Giornata mondiale contro l’AIDS, un invito ad assumerci una responsabilità collettiva

Parlare di HIV significa parlare di conoscenza, autodeterminazione, dignità. E soprattutto significa ribadire che nessuna persona deve sentirsi sola o abbandonata.

Nel 2024 in Ita­lia sono sta­te regi­stra­te 2.379 nuo­ve dia­gno­si di HIV e 450 nuo­vi casi di AIDS. Nume­ri che si accom­pa­gna­no ad un feno­me­no che con­ti­nua a pre­oc­cu­par­ci: mol­te di que­ste dia­gno­si arri­va­no tar­di. Non per man­can­za di atten­zio­ne da par­te del­le per­so­ne, ma per­ché il nostro Pae­se non garan­ti­sce anco­ra un’informazione chia­ra, capil­la­re e acces­si­bi­le sul­la salu­te ses­sua­le, né con­di­zio­ni che ren­da­no sem­pli­ce e natu­ra­le il ricor­so ai test o ai per­cor­si di prevenzione.

La real­tà è che, men­tre si par­la costan­te­men­te di “emer­gen­za edu­ca­ti­va”, la poli­ti­ca con­ti­nua a igno­ra­re ciò che dav­ve­ro ser­ve a crea­re con­sa­pe­vo­lez­za: per­cor­si seri e lai­ci di edu­ca­zio­ne alle dif­fe­ren­ze, all’affettività e alla ses­sua­li­tà in tut­te le scuo­le. Le nuo­ve gene­ra­zio­ni cre­sco­no sen­za stru­men­ti, sen­za lin­guag­gi ade­gua­ti, sen­za una cul­tu­ra che nor­ma­liz­zi la salu­te ses­sua­le come par­te inte­gran­te del benes­se­re di tutt*. E così l’HIV resta un feno­me­no rea­le ma poco discus­so, con­fi­na­to ai mar­gi­ni di un dibat­ti­to pub­bli­co che spes­so pre­fe­ri­sce evi­tar­lo. In altre paro­le, resta tabù, e le per­so­ne sie­ro­coin­vol­te con­ti­nua­no a paga­re il prez­zo del­lo stigma.

Nel frat­tem­po, sono le asso­cia­zio­ni nei ter­ri­to­ri a por­ta­re avan­ti il lavo­ro più impor­tan­te: costrui­re infor­ma­zio­ne, offri­re sup­por­to, orga­niz­za­re test, orien­ta­re le per­so­ne ai ser­vi­zi, crea­re luo­ghi dove par­la­re di salu­te ses­sua­le sia pos­si­bi­le e non ecce­zio­na­le. La loro pre­sen­za sop­pe­ri­sce a un vuo­to poli­ti­co che non dovreb­be esistere.

Come Pos­si­bi­le e Pos­si­bi­le LGBTI+ con­ti­nuia­mo a chie­de­re che la salu­te ses­sua­le deb­ba tor­na­re al cen­tro del­le poli­ti­che pub­bli­che. Signi­fi­ca intro­dur­re per­cor­si for­ma­ti­vi strut­tu­ra­ti nel­le scuo­le e dif­fon­de­re la cul­tu­ra del­la pre­ven­zio­ne come par­te del­la vita quo­ti­dia­na, non come un gesto corag­gio­so. Signi­fi­ca garan­ti­re l’accesso gra­tui­to ai con­trac­cet­ti­vi e ai pre­ser­va­ti­vi per le per­so­ne under 30, e ren­de­re dav­ve­ro acces­si­bi­le la PrEP, che in mol­ti Pae­si euro­pei ha già dimo­stra­to di ridur­re dra­sti­ca­men­te le nuo­ve dia­gno­si. E signi­fi­ca inve­sti­re in cam­pa­gne di infor­ma­zio­ne con­ti­nua­ti­ve, non ini­zia­ti­ve spo­ra­di­che lega­te a una data sul calendario.

Non abbia­mo biso­gno di reto­ri­ca né di mora­li­smi. Abbia­mo biso­gno di una poli­ti­ca che rico­no­sca che la salu­te è liber­tà e digni­tà, che la pre­ven­zio­ne è un dirit­to e che l’accesso agli stru­men­ti per eser­ci­tar­lo deve esse­re sem­pli­ce e garan­ti­to. Il 1° dicem­bre non è una paren­te­si: è il pro­me­mo­ria annua­le di ciò che dovrem­mo fare tut­to l’anno e che, inve­ce, anco­ra non facciamo.

Par­la­re di HIV signi­fi­ca par­la­re di cono­scen­za, auto­de­ter­mi­na­zio­ne, digni­tà. E soprat­tut­to signi­fi­ca riba­di­re che nes­su­na per­so­na deve sen­tir­si sola o abbandonata.

Gian­mar­co Capogna

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