Il #governodellemigliori: rispetta i pronomi

Pic­co­li pas­si per l’uguaglianza. La cam­pa­gna pro­no­mi del comu­ne di Brighton and Hove

di Fede­ri­ca Formato

Vivo nel Regno Uni­to da dodi­ci lun­ghis­si­mi anni. In que­sto tem­po mi è sta­to dato un gran­de pri­vi­le­gio, quel­lo di poter vive­re in una nuo­va cul­tu­ra (non per­fet­ta) e osser­va­re la mia dall’esterno. Non è la swin­ging Lon­don degli anni 70, il pae­se in cui ci sia­mo tra­sfe­rit* in molt*. È una socie­tà capi­ta­li­sta, indi­vi­dua­li­sta e mol­to com­pe­ti­ti­va; ed è una socie­tà in cui la comu­ni­tà è crea­ta sull’adesione o con­di­vi­sio­ne di cer­ti prin­ci­pi piut­to­sto che su un “fami­li­smo amo­ra­le”, come lo chia­ma­va Ban­field nel 1955, che è anco­ra alla base del­la socie­tà italiana.

Inol­tre, ste­reo­ti­pi che da anni vivo­no in Ita­lia come pro­to­ti­pi sono ampia­men­te com­bat­tu­ti nel Regno Uni­to. Sono rie­mer­si, con Bre­xit, alcu­ne visio­ni clas­si­ste, ses­si­ste e raz­zi­ste, ma si scon­tra­no con una socie­tà che è mol­to più aper­ta di una cer­ta poli­ti­ca fat­ta, vis­su­ta e con­di­vi­sa sui social in Ita­lia. Infat­ti, il par­ti­to con­ser­va­to­re (dei Tory) non ha una visio­ne come la nostra destra, che in più di un’occasione si è dimo­stra­ta omo­bi­tran­sfo­bi­ca. Nel 2017, a capo del­la divi­sio­ne del par­ti­to Tory in Sco­zia c’era Ruth Davi­son (di visio­ne mode­ra­ta), don­na e lesbi­ca e in quel­lo stes­so momen­to la lea­der era Nico­la Stur­geon e a capo del­la divi­sio­ne dei Labour c’era Kezia Dug­da­le. Ave­re don­ne nel­la lea­der­ship non assi­cu­ra che ven­ga por­ta­ta avan­ti una visio­ne e una gestio­ne fem­mi­ni­sta, ma visto in pro­spet­ti­va, que­sto sem­bra esse­re un gran­de pas­so avan­ti in rela­zio­ne alle ulti­me occa­sio­ni per­se nel­la poli­ti­ca italiana.

Que­sto bre­ve excur­sus, che sicu­ra­men­te non fa giu­sti­zia a un discor­so mol­to più ampio sul­la poli­ti­ca ita­lia­na e la pari­tà di gene­re, vuo­le esse­re una intro­du­zio­ne a come pic­co­le ma impor­tan­tis­si­me ini­zia­ti­ve tro­va­no spa­zio. Ed è di que­sto che voglio parlarvi. 

Nel mio comu­ne di resi­den­za este­ra, Brighton and Hove, si por­ta avan­ti da ormai tre anni una bel­lis­si­ma pro­po­sta per l’inclusività lin­gui­sti­ca. Per chi non cono­sce Brighton, è una cit­tà vici­na a Lon­dra (tan­to da esse­re rino­mi­na­ta la mari­na di Lon­dra), viva­cis­si­ma e cam­pio­nes­sa nell’inclusività del­la comu­ni­tà LGBTQIA+. Il Pri­de di Brighton è uno tra i più gran­di, deco­ra­to da festi­val con star del cali­bro di Kylie Mino­gue (che ha acce­so il pal­co nel 2019). Le due uni­ver­si­tà – Sus­sex Uni­ver­si­ty e la Uni­ver­si­ty of Brighton (dove io lavo­ro come docen­te di socio­lin­gui­sti­ca) – han­no fat­to dell’inclusività del­la cit­tà uno dei temi chia­ve del­la loro istru­zio­ne, del­la loro ricer­ca e del­la loro cul­tu­ra accademica.

