Come l’elusione fiscale manda in pezzi il nostro tessuto economico

Mentre un gruppo medio-grande chiude, i suoi diretti concorrenti non sorridono, stretti come sono nella morsa di multinazionali molto agguerrite e che godono di regimi fiscali agevolati.

[vc_row][vc_column][vc_column_text]Sono 43 i pun­ti ven­di­ta Tro­ny chiu­si in tut­ta Ita­lia a cau­sa del fal­li­men­to del­la DPS, socie­tà che ha il mag­gio­re pac­chet­to di azien­de com­mer­cia­li a inse­gna Tro­ny. La cate­na di elet­tro­do­me­sti­ci negli ulti­mi gior­ni ha abbas­sa­to le ser­ran­de anche in Vene­to: ad Albi­gna­se­go, Con­sel­ve, Zero Bran­co e qui a S. Maria di Sala (al Cen­tro Prisma).

Il tri­bu­na­le fal­li­men­ta­re di Mila­no ne ha dichia­ra­to il fal­li­men­to lo scor­so 15 mar­zo nomi­nan­do il cura­to­re che dovrà occu­par­si di liqui­da­re i for­ni­to­ri e diri­me­re la que­stio­ne dei dipen­den­ti rima­sti sen­za lavo­ro (800 per­so­ne in tut­ta Ita­lia).

Pos­si­bi­le Sale­se espri­me pie­na soli­da­rie­tà ai lavo­ra­to­ri e a colo­ro che si tro­va­no nell’incertezza rispet­to al pro­prio futu­ro lavo­ra­ti­vo e chie­de l’impegno del­la Giun­ta, in pri­mis del Sin­da­co, affin­chè si tro­vi­no solu­zio­ni che per­met­ta­no di man­te­ne­re i posti di lavo­ro e si dia segui­to all’in­vi­to di chi già si è pro­po­sto di suben­tra­re nei nego­zi chiusi.

Pos­si­bi­le Sale­se invi­ta inol­tre il Con­si­glio Comu­na­le a pro­nun­ciar­si e ad atti­var­si a soste­gno dei lavo­ra­to­ri e del­le for­ze sin­da­ca­li per la ricer­ca di una solu­zio­ne. La spe­ran­za è che ci sia l’in­ter­ven­to di ter­zi che acqui­si­sca­no la rete ven­di­ta suben­tran­do alla Dps, ria­pren­do i nego­zi e rilan­cian­do il marchio.

Segna­lia­mo, inol­tre, la moda­li­tà scel­ta per comu­ni­ca­re il desti­no dei pun­ti ven­di­ta Tro­ny a chi ci lavo­ra­va: i dipen­den­ti han­no rac­con­ta­to di aver sapu­to del­la chiu­su­ra dei nego­zi con un mes­sag­gio su Wha­tsApp. Ricor­da l’SMS invia­to ai lavo­ra­to­ri inte­ri­na­li del­lo stabi­li­men­to FCA di Cas­si­no, quel ”Ci aggior­nia­mo’’ che li infor­ma­va che dal gior­no suc­ces­si­vo non si sareb­be­ro più dovu­ti reca­ti in fab­bri­ca. Un altro modo per disu­ma­niz­za­re i rap­por­ti di lavo­ro che ten­do­no, sem­pre di più, ver­so i model­li già spe­ri­men­ta­ti da altri gran­di grup­pi. Il lavo­ra­to­re che diven­ta solo un nume­ro, for­za lavo­ro rim­piaz­za­bi­le da cui trar­re il mas­si­mo rendimento.

Ma men­tre un grup­po medio-gran­de chiu­de, i suoi diret­ti con­cor­ren­ti non sor­ri­do­no, stret­ti come sono nel­la mor­sa di mul­ti­na­zio­na­li mol­to agguer­ri­te e che godo­no di regi­mi fisca­li age­vo­la­ti. Lo scor­so otto­bre la Com­mis­sio­ne Euro­pea ha chie­sto ad Ama­zon 250 milio­ni di euro per impo­ste non paga­te sul­le atti­vi­tà euro­pee del colos­so del­l’e-com­mer­ce (nel men­tre l’Ue ha cita­to pres­so la Cor­te Euro­pea l’Ir­lan­da per non esser­si fat­ta paga­re da Apple 13 miliar­di di euro di tas­se dovute).

Quel­la di Ama­zon non può esse­re però defi­ni­ta come una vera e pro­pria eva­sio­ne fisca­le. Si trat­ta tec­ni­ca­men­te di una astu­ta e com­ples­sa for­ma di elu­sio­ne del­le impo­ste, che ha ori­gi­ne in Lus­sem­bur­go e si attua tra­mi­te tax ruling. Cioè accor­di che le auto­ri­tà fisca­li dei pae­si euro­pei han­no sti­pu­la­to negli anni pas­sa­ti con le mul­ti­na­zio­na­li stra­nie­re, per con­ce­de­re loro un trat­ta­men­to fisca­le di favo­re: è sta­to per­mes­so alle mul­ti­na­zio­na­li di dedur­re dal red­di­to impo­ni­bi­le del­le voci di costo, come quel­le per la ricer­ca e lo svi­lup­po, affron­ta­te a livel­lo glo­ba­le in tut­ti i Pae­si in cui ope­ra­no. L’ef­fet­to è appun­to quel­lo di gon­fia­re le com­po­nen­ti nega­ti­ve di red­di­to, ridu­cen­do i rica­vi e pagan­do meno imposte.

