Mettiamo mano al Concordato per superare l’esenzione dalla giurisdizione dei preti pedofili

Per­ché le sacro­san­te paro­le del Papa con­tro i pre­ti pedo­fi­li scen­da­no su un ter­re­no lai­co e con­cre­to, occor­re met­te­re mano all’ar­ti­co­lo 4 del­l’ac­cor­do fir­ma­to a Roma il 18 feb­bra­io 1984, che appor­ta modi­fi­ca­zio­ni al Con­cor­da­to late­ra­nen­se dell’11 feb­bra­io 1929, tra la Repub­bli­ca ita­lia­na e la San­ta Sede, il qua­le, ripro­du­cen­do sostan­zial­men­te l’ar­ti­co­lo 7 del Con­cor­da­to dell’11 feb­bra­io 1929, sta­bi­li­sce che «gli eccle­sia­sti­ci non sono tenu­ti a dare a magi­stra­ti o ad altra auto­ri­tà infor­ma­zio­ni su per­so­ne o mate­rie di cui sia­no venu­ti a cono­scen­za per ragio­ne del loro mini­ste­ro.

Per que­sto, il 15 mag­gio 2017 Pos­si­bi­le ha depo­si­ta­to alla Came­ra una mozio­ne per supe­ra­re tale ana­cro­ni­sti­ca e ingiu­sta esen­zio­ne dal­la giu­ri­sdi­zio­ne, che per gli eccle­sia­sti­ci costi­tui­sce nor­ma spe­cia­le rispet­to alla disci­pli­na del segre­to pro­fes­sio­na­le rego­la­ta dal­l’ar­ti­co­lo 200 del codi­ce di pro­ce­du­ra pena­le, in for­za del qua­le «non pos­so­no esse­re obbli­ga­ti a depor­re su quan­to han­no cono­sciu­to per ragio­ne del pro­prio mini­ste­ro, uffi­cio o pro­fes­sio­ne, sal­vi i casi in cui han­no l’ob­bli­go di rife­rir­ne all’au­to­ri­tà giu­di­zia­ria, tra gli altri, i mini­stri di culto.

Già nel 2014 Papa Fran­ce­sco, isti­tuen­do la Pon­ti­fi­cia Com­mis­sio­ne per la pro­te­zio­ne dei mino­ri, affer­ma­va che «I cri­mi­ni e i pec­ca­ti degli abu­si ses­sua­li sui bam­bi­ni non devo­no esse­re tenu­ti segre­ti mai più. Garan­ti­sco la zelan­te vigi­lan­za del­la Chie­sa per pro­teg­ge­re i bam­bi­ni e la pro­mes­sa del­la pie­na respon­sa­bi­li­tà per tut­ti», pre­ci­san­do altre­sì che «Noi, il Pre­si­den­te e gli altri Mem­bri del­la Com­mis­sio­ne, desi­de­ria­mo affer­ma­re che i nostri obbli­ghi ai sen­si del dirit­to civi­le devo­no esse­re rispet­ta­ti, cer­ta­men­te, ma anche al di là di tali vin­co­li, abbia­mo tut­ti la respon­sa­bi­li­tà mora­le ed eti­ca di denun­cia­re gli abu­si pre­sun­ti alle auto­ri­tà civi­li che han­no il com­pi­to di pro­teg­ge­re la nostra società».

Il rin­no­va­to impe­gno anti­pe­do­fi­lia di oltre­te­ve­re non ha tut­ta­via sino ad oggi con­ta­mi­na­to le isti­tu­zio­ni del­la Repub­bli­ca.
La cor­ret­ta appli­ca­zio­ne del prin­ci­pio costi­tu­zio­na­le d’indi­pen­den­za e sovra­ni­tà del­lo Sta­to e del­la Chie­sa nei rispet­ti­vi ordi­ni richie­de­reb­be di ricer­ca­re la solu­zio­ne per tali casi nel­la pro­spet­ti­va inte­ror­di­na­men­ta­le e inter­na­zio­na­li­sti­ca nel­la qua­le si espli­ca l’i­sti­tu­to con­cor­da­ta­rio e il mez­zo pro­prio e ido­neo a una coe­ren­te e com­piu­ta rego­la­zio­ne degli aspet­ti sopra descrit­ti si rin­vie­ne nel­lo stru­men­to del­l’ac­cor­do di mutua assi­sten­za e di coo­pe­ra­zio­ne giudiziaria.

