La sospensione delle ONG che portano aiuti a Gaza è l’ennesima vergogna di Israele

Limitare o bloccare il loro operato comprometterebbe gravemente l’accesso a cure sanitarie, cibo, acqua, ripari e servizi essenziali, proprio mentre oltre 1,6 milioni di persone a Gaza affrontano livelli critici di insicurezza alimentare e l’inverno aggrava una situazione già drammatica. Questo passaggio rappresenta l’ennesimo attacco israeliano contro qualunque organizzazione difenda il diritto internazionale e, di conseguenza, i diritti del popolo palestinese.

Israe­le ha annun­cia­to che dal 1° gen­na­io sospen­de­rà le licen­ze di 37 ONG inter­na­zio­na­li ope­ran­ti a Gaza e in Cisgior­da­nia, tra cui alcu­ne del­le prin­ci­pa­li orga­niz­za­zio­ni uma­ni­ta­rie glo­ba­li come Medi­ci Sen­za Fron­tie­re, Oxfam, CARE, NRC, IRC, World Vision e Cari­tas e l’italiana WeWorld. La deci­sio­ne riguar­da le ONG che non han­no com­ple­ta­to la regi­stra­zio­ne secon­do nuo­ve linee gui­da intro­dot­te dal gover­no israe­lia­no a mar­zo, che richie­do­no un’ampia con­di­vi­sio­ne di dati orga­niz­za­ti­vi e per­so­na­li, inclu­si elen­chi det­ta­glia­ti del­lo staff pale­sti­ne­se e inter­na­zio­na­li. Come sa chi ope­ra in Pale­sti­na, comu­ni­ca­re tali infor­ma­zio­ni met­te in serio peri­co­lo l inco­lu­mi­tà del­lo staff pale­sti­ne­se e del­le loro famiglie.

Le nuo­ve rego­le con­sen­to­no di nega­re la regi­stra­zio­ne per moti­vi mol­to ampi, tra cui pre­sun­te posi­zio­ni poli­ti­che con­si­de­ra­te osti­li a Israe­le o lega­mi indi­ret­ti con cam­pa­gne di boi­cot­tag­gio. Israe­le giu­sti­fi­ca tali misu­re accu­san­do le orga­niz­za­zio­ni inter­na­zio­na­li o sin­go­li indi­vi­dui (vedi caso ita­lia­no o simi­li accu­se a UNRWA, per cui l’Italia ha subi­to taglia­to i fon­di all’a­gen­zia, fin­ché non è sta­to pro­va­to che fos­se tut­to fal­so) di atti­vi­tà ter­ro­ri­sti­che, come spes­so suc­ce­de sen­za alcu­na pro­va cer­ta. Tut­te que­ste accu­se sono respin­te con for­za dal­le orga­niz­za­zio­ni coin­vol­te. Le orga­niz­za­zio­ni inter­na­zio­na­li e le Nazio­ni Uni­te avver­to­no che la revo­ca del­le licen­ze ren­de­reb­be di fat­to impos­si­bi­le ope­ra­re a Gaza, poi­ché l’accesso pas­sa neces­sa­ria­men­te dal coor­di­na­men­to con le auto­ri­tà israe­lia­ne e l’uscita via Egit­to non è attual­men­te praticabile.

L’ONU ha chie­sto a Israe­le di ricon­si­de­ra­re la deci­sio­ne, sot­to­li­nean­do che le ONG inter­na­zio­na­li sono una com­po­nen­te essen­zia­le del­le ope­ra­zio­ni sal­va­vi­ta. Anche un grup­po di die­ci mini­stri degli Este­ri – tra cui Regno Uni­to, Fran­cia, Ger­ma­nia, Cana­da, Giap­po­ne e Pae­si nor­di­ci – ha espres­so for­te pre­oc­cu­pa­zio­ne, avver­ten­do che la dere­gi­stra­zio­ne del­le ONG potreb­be por­ta­re alla chiu­su­ra di un ter­zo del­le strut­tu­re sani­ta­rie anco­ra ope­ra­ti­ve a Gaza, in un con­te­sto uma­ni­ta­rio già defi­ni­to “cata­stro­fi­co”.

Limi­ta­re o bloc­ca­re il loro ope­ra­to com­pro­met­te­reb­be gra­ve­men­te l’accesso a cure sani­ta­rie, cibo, acqua, ripa­ri e ser­vi­zi essen­zia­li, pro­prio men­tre oltre 1,6 milio­ni di per­so­ne a Gaza affron­ta­no livel­li cri­ti­ci di insi­cu­rez­za ali­men­ta­re e l’inverno aggra­va una situa­zio­ne già drammatica.

Que­sto pas­sag­gio rap­pre­sen­ta l’ennesimo attac­co israe­lia­no con­tro qua­lun­que orga­niz­za­zio­ne difen­da il dirit­to inter­na­zio­na­le e, di con­se­guen­za, i dirit­ti del popo­lo pale­sti­ne­se, pren­den­do di mira chi met­te in discus­sio­ne le poli­ti­che del­lo Sta­to di Israe­le, un siste­ma di oppres­sio­ne e di apar­theid. Accu­se di ter­ro­ri­smo e anti­se­mi­ti­smo ven­go­no uti­liz­za­te in modo stru­men­ta­le per dele­git­ti­ma­re il lavo­ro uma­ni­ta­rio e per col­pi­re chi ope­ra nei ter­ri­to­ri occupati.

Chi lavo­ra sul cam­po assi­ste a que­sti attac­chi da decen­ni: misu­re ammi­ni­stra­ti­ve, restri­zio­ni ope­ra­ti­ve, cam­pa­gne di dele­git­ti­ma­zio­ne che ridu­co­no pro­gres­si­va­men­te la capa­ci­tà di inter­ven­to del­le orga­niz­za­zio­ni inter­na­zio­na­li. In pas­sa­to, tali azio­ni veni­va­no quan­to­me­no con­te­sta­te dal­la comu­ni­tà inter­na­zio­na­le, che riu­sci­va in par­te a limi­tar­ne gli effet­ti. Oggi, inve­ce, sem­pre più spes­so gli Sta­ti occi­den­ta­li non solo le accet­ta­no, ma fini­sco­no per asse­con­dar­le, adot­tan­do un approc­cio com­pli­ce e repres­si­vo anche sul ter­ri­to­rio europeo.

Que­sto sche­ma non si limi­ta ai Ter­ri­to­ri Pale­sti­ne­si Occu­pa­ti, ma vie­ne espor­ta­to anche in Euro­pa, dove le stes­se logi­che ven­go­no appli­ca­te con­tro atti­vi­sti e difen­so­ri dei dirit­ti uma­ni, come dimo­stra il caso di Mah­moud Han­noun. Un’evoluzione gra­ve, che con­tri­bui­sce a restrin­ge­re ulte­rior­men­te lo spa­zio civi­co e uma­ni­ta­rio e a nor­ma­liz­za­re pra­ti­che incom­pa­ti­bi­li con il dirit­to inter­na­zio­na­le e con i valo­ri che l’Europa dichia­ra di difendere.

Tut­to que­sto avvie­ne men­tre Israe­le com­met­te un geno­ci­dio, che vie­ne sem­pre più nor­ma­liz­za­to e fat­to rien­tra­re nel cosid­det­to “pro­ces­so di pace”, impo­sto alla popo­la­zio­ne pale­sti­ne­se sem­pre più oppressa.

Pos­si­bi­le Palestina

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