Il tax ruling è una pras­si scor­ret­ta e lesi­va del­la con­cor­ren­za, per­ché fa sì che le mul­ti­na­zio­na­li abbia­no un cari­co fisca­le infe­rio­re a qual­sia­si pic­co­la e media impre­sa loca­le. Un mec­ca­ni­smo uti­liz­za­to già da AppleFiatAma­zon, Goo­gle, Star­bucks e anche McDonald’s. In Ita­lia gli accor­di segre­ti sono 78, le mul­ti­na­zio­na­li fir­ma­ta­rie godo­no di un trat­ta­men­to fisca­le pri­vi­le­gia­to, con­se­guen­do for­ti bene­fi­ci fisca­li e man­te­nen­do di con­se­guen­za un con­si­de­re­vo­le van­tag­gio com­pe­ti­ti­vo.

Da un paio d’an­ni la Com­mis­sio­ne Euro­pea ha ini­zia­to a met­te­re nel miri­no le pra­ti­che di tax ruling, vie­tan­do­ne la segre­tez­za e con­si­de­ran­do­le alla stre­gua di aiu­ti di Sta­to masche­ra­ti, con­tra­ri alle nor­me Ue.

Come può Tro­ny (o qual­sia­si altra impre­sa non mul­ti­na­zio­na­le) com­pe­te­re in un siste­ma così chia­ra­men­te a favo­re di que­sti colossi?

Il Par­la­men­to euro­peo, gra­zie anche all’im­pe­gno costan­te di Elly Schlein, è impe­gna­to in una bat­ta­glia ser­ra­ta per met­te­re fine agli abu­si, ma la stra­da è tut­ta in sali­ta. Anche per­ché le gran­di mul­ti­na­zio­na­li han­no schie­ra­to l’artiglieria pesan­te: con il truc­co degli accor­di fisca­li rie­sco­no a strap­pa­re con­di­zio­ni da para­di­si fisca­li nel cuo­re del­l’Eu­ro­pa. Tre anni dopo lo scan­da­lo Lux­Leaks che mise a nudo i rap­por­ti fisca­li segre­ti tra gover­ni e colos­si indu­stria­li, il nume­ro di accor­di con­ti­nua ad aumen­ta­re. Men­tre l’Unione Euro­pea può inter­ve­ni­re – solo quan­do le inte­se fisca­li segre­te si rive­la­no aiu­ti di Sta­to tali da con­di­zio­na­re la libe­ra con­cor­ren­za (come per il caso Apple in Irlanda).

Alla fine del 2016, tra le note del Def, il mini­ste­ro dell’Economia ave­va cal­co­la­to che solo all’Italia man­ca­no alme­no 31 miliar­di di base impo­ni­bi­le. Tra­dot­to, con un tas­sa­zio­ne media per le impre­se del 30% man­ca­no 10 miliar­di di get­ti­to fisca­le: lo 0,6% del Pil. Una cifra con cui si potreb­be finan­zia­re un pia­no di soste­gno al red­di­to, la crea­zio­ne di nuo­vi posti di lavo­ro sul set­to­re del­le ener­gie alter­na­ti­ve e del­l’e­co­no­mia green o a evi­ta­re l’aumento dell’Iva del­le famo­se clau­so­le di sal­va­guar­dia che, come una pal­la al pie­de, ci tra­sci­nia­mo avan­ti un anno dopo l’al­tro. Richard Mur­phy, ave­va cal­co­la­to che l’evasione fisca­le in Euro­pa ammon­ta a cir­ca 850 miliar­di, men­tre l’elusione vale altri 150 miliar­di di euro.

In un qua­dro di que­sto tipo i cit­ta­di­ni e altri atto­ri eco­no­mi­ci, come le pic­co­le e medie impre­se, avreb­be­ro il dirit­to di esse­re infor­ma­ti e poter giu­di­ca­re il trat­ta­men­to fisca­le riser­va­to dal pro­prio Sta­to alle mul­ti­na­zio­na­li. Le deci­sio­ni con­fi­den­zia­li assun­te da un Pae­se, infat­ti, han­no impat­ti sul­la con­tri­bu­zio­ne fisca­le in tan­ti altri Pae­si. Che il più del­le vol­te sono anche i Pae­si più poveri.

Ste­fa­no Artusi

Pos­si­bi­le Sale­se[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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