La campagna elettorale culturale

Mentre i grandi gruppi decidono quando e come si andrà a votare, mezzo partito del governo si interroga se lasciare il governo ovvero il partito, cambiamo proprio modo di pensare alla politica, restituendola alla sostanza di cui dovrebbe occuparsi: come rendere sostenibile la vita delle persone (articolo 3), come far pagare le tasse alle multinazionali (che non le pagano) in una corretta proporzione e progressività (articolo 53), come rispettare il lavoro e una paga dignitosa per tutti e tutte (articolo 36), come gestire l'accoglienza in modo rigoroso e compatibile con il benessere di tutti (risalendo alle cause, articolo 10 ma anche 11), come fare in modo che la tecnologia ci aiuti a preservare la bellezza (articolo 9). E avanti così, articolo per articolo, punto per punto, in un catalogo illustrato delle cose che faremmo al posto di quelle che vediamo.

Le paro­le, i rifles­si, la loro rela­zio­ne con le cose, il rife­ri­men­to con la real­tà.

Le fra­si da non dire, le sem­pli­fi­ca­zio­ni a cui non cede­re, le scor­cia­to­ie sul ciglio del bur­ro­ne di cui dif­fi­da­re, le fra­si fat­te che però con i fat­ti c’en­tra­no pochissimo.

Pren­de­re le distan­ze (ma tipo anni luce pro­prio) dai nume­ri spa­ra­ti, dal­le pro­mes­se non man­te­nu­te (una pro­mes­sa essen­do sem­pre una bugia, dice­va il poe­ta), dal­le paro­le trop­po velo­ci, che col­pi­sco­no l’u­di­to­rio ma non spie­ga­no nulla.

Abbat­te­re muri che rischia­no di esclu­de­re noi stes­si, che ci tro­via­mo dal­la par­te sba­glia­ta del muro, oltre ai dispe­ra­ti del­la ter­ra. Nazio­na­li­smi che tor­na­no come se fos­se­ro una bel­la cosa e sono inve­ce para­dos­sa­li per le nazio­ni più fra­gi­li e espo­ste.

Sot­trar­si a iner­zie con­ser­va­tri­ci che minac­cia­no sfra­cel­li ma adot­ta­no ricet­te supe­ra­te tren­t’an­ni fa.

Libe­rar­si da poli­ti­che di auto­con­ser­va­zio­ne che mina­no la con­ser­va­zio­ne del gene­re uma­no (già) e la pos­si­bi­li­tà di vive­re su que­sta ter­ra (vedi alla voce cam­bia­men­ti cli­ma­ti­ci).

Più che un ramo­scel­lo d’U­li­vo, ci vuo­le un palet­to di fras­si­no con­tro i mostri che si affac­cia­no sul­la sce­na del mon­do, a cui rispon­de un siste­ma stan­co e sem­pre più tetra­go­no.

Più che un eter­no ritor­no del­l’u­gua­le, ci vuo­le pro­prio l’u­gua­le (=), nel­l’in­di­ca­re come si pos­sa­no ridur­re le disu­gua­glian­ze e tro­va­re la «misu­ra del­l’a­ni­ma». Pro­gres­si­vi­tà, redi­stri­bu­zio­ne, giu­sti­zia sociale.

Gli inve­sti­men­ti che riguar­da­no il futu­ro, a comin­cia­re dal­l’auto­no­mia ener­ge­ti­ca, dal non dover dipen­de­re più da sceic­chi e dit­ta­to­ri.

I dirit­ti rico­no­sciu­ti a tutt*, sen­za ecce­zio­ni o ghi­ri­go­ri, per­ché la liber­tà di cia­scu­no di vive­re la pro­pria vita non tro­vi alcun impe­di­men­to deter­mi­na­to dal­le con­vin­zio­ni degli altri, soprat­tut­to se que­ste con­vin­zio­ni sono let­te­ral­men­te liberticide.

La lai­ci­tà del­la Repub­bli­ca, sen­za alcu­na opacità.

Le paro­le per rac­con­ta­re un mon­do diver­so, imme­dia­ta­men­te asso­cia­te a nume­ri e agli stru­men­ti per cam­bia­re le cose. Sen­za scor­cia­to­ie, slo­gan, occhio­li­ni, con­tu­me­lie e battutine.

Pen­sie­ri lun­ghi con­tro lar­ghe inte­se che non han­no dato alcun risul­ta­to, se non quel­lo di far sci­vo­la­re ver­so destra la cosid­det­ta sini­stra, con tra­sfor­mi­smi ormai grot­te­schi e una not­te in cui le vac­che sono nere, anzi non ci sono pro­prio più.

Ecco, men­tre i gran­di grup­pi deci­do­no quan­do e come si andrà a vota­re, mez­zo par­ti­to del gover­no si inter­ro­ga se lascia­re il gover­no ovve­ro il par­ti­to, cam­bia­mo pro­prio modo di pen­sa­re alla poli­ti­ca, resti­tuen­do­la alla sostan­za di cui dovreb­be occu­par­si: come ren­de­re soste­ni­bi­le la vita del­le per­so­ne (arti­co­lo 3), come far paga­re le tas­se alle mul­ti­na­zio­na­li (che non le paga­no) in una cor­ret­ta pro­por­zio­ne e pro­gres­si­vi­tà (arti­co­lo 53), come rispet­ta­re il lavo­ro e una paga digni­to­sa per tut­ti e tut­te (arti­co­lo 36), come gesti­re l’ac­co­glien­za in modo rigo­ro­so e com­pa­ti­bi­le con il benes­se­re di tut­ti (risa­len­do alle cau­se, arti­co­lo 10 ma anche 11), come fare in modo che la tec­no­lo­gia ci aiu­ti a pre­ser­va­re la bel­lez­za (arti­co­lo 9). E avan­ti così, arti­co­lo per arti­co­lo, pun­to per pun­to, in un cata­lo­go illu­stra­to del­le cose che farem­mo al posto di quel­le che vediamo.

Chi vuo­le par­te­ci­pa­re, scri­va a italia@possibile.com, noi pro­muo­via­mo que­sto. E scu­sa­te se è poco.

Pri­ma del­le ele­zio­ni, vie­ne la cul­tu­ra poli­ti­ca e il pro­get­to di socie­tà e di gover­no. Tut­to il resto è tat­ti­ca, è ceto, è noia.

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