Palestina. I “se” e i “ma” di cui abbiamo bisogno

Ormai siamo abituati a leggere le dichiarazioni dei politici nei momenti di crisi. Si pongono, sotto i riflettori, a fianco di qualcuno, che sia una persona fisica, una popolazione, uno Stato sovrano, “senza se e senza ma”.

Ormai sia­mo abi­tua­ti a leg­ge­re le dichia­ra­zio­ni dei poli­ti­ci nei momen­ti di crisi.

Si pon­go­no, sot­to i riflet­to­ri, a fian­co di qual­cu­no, che sia una per­so­na fisi­ca, una popo­la­zio­ne, uno Sta­to sovra­no, “sen­za se e sen­za ma”.

Io cre­do che una del­le ragio­ni più pro­fon­de del­la spi­ra­le di vio­len­za glo­ba­le nel­la qua­le stia­mo spro­fon­dan­do sia pro­prio l’assenza di “se” e di “ma”.

La scom­par­sa del pen­sie­ro cri­ti­co, l’incapacità di ave­re una visio­ne obiet­ti­va, o, peg­gio, la con­sa­pe­vo­le scel­ta cini­ca di vede­re solo un pez­zo, solo una par­te, quel che si vuo­le vede­re, quel che fa comodo.

Così anche per l’attacco ter­ro­ri­sti­co di Hamas a Israe­le, soprat­tut­to ai civi­li israeliani.

Che va con­dan­na­to nel modo più lim­pi­do e tra­spa­ren­te pos­si­bi­le, ma non pren­den­do posi­zio­ni “sen­za se e sen­za ma”.

I “se” e i “ma” sono infiniti.

Chiun­que segua le dolo­ro­se vicen­de del Medio Orien­te sa che la carat­te­ri­sti­ca prin­ci­pa­le dell’ultimo gover­no Neta­nya­hu è la pre­sen­za di par­ti­ti estre­mi­sti, dichia­ra­ta­men­te raz­zi­sti, che dovrem­mo chia­ma­re fasci­sti e se non lo fac­cia­mo è per una sor­ta di incon­scio rispet­to per quel che ha pati­to il popo­lo ebrai­co dai fasci­sti ori­gi­na­li. Chiun­que segua gli account social che dif­fon­do­no fil­ma­ti dal­la regio­ne sa che da mesi i colo­ni israe­lia­ni, i più estre­mi­sti di tut­ti, stan­no com­met­ten­do omi­ci­di mira­ti, veri e pro­pri pogrom (altro ter­mi­ne che non abbia­mo il corag­gio di usa­re), vio­len­ze quo­ti­dia­ne nei con­fron­ti di quel­lo che è un popo­lo, quel­lo pale­sti­ne­se, sot­to occu­pa­zio­ne mili­ta­re, e che tut­to que­sto acca­de nel­la più tota­le ed esi­bi­ta (con sel­fie e reel) impunità.

Chiun­que abbia un mini­mo di memo­ria sto­ri­ca ricor­da che l’omicidio di Yitz­hak Rabin, for­se la più effi­ca­ce azio­ne con­tro il pro­ces­so di pace, è sta­to com­mes­so da un colo­no israe­lia­no estre­mi­sta, e non cer­to da un palestinese. 

Chiun­que sia atten­to, quin­di, a quel che suc­ce­de lag­giù sape­va che tut­to que­sto avreb­be por­ta­to volon­ta­ri ad Hamas e con­sen­so a una pre­ve­di­bi­le (ma non in que­sti ter­mi­ni) rispo­sta vio­len­ta, a una vendetta.

Qui sia­mo in un pez­zo di mon­do che è la patria del semi­na­re ven­to e rac­co­glie­re tem­pe­sta, anzi, qui si semi­na diret­ta­men­te tem­pe­sta e si rac­co­glie l’indicibile, come le ragaz­ze e i ragaz­zi israe­lia­ni e paci­fi­sti, mas­sa­cra­ti e rapi­ti men­tre bal­la­va­no nel deserto. 

La pri­ma con­se­guen­za a que­sto mas­sa­cro ter­ro­ri­sta è sta­ta un altro mas­sa­cro, con bom­be sui civi­li e sugli ospe­da­li a Gaza.

Cosa suc­ce­de­rà ora non lo sap­pia­mo, pro­ba­bil­men­te un attac­co israe­lia­no via ter­ra a Gaza, con la tra­gi­ca inco­gni­ta sui rapi­ti, tro­fei da esi­bi­re media­ti­ca­men­te ma anche scu­di umani.

L’orrore infi­ni­to, insom­ma, altri mor­ti, altro strazio. 

Il tut­to in uno sce­na­rio inter­na­zio­na­le che è già uno sce­na­rio di guer­ra, in Euro­pa, con posi­zio­ni pre­se “sen­za se e sen­za ma”, e con atto­ri ester­ni alla que­stio­ne, non demo­cra­ti­ci, non rispet­to­si dei dirit­ti uma­ni, come l’Iran che appog­gia Hamas anche per met­te­re in dif­fi­col­tà l’Arabia Sau­di­ta, che inve­ce si sta avvi­ci­nan­do a Israele. 

I “se” e i “ma”, dice­vo, sen­za anda­re trop­po indietro.

Se la comu­ni­tà inter­na­zio­na­le aves­se con­dan­na­to le vio­len­ze di sta­to e soprat­tut­to l’impunità degli estre­mi­sti a dan­no dei civi­li pale­sti­ne­si, for­se que­sti non tro­ve­reb­be­ro rifu­gio nel ter­ro­ri­smo di Hamas.

Se qual­cu­no si fos­se accor­to del­le pro­te­ste di piaz­za degli israe­lia­ni con­tro le nor­me volu­te da Neta­nya­hu per sot­to­met­te­re il pote­re giu­di­zia­rio a quel­lo del gover­no e con­tem­po­ra­nea­men­te sal­va­re sé stes­so dai pro­ces­si per cor­ru­zio­ne, igno­ra­te dai media e dal­la poli­ti­ca inter­na­zio­na­le, deru­bri­ca­te a que­stio­ne inter­na men­tre era una que­stio­ne che ci inte­res­sa tut­ti per­ché un gover­no sen­za con­trap­pe­si in una regio­ne esplo­si­va riguar­da la sicu­rez­za glo­ba­le, for­se qual­che limi­te se lo sareb­be­ro dato.

Se qual­cu­no aves­se osa­to dire che qui si sta soste­nen­do l’occupante, sen­za dare alcu­na via d’uscita all’occupato, con un ribal­ta­men­to cla­mo­ro­so di otti­ca rispet­to alla guer­ra in Ucrai­na, for­se, come già det­to, l’occupato non pren­de­reb­be in con­si­de­ra­zio­ne il terrorismo.

O meglio, per dir­la glo­bal­men­te, se si ragio­nas­se un atti­mo si soster­reb­be un pro­ces­so di pace e si soster­reb­be­ro con for­za le per­so­ne, israe­lia­ne e pale­sti­ne­si, che voglio­no la pace, e che sono in mino­ran­za, som­mer­se e sopraf­fat­te dal­le vio­len­ze e dall’odio pro­fon­do che rego­la le ven­det­te reci­pro­che appa­ren­te­men­te sen­za fine.

Di “se” e di “ma” abbia­mo un dispe­ra­to biso­gno, in Pale­sti­na come in Ucraina.

È con i “se” e i “ma” che si per­se­gue la pace, se li eli­mi­nia­mo otte­nia­mo solo pro­pa­gan­da e guer­ra infinita.

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