I magistrati pagati con i voucher (ma non chiamateli così)

La legge delega si è ben guardata dal prevedere espressamente i voucher, ma il principio è lo stesso: i magistrati onorari diventeranno tutti prestatori di lavoro accessorio.

Ci era­va­mo lascia­ti il 14 mar­zo scor­so con l’auspicio che la Came­ra dei depu­ta­ti modi­fi­cas­se il dise­gno di leg­ge gover­na­ti­vo del­la rifor­ma del­la magi­stra­tu­ra ono­ra­ria, dimo­stran­do così di non esse­re la sede di rati­fi­ca del­le deci­sio­ni dell’esecutivo. Ma la Costi­tu­zio­ne è già sta­ta modi­fi­ca­ta mate­rial­men­te: i ruo­li si sono inver­ti­ti, il Gover­no legi­fe­ra ed è il Par­la­men­to che “ese­gue”. Così il dise­gno di leg­ge è sta­to appro­va­to e l’indomani le agen­zie di stam­pa a bat­te­re la noti­zia ripor­tan­do i com­men­ti sod­di­sfat­ti del mini­stro del­la Giu­sti­zia.

E dire che l’auspicio lo ave­va­mo espres­so con­fron­tan­do­ci anche con i depu­ta­ti del­la mag­gio­ran­za. Chi di loro ave­va ascol­ta­to le ragio­ni del Movi­men­to Sei Luglio ne ave­va anche con­di­vi­so gli argo­men­ti, per ammet­te­re che si sareb­be tro­va­to in dif­fi­col­tà a vota­re, e con­clu­de­re — in modo anti­fra­sti­co — che non avreb­be potu­to sot­trar­si alle diret­ti­ve di par­ti­to. A segui­re in strea­ming le vota­zio­ni e ad ana­liz­za­re la distin­ta dei voti elet­tro­ni­ci, infat­ti, non è dato capi­re qua­li dif­fi­col­tà gli stes­si abbia­no incon­tra­to. Noi a chie­der­ci, inve­ce, stan­do così le cose, a che cosa ser­va­no 630 depu­ta­ti (for­se di meno non sareb­be­ro suf­fi­cien­ti ad ali­men­ta­re il moto­re del­la mac­chi­na del­le ele­zio­ni — tra can­di­da­ti-spec­chiet­ti del­le allo­do­le e siste­ma clien­te­la­re -, abbia­mo pro­va­to a risponderci).

Non che con­di­vi­de­re i nostri argo­men­ti fos­se dif­fi­ci­le. Quan­do saran­no appro­va­ti i decre­ti dele­ga­ti, il nuo­vo siste­ma retri­bu­ti­vo – ci pare di capi­re nel­la vaghez­za nor­ma­ti­va – non sarà mol­to dis­si­mi­le dai vou­cher. Cer­to, la leg­ge dele­ga si è ben guar­da­ta dal pre­ve­de­re espres­sa­men­te i vou­cher, ma il prin­ci­pio è lo stes­so: i magi­stra­ti ono­ra­ri diven­te­ran­no tut­ti pre­sta­to­ri di lavo­ro acces­so­rio. Che altro vuol dire se non que­sto la leg­ge dele­ga quan­do sta­bi­li­sce che la dota­zio­ne orga­ni­ca dei magi­stra­ti ono­ra­ri, i com­pi­ti e le atti­vi­tà, gli obiet­ti­vi di pro­dut­ti­vi­tà, i cri­te­ri di liqui­da­zio­ne del­le inden­ni­tà devo­no assi­cu­ra­re «la com­pa­ti­bi­li­tà dell’incarico ono­ra­rio con lo svol­gi­men­to di altre atti­vi­tà lavo­ra­ti­ve»? Met­ti insie­me que­sta pre­vi­sio­ne con quel­la che attri­bui­sce al mini­ste­ro del­la Giu­sti­zia il pote­re di sta­bi­li­re il bud­get a dispo­si­zio­ne di ogni sin­go­lo uffi­cio per retri­bui­re i magi­stra­ti ono­ra­ri, ed ecco che tut­to diven­ta chiaro.

Non è chia­ro – lo abbia­mo chie­sto al Pri­mo Mini­stro con un tweet rima­sto sen­za rispo­sta — se nel­le tren­ta sli­de pub­bli­ca­te per cele­bra­re i tren­ta mesi del Gover­no Ren­zi, i magi­stra­ti ono­ra­ri impie­ga­ti a tem­po pie­no sen­za dirit­ti, sia­no con­si­de­ra­ti come occu­pa­ti (for­se sì, visto che la loro retri­bu­zio­ne è sog­get­ta a impo­si­zio­ne fisca­le). Plea­se, non tas­sa­te­ci se non sia­mo lavo­ra­to­ri (visto che non ci rico­no­sce­te nem­me­no pre­vi­den­za, assi­sten­za per malat­tia, mater­ni­tà, ferie).

