Toscana Possibile: l’autonomia differenziata aumenta le disuguaglianze

Possibile Toscana ribadisce la propria ferma opposizione ad una riforma che, dietro il paravento di una (presunta) più efficiente ripartizione di competenze tra Stato e Regioni, è invece destinata ad approfondire divari e disuguaglianze. Se la sintonia con il Ministro Calderoli sul tema non ci sorprende, riteniamo grave che a poco più di un mese dalle elezioni il PD si accodi a un’iniziativa che comporterebbe una profonda modifica dell’assetto istituzionale.

Il Pre­si­den­te del­la Regio­ne Tosca­na, Euge­nio Gia­ni, ha rei­te­ra­to l’apertura entu­sia­sti­ca all’attuazione dell’autonomia dif­fe­ren­zia­ta ver­so cui cor­re ad ampie fal­ca­te il neo-inse­dia­to Gover­no Melo­ni. Pos­si­bi­le Tosca­na riba­di­sce la pro­pria fer­ma oppo­si­zio­ne ad una rifor­ma che, die­tro il para­ven­to di una (pre­sun­ta) più effi­cien­te ripar­ti­zio­ne di com­pe­ten­ze tra Sta­to e Regio­ni, è inve­ce desti­na­ta ad appro­fon­di­re diva­ri e disu­gua­glian­ze. Se la sin­to­nia con il Mini­stro Cal­de­ro­li sul tema non ci sor­pren­de, rite­nia­mo gra­ve che a poco più di un mese dal­le ele­zio­ni il PD si acco­di a un’iniziativa che com­por­te­reb­be una pro­fon­da modi­fi­ca dell’assetto isti­tu­zio­na­le, desti­na­ta a spez­za­re il Pae­se e a stra­vol­ge­re la let­te­ra del­la Costituzione. 

Le ragio­ni del nostro no all’autonomia dif­fe­ren­zia­ta muo­vo­no da un prin­ci­pio gene­ra­le, quel­lo per cui i dirit­ti dei cit­ta­di­ni non dipen­do­no dal ter­ri­to­rio di resi­den­za. Ci sem­bra che da quan­do il Gover­no Gen­ti­lo­ni, a quat­tro gior­ni dal­le ele­zio­ni poli­ti­che del 2018, avviò un pro­ces­so di attri­bu­zio­ne di mag­gio­re auto­no­mia alle regio­ni (Emi­lia Roma­gna, Lom­bar­dia e Vene­to) che ne ave­va­no fat­to richie­sta ai sen­si dell’art 116 com­ma 3 del­la Costi­tu­zio­ne, que­sto prin­ci­pio gene­ra­le stia vacil­lan­do pericolosamente. 

Da allo­ra nel dibat­ti­to pub­bli­co il tema del­la cosid­det­ta “auto­no­mia dif­fe­ren­zia­ta” ha pre­so sem­pre più spa­zio nel les­si­co poli­ti­co, alla stre­gua del ter­mi­ne — impro­prio — di “gover­na­to­re” per indi­ca­re la pre­si­den­za del­la regio­ne. Espres­sio­ni che si sono impo­ste nell’uso media­ti­co e poli­ti­co, sug­ge­ren­do tut­ta­via una real­tà ben distan­te da quel­la enun­cia­ta nel­la Costituzione. 

Nel­la sto­ria recen­te del nostro Pae­se, i ten­ta­ti­vi di fuga in avan­ti ver­so l’autonomia di sin­go­le regio­ni (come Vene­to e Lom­bar­dia) non sono cer­to man­ca­ti. Dopo la cocen­te scon­fit­ta del­la pars poli­ti­ca che fu intri­ga­ta negli anni Novan­ta dal­la via del­la seces­sio­ne e la boc­cia­tu­ra del­la rifor­ma costi­tu­zio­na­le del 2006, si è dovu­to pren­de­re atto dell’impossibilità di una revi­sio­ne del nostro ordi­na­men­to costi­tu­zio­na­le in sen­so fede­ra­le. La Rifor­ma del Tito­lo V, appro­va­ta nel 2001 da un refe­ren­dum con­fer­ma­ti­vo, ave­va ripor­ta­to il tema dell’autonomia regio­na­le den­tro una cor­ni­ce di decen­tra­men­to ispi­ra­ta dall’art. 5 del­la Costi­tu­zio­ne. Una rifor­ma, quel­la del Tito­lo V, pie­na di pec­che, che han­no inne­sca­to con­ti­nue ten­sio­ni tra Sta­to e Regio­ni, argi­na­te solo dal­la giu­ri­spru­den­za del­la Cor­te Costituzionale. 