L’art. 13, nume­ro 2, del cita­to accor­do fir­ma­to a Roma il 18 feb­bra­io 1984, che appor­ta modi­fi­ca­zio­ni al Con­cor­da­to late­ra­nen­se dell’11 feb­bra­io 1929, tra la Repub­bli­ca ita­lia­na e la San­ta Sede, pre­ve­de che «ulte­rio­ri mate­rie per le qua­li si mani­fe­sti l’e­si­gen­za di col­la­bo­ra­zio­ne tra la Chie­sa cat­to­li­ca e lo Sta­to potran­no esse­re rego­la­te (…) con nuo­vi accor­di tra le due Parti».
Per i casi di abu­so ses­sua­le com­mes­si in dan­no di mino­ri, non solo per la ripro­va­zio­ne e il diso­rien­ta­men­to susci­ta­ti nel­l’o­pi­nio­ne pub­bli­ca, ma anche per la gra­vi­tà dei dan­ni psi­co­lo­gi­ci e mora­li che ne deri­va­no a cari­co del­le vit­ti­me, con feri­te inte­rio­ri pro­fon­de e dure­vo­li che pos­so­no talo­ra segnar­ne la vita inte­ra, tan­to più repren­si­bi­li, se com­mes­si da eccle­sia­sti­ci, l’or­di­na­men­to cano­ni­co ha pre­vi­sto un aggra­va­men­to del­le pene e il note­vo­le amplia­men­to del ter­mi­ne di prescrizione.
Con rife­ri­men­to a tali casi e situa­zio­ni, l’in­stau­ra­zio­ne con­cor­da­ta di for­me di col­la­bo­ra­zio­ne tra l’or­di­na­men­to del­lo Sta­to e quel­lo del­la Chie­sa può risul­ta­re uti­le e oppor­tu­na, sia per age­vo­la­re l’e­ser­ci­zio del­le fun­zio­ni dei rispet­ti­vi orga­ni, sia per con­se­gui­re la pie­na tute­la dei valo­ri giu­ri­di­ci e dei dirit­ti del­le per­so­ne coin­vol­te, spe­cial­men­te del­le vit­ti­me di rea­ti la cui puni­bi­li­tà sia pre­vi­sta da entram­bi gli ordi­na­men­ti secon­do le com­pe­ten­ze a cia­scu­no proprie.

È giun­to il tem­po che il Gover­no e il Par­la­men­to assu­ma­no le neces­sa­rie ini­zia­ti­ve, per pro­muo­ve­re la nego­zia­zio­ne di un accor­do con la San­ta Sede che, nel rispet­to del­l’in­di­pen­den­za degli ordi­na­men­ti civi­le e cano­ni­co e del­la distin­zio­ne del­la sfe­ra pro­pria a cia­scu­no riser­va­ta secon­do i prin­cì­pi del­la Costi­tu­zio­ne, disci­pli­ni – even­tual­men­te, ove rite­nu­to con­gruo dal­le Par­ti, median­te pro­to­col­lo aggiun­ti­vo al vigen­te Con­cor­da­to secon­do le pro­ce­du­re di cui all’ar­ti­co­lo 7, secon­do com­ma, del­la Costi­tu­zio­ne – gli aspet­ti del­la coo­pe­ra­zio­ne e del­la mutua assi­sten­za giu­di­zia­ria tra lo Sta­to ita­lia­no e la Chie­sa cat­to­li­ca nel­l’e­ser­ci­zio del­le fun­zio­ni dei rispet­ti­vi orga­ni giu­ri­sdi­zio­na­li e, per quan­to attie­ne in par­ti­co­la­re alla mate­ria pena­le, limi­ta­ta­men­te alle fat­ti­spe­cie di dop­pia incri­mi­na­zio­ne rile­van­ti per entram­bi gli ordinamenti.

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