È ora di portare il Clima in cima alle priorità. E di votarlo.

Quan­do, la mat­ti­na del 4 mag­gio 2014, Seni­gal­lia si ritro­vò coper­ta da acqua e fan­go, dis­se­ro che era sta­ta una tra­gi­ca fata­li­tà, un even­to impre­ve­di­bi­le, una bom­ba d’acqua ano­ma­la, qual­co­sa che avvie­ne ogni 70/80 anni. Quei 70/80 anni tra­scor­se­ro più velo­ci del pre­vi­sto e il 15 set­tem­bre del 2022 Seni­gal­lia fu di nuo­vo som­mer­sa da acqua e fan­go, con dimen­sio­ni anco­ra più ampie e devastanti.

Nel frat­tem­po non c’è sta­ta par­te d’Italia che non abbia cono­sciu­to la for­za distrut­tri­ce del­la natu­ra e l’impotenza dell’uomo di fron­te ad essa.

Cosa si è fat­to? Nulla. 

Dete­sto la nar­ra­zio­ne degli “ange­li del fan­go” che pun­tual­men­te arri­va dopo la tra­ci­ma­zio­ne: quel­la dei gio­va­ni che col sor­ri­so sul viso e la pala in mano arri­va­no ad aiu­ta­re le vit­ti­me, non del­la Natu­ra, ma del (poco) Sapiens.

E non per­ché abbia qual­co­sa con­tro la gene­ro­si­tà dei ragaz­zi e del­le ragaz­ze, che pun­tual­men­te dimo­stra­no di esse­re mol­to meglio di come li rac­con­ta­no. La dete­sto per­ché si vuo­le cer­ca­re un lie­to fine che non c’è e di cui non si vede nean­che l’ombra. La dete­sto per­ché si disto­glie l’attenzione dal­le respon­sa­bi­li­tà, dai ritar­di dei soc­cor­si, dal­lo Sta­to lon­ta­no, dagli ammi­ni­stra­to­ri con respon­sa­bi­li­tà più gran­di di loro, dal­la tra­ge­dia imma­ne che si river­sa sul­le fami­glie, dal­la dispe­ra­zio­ne che spes­so non vede fine, dal­la tota­le soli­tu­di­ne in cui si ver­rà lascia­ti una vol­ta che i gio­va­ni col sor­ri­so sul viso e la pala in mano saran­no tor­na­ti a casa, i riflet­to­ri si saran­no spen­ti e ci si fin­ge­rà di stu­pir­si del nuo­vo “feno­me­no raro e impre­ve­di­bi­le” che col­pi­rà da un’altra parte.

Nel frat­tem­po c’è chi con­ti­nua a fare lo spi­ri­to­so, chi con­ti­nua a nega­re i cam­bia­men­ti cli­ma­ti­ci, a dirot­ta­re fon­di su altre “prio­ri­tà”, a riman­da­re deci­sio­ni che non sono più rimandabili.

E men­tre c’è chi par­la di “nor­ma­le cal­do esti­vo, lo zero ter­mi­co, cioè l’altitudine alla qua­le la tem­pe­ra­tu­ra nel­la libe­ra atmo­sfe­ra è di 0°C, in Ita­lia ha rag­giun­to un nuo­vo record: se nel­le Alpi nor­mal­men­te il gra­do zero in esta­te si rag­giun­ge a quo­ta 3800 metri, l’altra not­te è sta­to rag­giun­to a 5328 metri. Signi­fi­ca che per arri­va­re a tro­va­re la tem­pe­ra­tu­ra di zero gra­di Cel­sius, quin­di il ghiac­cio (quei ghiac­ciai che veni­va­no con­si­de­ra­ti “peren­ni”), biso­gna sali­re 1800 metri più in su. Vuol dire che al di sot­to di 5328 metri è trop­po cal­do e si scio­glie tut­to. E già sap­pia­mo qua­li sono le tra­gi­che con­se­guen­ze del­lo scio­gli­men­to dei ghiac­ciai dai crol­li e le fra­ne, all’innalzamento del livel­lo dei mari. E in un Pae­se come l’Italia, in fat­to di ter­ri­to­ri mon­tuo­si e costie­ri, fare gli spi­ri­to­si, nega­re l’emergenza cli­ma­ti­ca o ridi­co­liz­zar­la è da criminali. 

Soste­ne­re for­ze poli­ti­che che smi­nui­sco­no la por­ta­ta dei cam­bia­men­ti cli­ma­ti­ci vuol dire ren­der­si com­pli­ci di uno Sta­to che sta deli­be­ra­ta­men­te met­ten­do a rischio la vita dei pro­pri cit­ta­di­ni e cit­ta­di­ne. Quel­la “sicu­rez­za a casa nostra”, che tan­to pia­ce alle for­ze di destra, vie­ne sman­tel­la­ta in pochi minu­ti dal­la for­za dell’acqua. Quei “con­fi­ni da pro­teg­ge­re” non esi­ste­ran­no più. 

E men­tre le for­ze poli­ti­che non han­no il corag­gio di pren­de­re le deci­sio­ni neces­sa­rie, i costi del non fare nien­te sono tut­ti a cari­co del­le per­so­ne, che devo­no rial­zar­si da sole, con fon­di sem­pre insuf­fi­cien­ti e tar­di­vi e, spes­so, mal distri­bui­ti dopo com­pli­ca­te e cer­vel­lo­ti­che pro­ce­du­re buro­cra­ti­che. Viven­do con la pau­ra che l’incubo rico­min­ci ogni vol­ta che pio­ve. O se non pio­ve abba­stan­za. O se arri­va la gran­di­ne gran­de come pal­li­na da ten­nis a rom­pe­re tut­to. O il ven­to che diven­ta tempesta.

Non c’è nul­la che ormai si può dire impre­ve­di­bi­le. E in cima alle faci­li pre­vi­sio­ni c’è la cer­tez­za che le cose peg­gio­re­ran­no fino al pun­to di non ritor­no se con­ti­nue­re­mo a far deci­de­re chi non deci­de, in Ita­lia, in Euro­pa, nel Mondo. 

Pri­ma dell’inizio del­la pros­si­ma esta­te si rin­no­ve­rà il Par­la­men­to Euro­peo. Non pos­sia­mo per­met­ter­ci che le for­ze che nega­no i cam­bia­men­ti cli­ma­ti­ci assu­ma­no la gui­da di un’Istituzione così cen­tra­le per la vita di tut­te e tut­ti noi. Dob­bia­mo sen­tir­ci chia­ma­ti a mobi­li­tar­ci per con­tra­sta­re la peri­co­lo­sa onda nega­zio­ni­sta che si dif­fon­de. Già da subi­to. Fare rete tra noi e chi fa altret­tan­to negli altri Pae­si Euro­pei. Strin­ge­re allean­ze, met­ter­ci la fac­cia, la testa, il cuo­re. Ne va del futu­ro nostro e, soprat­tut­to, del­le gio­va­ni generazioni. 

Chi vuo­le dare una mano si fac­cia avan­ti, por­ti le sue idee e la sua dispo­ni­bi­li­tà a can­di­dar­si e a soste­ne­re poli­ti­che cli­ma­ti­che deci­se e corag­gio­se. Non è più tem­po di dele­ga­re a chi non sa e non rie­sce a pren­de­re le deci­sio­ni neces­sa­rie. È ora di por­ta­re il Cli­ma in cima alle prio­ri­tà. E di votarlo.

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