ni di per­so­ne, tra stu­den­ti, per­so­na­le e fami­glie.    

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