All’interno degli emendamenti proposti al cosiddetto “Milleproroghe”, è compreso anche il n. 13.183 della I Commissione Permanente (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni), firmato da Claudio Borghi e altri parlamentari della Lega, con l’obiettivo di bloccare la verifica preventiva dell’interesse archeologico (con l’esclusione delle aree già sottoposte a tutela). Un’operazione che trasuda disinteresse quando non vera e propria insofferenza per il nostro patrimonio culturale e per la cura con cui è necessario approcciarsi a un territorio come quello italiano, la cui ricchezza di storia è vista come un intralcio ai lavori in corso, invece della risorsa che dovrebbe essere.
Senza dimenticare che gli interventi di archeologia preventiva costituiscono, oltre a una necessità, anche un bacino di lavoro per migliaia di specialisti del settore che verrebbe cancellato da un giorno all’altro, lasciando un vuoto di tutela del patrimonio e di posti di lavoro.
Ci uniamo all’allarme lanciato dalle associazioni del settore Archeologia, condividendo il loro comunicato congiunto e sottolineando come sia cruciale evitare l’approvazione di questo emendamento la cui unica ragione d’essere è eliminare verifiche preventive che sono sempre state trattate come fastidiosi intoppi e rallentamenti, dimenticando o fingendo di non vedere che proprio la loro natura preventiva permette di modificare e adattare progetti alle condizioni esistenti, evitando costi molto più elevati e stop prolungati in corso d’opera. Ci auguriamo che l’emendamento non venga approvato: in caso contrario, ci perderemmo tutti, nessuno escluso.
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Le sottoscritte Associazioni aderenti al Tavolo di coordinamento delle sigle del settore Archeologia — rappresentative della PA, delle professioni, delle imprese -, esprimono profondo allarme riguardo alla proposta di emendamento n. 13.183 della I Commissione Permanente (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni), contenuto all’interno del documento che raccoglie gli emendamenti proposti per il cosiddetto “Decreto Milleproroghe “(D.l. 31 dicembre 2020, n. 183 ), che riguarda una modifica al comma 1 dell’art. 25 del D.Lgs. 50 del 18 aprile 2016 (Verifica preventiva dell’interesse archeologico) a firma degli On. Silvana Andreina COMAROLI, Massimo GARAVAGLIA, Giuseppe Ercole BELLACHIOMA, Claudio BORGHI, Vanessa CATTOI, Emanuele CESTARI, Rebecca FRASSINI, Vannia GAVA, Paolo PATERNOSTER, tutti del Gruppo parlamentare LEGA – SALVINI PREMIER.
L’emendamento in oggetto chiede che “per l’attuazione dei contratti disciplinati dal decreto Legislativo 18 aprile 2016 n. 50, i cui lavori non siano stati avviati alla data di entrata in vigore della presente disposizione e fino alla data del 31 dicembre 2025, la verifica preventiva dell’interesse archeologico, di cui all’articolo 25 comma 1 del, decreto Legislativo 18 aprile 2016 n. 50, è necessaria solo per le aree soggette a specifica tutela negli interventi urbanistici. Per i casi non ricompresi nel precedente periodo è sufficiente l’autocertificazione a firma di un progettista abilitato”.
L’articolo 25 del DL 50/2016, deriva dall’Articolo 28 del DL 42/2004 che al comma 4 recita:
“In caso di realizzazione di lavori pubblici ricadenti in aree di interesse archeologico, anche quando per esse non siano intervenute la verifica di cui all’articolo 12, comma 2, o la dichiarazione di cui all’articolo 13, il soprintendente può richiedere l’esecuzione di saggi archeologici preventivi sulle aree medesime a spese del committente”.
Tutto ciò discende dal principio indicato dall’articolo 9 della Costituzione Italiana, che indica come interesse prioritario della Nazione la tutela del patrimonio archeologico, e dalla Convenzione Internazionale per la Protezione del Patrimonio Archeologico firmata a La Valletta nel 1992 e ratificata dall’Italia nel 2015.