Arri­vo drit­ta alla cam­pa­gna: si chia­ma My pro­nouns are (i miei pro­no­mi sono). L’idea di base è che non si dovreb­be pre­su­me­re i pro­no­mi del­le per­so­ne con cui parliamo/interagiamo.  Il sito spie­ga benis­si­mo la ragio­ne per cui que­sta cam­pa­gna rap­pre­sen­ta le poli­ti­che e la poli­ti­ca del­la cit­tà. Ovve­ro, l’idea che il gene­re di una per­so­na non sia quel­lo pre­scrit­to alla nasci­ta, che il gene­re è un costrut­to socia­le che fino ad ades­so ha visto il bina­ri­smo emer­ge­re e, l’importante vei­co­la­zio­ne che il misgen­de­ring è un’offesa alla persona. 

La con­cre­tiz­za­zio­ne di que­ste idee la si ritro­va nel­le spil­let­te del­la cam­pa­gna (offer­te gra­tis dal comu­ne). Ci sono sei tipi di spil­let­te: she/her/hers (per chi si iden­ti­fi­ca con lin­guag­gio fem­mi­ni­le), he/him/his (per chi si iden­ti­fi­ca con il lin­guag­gio maschi­le), they/them/theirs (in rife­ri­men­to a iden­ti­tà non binarie/transgenere), plea­se use my name (pre­fe­ren­do che l’interazione avven­ga con il nome pro­prio), vuo­to (per per­met­te­re alle per­so­ne di scri­ve­re quel­lo che pre­fe­ri­sco­no) e trans ally (per chi vuo­le segna­la­re un’alleanza con la comu­ni­tà tran­sgen­der). Con il pas­sa­re del tem­po, han­no anche aggiun­to degli stic­kers: trans day of visi­bi­li­ty (gior­na­ta del­la visi­bi­li­tà trans), respect my pro­nouns, respect me (rispet­tan­do i miei pro­no­mi, rispet­ti me), gen­der is a spec­trum (il gene­re è uno spet­tro), trans ally (allean­za con la comu­ni­tà tran­sgen­der) e my pro­nouns mat­ter (i miei pro­no­mi contano).

Vista que­sta ini­zia­ti­va, io stes­sa mi sono pre­mu­ra­ta di met­ter­mi in con­tat­to con il comu­ne del­la cit­tà, e con chi era addet­to alla divi­sio­ne, ho pat­tui­to la con­se­gna di 100 spil­let­te, volan­ti­ni e poster da divi­de­re con chi fre­quen­ta la mia uni­ver­si­tà. Ho ini­zia­to a distri­bui­re le spil­let­te i pri­mi gior­ni di cor­so, di soli­to ad Otto­bre. Ne ho anco­ra qual­cu­na, chiu­sa in un arma­diet­to dell’università per ora inac­ces­si­bi­le. Io stes­sa ho usa­to la spil­let­ta She/her/hers e Trans Ally e le ho inse­ri­te sul lac­cet­to del mio bad­ge uni­ver­si­ta­rio. L’armonia tra la l’istituzione (il comu­ne di Brighton), e la comu­ni­tà sem­bra uno degli aspet­ti fon­da­men­ta­li (ma for­se dimen­ti­ca­ti) del­la poli­ti­ca e del suo ori­gi­na­rio signi­fi­ca­to, ovve­ro nel­la gestio­ne del­le persone. 

Auspi­co che que­sto ven­ga pre­so d’esempio in Ita­lia: è di noti­zia recen­tis­si­ma che in un liceo di Roma vie­ne data pos­si­bi­li­tà di scel­ta del nome. Ma affin­ché ci sia una con­sa­pe­vo­lez­za poli­ti­ca dell’inclusività devo­no lavo­ra­re insie­me pic­co­le real­tà come quel­la del­le scuo­le (che io riten­go fon­da­men­ta­le) e quel­la del­le istituzioni. 

Per cre­sce­re, biso­gna far­lo insieme.

AIUTACI a scrivere altri articoli come quello che hai appena letto con una donazione e con il 2x1000 nella dichiarazione dei redditi aggiungendo il codice S36 nell'apposito riquadro dedicato ai partiti politici.

