Stop TTIP, la battaglia continui

Stando alle dichiarazioni di Sigmar Gabriel, vicecancelliere e ministro dell’economia Tedesco, i negoziati tra Stati Uniti ed Europa sul TTIP sarebbero falliti, o per lo meno in procinto di fallire. Un risultato che non può che renderci felici, anche se è presto per festeggiare.

«Se si con­fer­me­rà quan­to dice il vice can­cel­lie­re tede­sco Gabriel, sarà una vit­to­ria impor­tan­te di quel­la che è sta­ta una gran­de mobi­li­ta­zio­ne popo­la­re a livel­lo euro­peo, a dimo­stra­zio­ne che quan­do i cit­ta­di­ni si mobi­li­ta­no, infor­man­do e riem­pien­do le piaz­ze, è anco­ra pos­si­bi­le fare pres­sio­ni sui gover­ni e deter­mi­na­re il pro­prio futu­ro. Noi non sia­mo con­tra­ri a qua­lun­que tipo di accor­do, ma l’as­sen­za di tra­spa­ren­za con cui si sono svol­ti i nego­zia­ti, e le rive­la­zio­ni dei leaks, ci han­no con­fer­ma­to che ave­va­mo ragio­ne ad esse­re pre­oc­cu­pa­ti che la dire­zio­ne pre­sa dai nego­zia­ti met­tes­se a repen­ta­glio gli stan­dard di tute­la ambien­ta­le, socia­le, e del­la salu­te, che in UE sono il frut­to di decen­ni di bat­ta­glie e cui non sia­mo dispo­sti a rinun­cia­re. Ora biso­gna vede­re se il nego­zia­to si è dav­ve­ro are­na­to defi­ni­ti­va­men­te, o se il vice­can­cel­lie­re ha espres­so un suo pare­re». (Elly Schlein)
Stan­do alle dichia­ra­zio­ni di Sig­mar Gabriel, vice­can­cel­lie­re e mini­stro dell’economia Tede­sco, i nego­zia­ti tra Sta­ti Uni­ti ed Euro­pa sul TTIP sareb­be­ro fal­li­ti, o per lo meno in pro­cin­to di fal­li­re. Sia­mo pie­na­men­te d’accordo con quan­to dichia­ra­to dall’europarlamentare Elly Schlein: è un risul­ta­to che non può che ren­der­ci feli­ci, anche se è pre­sto per festeggiare.

La pru­den­za, infat­ti, con­si­glie­reb­be di aspet­ta­re a stap­pa­re la bot­ti­glia alme­no fino alla riu­nio­ne dei mini­stri del com­mer­cio degli sta­ti UE che si ter­rà a metà set­tem­bre e che dovreb­be dare indi­ca­zio­ni più pre­ci­se in que­sto sen­so, ma non è tut­to qua.

Lo scon­tro poli­ti­co sul TTIP, infat­ti, è sta­to gio­ca­to su mol­ti fron­ti, con cam­bia­men­ti di schie­ra­men­to lega­ti alle con­ve­nien­ze del momen­to. Se, ad esem­pio, Ber­nie San­ders si è sem­pre dichia­ra­to con­tro a que­sto trat­ta­to, denun­cian­do la scar­sa demo­cra­ti­ci­tà dell’intero pro­ces­so e come una sua appro­va­zio­ne avreb­be aumen­ta­to ulte­rior­men­te il pote­re del­le mul­ti­na­zio­na­li e ridot­to dra­sti­ca­men­te quel­lo dei lavo­ra­to­ri, appa­re chia­ro che è pro­prio gra­zie alla bat­ta­glia del sena­to­re del Ver­mont che Hil­la­ry Clin­ton ha dovu­to cam­bia­re la sua posi­zio­ne in meri­to, pri­ma mol­to meno “radi­ca­le”. Sen­za con­ta­re che anche Trump, seb­be­ne per moti­vi del tut­to diver­si da quel­li di San­ders, ha rila­scia­to dichia­ra­zio­ni con­tra­rie al trat­ta­to di libe­ro scam­bia tran­sa­tlan­ti­co e a due mesi dal­le ele­zio­ni la cosa non può non esse­re sta­ta nota­ta anche dal lato demo­cra­ti­co del­la barricata.

Sì, per­ché il nodo è pro­prio que­sto: la bat­tu­ta di arre­sto nei nego­zia­ti sul TTIP, pur essen­do indub­bia­men­te una noti­zia posi­ti­va, sem­bra qua­si uni­ca­men­te lega­ta ai diver­si momen­ti elet­to­ra­li che nei pros­si­mi mesi inte­res­se­ran­no Sta­ti Uni­ti, Ger­ma­nia e Francia.

Anche in Fran­cia e in Ger­ma­nia, infat­ti, ci si avvi­ci­na alla cam­pa­gna elet­to­ra­le, e se nel lato fran­ce­se le pre­oc­cu­pa­zio­ni di Hol­lan­de sono lega­te non solo alle pro­te­ste di sin­da­ca­ti e agri­col­to­ri, ma anche di una Le Pen che le ha sapu­te caval­ca­re a dove­re, dal lato teu­to­ni­co è evi­den­te che la bat­ta­glia cam­pa­le mes­sa in cam­po dai sin­da­ca­ti e dai Ver­di, con for­te e “rumo­ro­so” sup­por­to da par­te di asso­cia­zio­ni e cit­ta­di­nan­za atti­va, ha “for­za­to” la mano del gover­no Mer­kel su una posi­zio­ne più rigi­da nel brac­cio di fer­ro del­le trattative.

Se quin­di, come appa­re, si trat­ta di posi­zio­na­men­ti tat­ti­ci in vista del­le tor­na­te elet­to­ra­li che aspet­ta­no que­sti pae­si, è bene tene­re la guar­dia mol­to alta.

Non sarem­mo sor­pre­si, infat­ti, se il TTIP che stia­mo dan­do per mor­to, o più pro­ba­bil­men­te una ver­sio­ne rive­du­ta e aggior­na­ta del­lo stes­so, risor­ges­se mira­co­lo­sa­men­te una vol­ta con­clu­sa­si la fase di incer­tez­za lega­ta alle elezioni.

Ciò che appa­re immu­ta­bi­le, inve­ce, è la posi­zio­ne del gover­no ita­lia­no, che ha più vol­te espres­so il suo tota­le accor­do, a pre­scin­de­re da tut­to e da, come testi­mo­nia­no le dichia­ra­zio­ni di Ren­zi e Calen­da. La soli­ta figu­ra, insomma.

Se voglia­mo per­ciò che un even­tua­le trat­ta­to di libe­ro scam­bio tra UE e Sta­ti Uni­ti sia basa­to su stan­dard alti, sia nel­la qua­li­tà dei pro­dot­ti scam­bia­ti, che nei dirit­ti dei lavo­ra­to­ri e nel coin­vol­gi­men­to demo­cra­ti­co dei cit­ta­di­ni nei pro­ces­si deci­sio­na­li, dob­bia­mo con­ti­nua­re a vigi­la­re per­ché le poli­ti­che dell’Unione Euro­pea, e nel nostro caso dell’Italia, vada­no in que­sto sen­so. Nes­su­na garan­zia di dirit­to e di eser­ci­zio del­la giu­sti­zia può esse­re elu­sa o sor­pas­sa­ta. Ci tenia­mo ai dirit­ti, in ogni caso, soprat­tut­to in un mon­do glo­ba­liz­za­to, dove van­no scomparendo.

Altri­men­ti lo stop al TTIP, che oggi sem­bra a por­ta­ta di mano, sarà solo una vit­to­ria di Pirro.

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