L’introduzione di questo emendamento segue la scia di una serie di posizioni errateche considerano l’archeologia preventiva un ostacolo ad una celere esecuzione dei lavori pubblici.
Chi afferma ciò, però, dimostra di non aver affatto capito la ratio di questo provvedimento che ha invece lo scopo, di intervenire prima che i lavori abbiano inizio, in fase di progettazione di fattibilità, dando quindi la possibilità di modificare eventualmente i progetti senza un ulteriore aggravio di costi per la committenza conseguenti alla necessità di rivedere i progetti in corso d’opera.
Il paradosso è che questo emendamento, lungi dall’accelerare i lavori pubblici, finirebbe col far ripiombare la disciplina di tutela nel vecchio “fermo cantieri”, quello sì esiziale per la speditezza dei lavori e con relativo aumento dei costi di realizzazione delle opere.
C’è certamente la necessità e l’urgenza di sviluppare e diffondere la cultura dell’archeologia preventiva, che nasce con la finalità di difendere il patrimonio archeologico, ma rendendo compatibile la tutela con i tempi e le esigenze dello sviluppo moderno: non a caso, il termine anglosassone che definisce l’archeologia preventiva e di emergenza è development-led archaeology, ovvero “archeologia guidata dallo sviluppo”. Noi difendiamo questa visione e vorremmo, semmai, emendamenti migliorativi della legge.
Per chiudere vorremmo fare una considerazione: questi emendamenti sono proposti con lo scopo di aiutare la ripresa economica del Paese, senza lasciare indietro nessuno. Ebbene gli interventi di archeologia preventiva rientrano pienamente nelle attività economiche del Paese, messe a durissima prova prima dalla crisi economica, iniziata nel 2008 ed oggi da quella innescata dall’emergenza Covid-19, negare o ridimensionare queste pratiche avrebbe nefaste conseguenze: non solo per la tutela e per la fattibilità delle opere stesse, ma, come diretta conseguenza, non farebbe altro che aggravare la situazione economica della fitta rete di imprese specializzate e delle migliaia di professionisti , archeologi, architetti, ingegneri, restauratori e operai che lavorano ogni giorno in questo settore.
Appare evidente dal contenuto dell’emendamento che la proposta avanzata non tiene conto né della funzione dell’archeologia preventiva né delle ricadute negative di una sua sospensione non solo sulla tutela del patrimonio culturale, ma sulle stesse stazioni appaltanti e ditte esecutrici che vedrebbero lievitare in maniera incalcolabile costi e tempi di realizzazione delle opere. Si ricordi infatti che la normativa sull’archeologia preventiva fu a suo tempo varata proprio per cercare rimedio a questi aspetti problematici. Per questo motivo le suddette sigle si appellano ai Ministri De Micheli e Franceschini e alle Commissioni Parlamentari competenti, affinché chiariscano nelle sedi opportune gli enormi rischi di questo emendamento non solo nei confronti del patrimonio culturale, ma anche nella realizzazione dei lavori che solo apparentemente vedrebbero una velocizzazione e una riduzione di costi, con un ritorno ad una condizione già tristemente nota di blocco dei lavori in sede esecutiva con conseguenze pesantissime in termini economici e di tempistica di esecuzione e consegna.
Per tutto quanto sopra esposto, si chiede il respingimento dell’emendamento di cui in oggetto, attraverso il quale non è possibile attuare le garanzie previste dalla Costituzione e dalla Legge a tutela del patrimonio archeologico nazionale.
Le Associazioni
ANA – Associazione Nazionale Archeologi
API – Archeologi Pubblico Impiego
ARCHEOIMPRESE – Associazione delle imprese archeologiche
ASSOTECNICI – Associazione Nazionale dei Tecnici per il Patrimonio Culturale
CIA – Confederazione Italiana Archeologi
CNA – Confederazione Nazionale Artigianato e p.m.i. Restauro e Archeologia
FAP – Federazione Archeologi Professionisti
LEGACOOP Produzione & Servizi