Negli ulti­mi anni le riven­di­ca­zio­ni auto­no­mi­ste di Lom­bar­dia e Vene­to han­no incas­sa­to l’appoggio con­vin­to, for­se inspe­ra­to sul pia­no poli­ti­co ed ideo­lo­gi­co, da par­te del Pre­si­den­te del­la Regio­ne Emi­lia-Roma­gna, Ste­fa­no Bonac­ci­ni, e oggi anche del Pre­si­den­te Gia­ni. La richie­sta di mag­gio­ri pote­ri ecce­de tut­ta­via la let­te­ra dell’art. 116, ter­zo com­ma, che pre­ve­de la pos­si­bi­li­tà di attri­bui­re for­me e con­di­zio­ni par­ti­co­la­ri di auto­no­mia alle Regio­ni a sta­tu­to ordi­na­rio in tut­te le mate­rie affi­da­te a com­pe­ten­za legi­sla­ti­va concorrente. 

Noi cre­dia­mo che la riven­di­ca­zio­ne pre­te­stuo­sa del­le sud­det­te regio­ni non sia giu­sti­fi­ca­ta da nes­su­na pecu­lia­ri­tà o diver­si­tà da tene­re in debi­ta con­si­de­ra­zio­ne. Non ci sem­bra casua­le che nel­le pro­po­ste di leg­ge ela­bo­ra­te dal­le regio­ni (dopo aver ini­zial­men­te addi­rit­tu­ra ipo­tiz­za­to, in Vene­to, di trat­te­ne­re nel­le mani del­la regio­ne i nove deci­mi dei tri­bu­ti era­ria­li riscos­si local­men­te) si accet­ti sì di abban­do­na­re l’insopportabile cri­te­rio del­la spe­sa sto­ri­ca, ma si cer­chi di aggan­cia­re tale scel­ta al cri­te­rio dei fab­bi­so­gni stan­dard espres­si dal ter­ri­to­rio, che ine­vi­ta­bil­men­te per­pe­tue­reb­be­ro le spe­re­qua­zio­ni ter­ri­to­ria­li. Il regio­na­li­smo dif­fe­ren­zia­to non deve por­ta­re ad una dif­fe­ren­zia­zio­ne dei dirit­ti su base regio­na­le. Come espli­ci­ta­to dall’art. 120 del­la Costi­tu­zio­ne, i dirit­ti civi­li e socia­li non sono “regio­na­liz­za­bi­li” e devo­no esse­re assi­cu­ra­ti «pre­scin­den­do dai con­fi­ni ter­ri­to­ria­li dei gover­ni locali». 

Cre­dia­mo che, al con­tra­rio, sia neces­sa­rio orien­ta­re l’agire poli­ti­co ver­so una mag­gio­re pere­qua­zio­ne ter­ri­to­ria­le, affin­ché dirit­ti e ser­vi­zi socia­li sia­no pie­na­men­te garan­ti­ti a tut­ta la cit­ta­di­nan­za. La Costi­tu­zio­ne espri­me una dimen­sio­ne socia­le pre­zio­sa, che il pen­sie­ro libe­ri­sta domi­nan­te mal dige­ri­sce. Le dichia­ra­zio­ni del Pre­si­den­te Gia­ni con­fer­ma­no quan­to que­sto pen­sie­ro sia ormai tra­sver­sa­le all’arco poli­ti­co. L’autonomia dif­fe­ren­zia­ta, per come è inter­pre­ta­ta e per come la si vor­reb­be appli­ca­re, è espres­sio­ne di que­sta deri­va, che dei dirit­ti socia­li non vuo­le più sen­tir parlare. 

Tosca­na Possibile

 

 

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