Se ancora non la ricevi, puoi registrarti alla nostra newsletter.
Partecipa anche tu!

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Congresso 2024: regolamento congressuale

Il con­gres­so 2024 di Pos­si­bi­le si apre oggi 5 apri­le: dif­fon­dia­mo in alle­ga­to il rego­la­men­to con­gres­sua­le ela­bo­ra­to dal Comi­ta­to Organizzativo.

Il salario. Minimo, indispensabile. Una proposta di legge possibile.

Già nel 2018 Pos­si­bi­le ha pre­sen­ta­to una pro­po­sta di leg­ge sul sala­rio mini­mo. In quel­la pro­po­sta, l’introduzione di un sala­rio mini­mo lega­le, che rico­no­sces­se ai mini­mi tabel­la­ri un valo­re lega­le erga omnes quan­do que­sti fos­se­ro al di sopra del­la soglia sta­bi­li­ta, for­ni­va una inno­va­ti­va inter­pre­ta­zio­ne del­lo stru­men­to, sino a quel tem­po bloc­ca­to dal timo­re di ero­de­re pote­re con­trat­tua­le ai sin­da­ca­ti. Il testo del 2018 è sta­to riscrit­to e miglio­ra­to in alcu­ni dispo­si­ti­vi ed è pron­to per diven­ta­re una pro­po­sta di leg­ge di ini­zia­ti­va popolare.

500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

500.000 fir­me per toglie­re risor­se e giro d’affari alle mafie, per garan­ti­re la qua­li­tà e la sicu­rez­za di cosa vie­ne ven­du­to e con­su­ma­to, per met­te­re la paro­la fine a una cri­mi­na­liz­za­zio­ne e a un proi­bi­zio­ni­smo che non han­no por­ta­to a nes­sun risul­ta­to. La can­na­bis non è una que­stio­ne secon­da­ria o risi­bi­le, ma un tema serio che riguar­da milio­ni di italiani.

Possibile per il Referendum sulla Cannabis

La can­na­bis riguar­da 5 milio­ni di con­su­ma­to­ri, secon­do alcu­ni addi­rit­tu­ra 6, mol­ti dei qua­li sono con­su­ma­to­ri di lun­go cor­so che ne fan­no un uso mol­to con­sa­pe­vo­le, non peri­co­lo­so per la società.
Pre­pa­ra­te lo SPID! Sarà una cam­pa­gna bre­vis­si­ma, dif­fi­ci­le, per cui ser­vi­rà tut­to il vostro aiu­to. Ma si può fare. Ed è giu­sto provarci.

Corridoi umanitari per chi fugge dall’Afghanistan, senza perdere tempo o fare propaganda

La prio­ri­tà deve esse­re met­te­re al sicu­ro le per­so­ne e non può esse­re mes­sa in discus­sio­ne da rim­pal­li tra pae­si euro­pei. Il dirit­to d’asilo è un dirit­to che in nes­sun caso può esse­re sot­to­po­sto a “vin­co­li quan­ti­ta­ti­vi”. Ser­vo­no cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, e cioè vie d’accesso sicu­re, lega­li, tra­spa­ren­ti attra­ver­so cui eva­cua­re più per­so­ne possibili. 

L’indipendenza delle persone con disabilità passa (anche) dall’indipendenza economica

È la Gior­na­ta Inter­na­zio­na­le del­le Per­so­ne con Disa­bi­li­tà, e anco­ra una vol­ta riba­dia­mo quan­to sia urgen­te e neces­sa­rio un cam­bia­men­to socia­le e cul­tu­ra­le per la pie­na indi­pen­den­za di tut­te e tut­ti. C’è tan­to da fare, dal­la revi­sio­ne del­le pen­sio­ni di inva­li­di­tà a un pia­no per l’eliminazione del­le bar­rie­re archi­tet­to­ni­che, pas­san­do per il tabù — da abbat­te­re al più pre­sto — sull’assistenza ses­sua­le. Una for­ma fon­da­men­ta­le di auto­no­mia è quel­la economica.