Slo­gan nuo­vi­sti e annun­cia­zio­ne di effi­cien­za non spie­ga­no nem­me­no come la rifor­ma sia com­pa­ti­bi­le con la cri­si cro­ni­ca in cui ver­sa la giu­sti­zia, né come la clas­si­fi­ca­zio­ne dei magi­stra­ti ono­ra­ri come pre­sta­to­ri  di lavo­ro acces­so­rio sia com­pa­ti­bi­le con la pre­vi­sio­ne del­la leg­ge dele­ga che sta­bi­li­sce la natu­ra «varia­bi­le» di una par­te del­la retri­bu­zio­ne (in fun­zio­ne degli obiet­ti­vi rag­giun­ti). Se la pre­sta­zio­ne è acces­so­ria non si può incen­ti­va­re il «pre­sta­to­re» a pro­dur­re di più. Oltre alla con­trad­di­zio­ne logi­ca, non stia­mo a dire che è peri­co­lo­so para­me­tra­re alla pro­dut­ti­vi­tà la retri­bu­zio­ne di chi dovreb­be jus dice­re. Non lo stia­mo a dire noi, per­ché lo ha già det­to il Comi­ta­to dei Mini­stri del Con­si­glio d’Europa il 17 novem­bre del 2010 («Devo­no esse­re evi­ta­ti siste­mi che fac­cia­no dipen­de­re dal­le pre­sta­zio­ni gli ele­men­ti essen­zia­li del­la retri­bu­zio­ne, in quan­to essi pos­so­no crea­re dif­fi­col­tà all’in­di­pen­den­za dei giudici»).

D’altronde anche la Com­mis­sio­ne Euro­pea, rispon­den­do alla denun­cia di un magi­stra­to ono­ra­rio, ha già avvia­to una pro­ce­du­ra d’infrazione nei con­fron­ti dell’Italia per vio­la­zio­ne del dirit­to euro­peo (citan­do, tra l’altro, la nota sen­ten­za del­la Cor­te di Giu­sti­zia Euro­pea “Masco­lo” — che riguar­da­va l’abuso del rap­por­to di lavo­ro a ter­mi­ne degli inse­gnan­ti). Il Gover­no non se n’è cura­to affat­to. Il 9 set­tem­bre scor­so, rispon­den­do alle dif­fi­de pre­sen­ta­te indi­vi­dual­men­te da mol­ti magi­stra­ti ono­ra­ri, il mini­ste­ro del­la Giu­sti­zia ha dira­ma­to una nota che tra­scu­ra i rilie­vi euro­pei, sal­vo riba­di­re, in sostan­za, che i magi­stra­ti ono­ra­ri non sono lavo­ra­to­ri per­ché la leg­ge ita­lia­na li defi­ni­sce ono­ra­ri. Non ha cer­to rispo­sto a cia­scu­no dei magi­stra­ti ono­ra­ri che ave­va­no pre­sen­ta­to la dif­fi­da, dun­que, ma ha indi­riz­za­to la nota ai pre­si­den­ti del­le cor­ti d’appello (e ai pro­cu­ra­to­ri gene­ra­li), “invi­tan­do­li” a loro vol­ta a dira­mar­la a tut­ti i magi­stra­ti ono­ra­ri. Così i pre­si­den­ti del­le cor­ti d’appello che vor­ran­no accet­ta­re l’invito, la dovran­no dira­ma­re a tut­ti i pre­si­den­ti dei tri­bu­na­li invi­tan­do­li a con­ti­nua­re la dira­ma­zio­ne. Il bel­lo è che gli invi­ta­ti diri­go­no gli uffi­ci in cui pre­sta­no ser­vi­zio i giu­di­ci che dovran­no deci­de­re (secon­do indi­pen­den­za, ter­zie­tà e impar­zia­li­tà) i ricor­si di lavo­ro nel frat­tem­po pre­sen­ta­ti dai magi­stra­ti ono­ra­ri. Spe­ria­mo che, dopo il rove­scia­men­to dei ruo­li tra Par­la­men­to e Gover­no, la nota non sug­ge­ri­sca anche un ruo­lo ese­cu­ti­vo ai giudici.

Tra un invi­to e un altro ci per­met­tia­mo di rivol­ger­ne uno anche noi al Gover­no: a non svi­li­re a sua vol­ta il pro­prio ruo­lo ese­cu­ti­vo per­se­guen­do i fini non del­lo Sta­to, ma di orga­ni­smi come JP Mor­gan, che disap­pro­va­no, come è noto, le tute­le costi­tu­zio­na­li dei dirit­ti dei lavo­ra­to­ri. L’Italia è – anco­ra — una Repub­bli­ca demo­cra­ti­ca, fon­da­ta sul lavoro.

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