L’umanità sospesa nel centro di accoglienza di Cona

Un’ex base militare, con il recinto di filo spinato intorno e dentro una festa dell’unità senza la festa, con 13mila metri quadrati di tendoni bianchi e container. Qui dentro vivono 800 persone

[vc_row][vc_column][vc_column_text]Esco dal cen­tro d’accoglienza per migran­ti di Conet­ta, in pro­vin­cia di Vene­zia, dopo oltre un’ora di visi­ta, insie­me ai col­le­ghi Mar­con di SI, Zog­gia e Mogna­to di Mdp. È un’ex base mili­ta­re, con il recin­to di filo spi­na­to intor­no e den­tro una festa dell’unità sen­za la festa, con 13mila metri qua­dra­ti di ten­do­ni bian­chi e con­tai­ner, oltre ad un pic­co­lo caseg­gia­to in cemen­to che ospi­ta l’infermeria, la far­ma­cia ed altri servizi.

Qui den­tro vivo­no 800 per­so­ne di 20 diver­se nazio­na­li­tà in atte­sa di esse­re sen­ti­ti dal­la Com­mis­sio­ne Ter­ri­to­ria­le di Pado­va che deve deci­de­re se rico­no­sce­re o meno una qual­che for­ma di pro­te­zio­ne inter­na­zio­na­le. L’attesa dura oltre un anno in que­sto lim­bo dove la dimen­sio­ne spa­zio tem­po­ra­le è sospe­sa, come il filo di neb­bia che tut­to avvol­ge e che ren­de dif­fi­ci­le vede­re oltre. I visi sono tri­sti, tira­ti, ner­vo­si: le psi­co­lo­ghe ci rac­con­ta­no di sin­dro­mi post trau­ma­ti­che, psi­co­si, sta­ti depres­si­vi. Il medi­co, una don­na d’origine afri­ca­na assun­ta dal­la coo­pe­ra­ti­va che gesti­sce il cam­po, è cor­dia­le e mini­miz­za i casi di pol­mo­ni­te, bron­chi­te, scab­bia, tuber­co­lo­si, a suo dire rari e gesti­bi­li. Que­sta set­ti­ma­na andran­no davan­ti alla Com­mis­sio­ne colo­ro che entra­ro­no nel cen­tro a set­tem­bre 2016: dopo mesi e a vol­te anni di viag­gio per lascia­re il loro pae­se d’origine spes­so tran­si­tan­do dall’inferno libi­co, arri­va­no qui e qui devo­no sta­re in atte­sa di una deci­sio­ne sul loro per­mes­so di sog­gior­no e sul­la loro vita.

Non è fisio­lo­gi­co che la Com­mis­sio­ne di Pado­va nel 90 per cen­to dei casi rifiu­ti qua­lun­que for­ma di pro­te­zio­ne a que­ste per­so­ne. Non è pro­pria­men­te nor­ma­le che il Tri­bu­na­le di Vene­zia riget­ti l’80 per cen­to dei ricor­si.

Ma ciò che stri­de con la natu­ra­le con­di­zio­ne uma­na è que­sta con­cen­tra­zio­ne di indi­vi­dui spau­ri­ti e sospe­si, in semi­de­ten­zio­ne o semi­li­ber­tà a secon­da che la si osser­vi al di qua o al di là del filo spi­na­to.

Gli ope­ra­to­ri fan­no di tut­to per ren­de­re uma­no que­sto non luo­go: c’è una sala poli­va­len­te per il gio­co e la tv, c’è un ten­do­ne adi­bi­to a chie­sa dove alcu­ni ragaz­zi nige­ria­ni stan­no can­tan­do inni sacri e c’è un ten­do­ne adi­bi­to a moschea dove si pre­ga sui tap­pe­ti, in un silen­zio anch’esso sospe­so.

Fuo­ri dai can­cel­li i cro­ni­sti ci chie­do­no di rac­con­ta­re e di spie­ga­re cosa si può fare: chie­de­re­mo di incon­tra­re il Mini­stro Min­ni­ti, chie­dia­mo la chiu­su­ra di que­sti gran­di cen­tri gesti­ti nell’emergenza e il pas­sag­gio imme­dia­to ad un siste­ma dif­fu­so di acco­glien­za sul model­lo SPRAR, chie­dia­mo rispet­to del­la digni­tà di ogni esse­re uma­no e tem­pi ragio­ne­vo­li per le pro­ce­du­re. Rac­con­tia­mo che abbia­mo anche assi­sti­to ad una lite tra alcu­ni ragaz­zi e abbia­mo visto il vol­to insan­gui­na­to di uno di que­sti e sono sicu­ro di ave­re visto anche le lacri­me incro­cia­re il rivo­lo ros­so che scen­de­va dal­la fron­te. Ho visto esa­spe­ra­zio­ne e soli­da­rie­tà, i let­ti tra­sfor­ma­ti in capan­ne di coper­te per pro­teg­ge­re alme­no la riser­va­tez­za del son­no. Scen­de anche dal mio viso una lacri­ma, che ha sapo­re di rab­bia.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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