Abbiamo partecipato alla presentazione del libro “Proibizionismo, Criminalità, Corruzione” a cura di Maria Antonietta Farina Coscioni e Carla Rossi, alla presenza del presidente emerito della Corte Costituzionale ed ex Ministro della Giustizia Giovanni Maria Flick.
In un cantiere parlamentare aperto, come quello sulla legalizzazione della cannabis, la lettura di questo testo diventa preziosa, perché all’approccio ideologico del proibizionismo contrappone la serietà e l’umiltà operosa del metodo scientifico. Conoscere i dati, avere davanti le informazioni, le statistiche, gli studi aiuta il decisore politico onesto ad assumersi la responsabilità di una rivoluzione dolce ma necessaria. Come ha opportunamente sottolineato il Dott. Polidori, dirigente del SERT di Forlì, il mercato delle droghe funziona per sostituzione, quindi ogni vuoto provocato dal proibizionismo sarà riempito sempre da nuovi prodotti, non catalogati, pericolosi, clandestini.
Giovanni Maria Flick ha fatto un parallelo molto efficace sul trattamento che il legislatore riserva ai migranti che fanno ingresso illegale nel territorio nazionale (reato inutile e dannoso, perché impedisce a quelle persone di essere sentite come testimoni per combattere il traffico di esseri umani, essendo essi stessi assoggettati a sanzione penale) e ai tossicodipendenti. In entrambi i casi prevale l’ideologia proibizionista, la subalternità del legislatore al sentire comune, la cultura della paura e della emarginazione del diverso, che ci rassicura nella nostra identità ma ci allontana inesorabilmente da quella “pari dignità sociale” che l’art. 3 comma 2 della nostra Costituzione pone a fondamento della res-publica.
Non a caso le carceri sono abitate da un 30% di immigrati “clandestini”, un 30% di tossicodipendenti e un altro 30% di recidivi: il fallimento del sistema penale, l’effetto della miopia e dell’ipocrisia del legislatore.
“Pari dignità sociale” e “laicità” (intesa come rispetto reciproco) sono il nucleo primario e irriducibile, la sintesi estrema ed intima della Carta, rispettivamente sotto il profilo sostanziale e metodologico. Ecco allora l’invito ad approfondire i dati e le analisi, ad aprire gli occhi sulla realtà, a mangiare metaforicamente la mela della conoscenza per non imbarbarire e inaridire il dibattito.
Basterebbe una seria valutazione dell’impatto della regolamentazione per capire che il proibizionismo normativo è fallito (storicamente basterebbe esaminare i dati relativi al proibizionismo degli alcoolici). Ecco allora il senso profondo delle parole di Marco Pannella, riportate nella quarta di copertina del libro: “Proibire con la violenza un consumo che la coscienza sociale invece richiede, tollera o esalta, significa respingere nell’illegalità masse immense di cittadini, e creare le condizioni per l’impero dell’industria delinquenziale dei profitti più neri, incontrollati, selvaggi; significa far muovere come pesci nell’acqua dell’illegalità di tutti, i criminali organizzati.”
Giuseppe Civati e Andrea Maestri