Ero partito democratico (della sinistra) e sono tornato

Schermata 2013-11-10 alle 09.23.29 Ave­vo poco meno di ven­ti­cin­que anni, ed ero atti­vi­sta nel più gran­de par­ti­to del­la sini­stra ita­lia­na. Apri­vo la sezio­ne ‑allo­ra non si chia­ma­va­no cir­co­li- e con­tri­bui­vo sia all’i­ni­zia­ti­va poli­ti­ca che alla “pro­pa­gan­da”, si dice­va così, rive­lan­do una par­te del­la mia for­ma­zio­ne pro­fes­sio­na­le suc­ces­si­va. Del resto con madre in pas­sa­to mili­tan­te e geni ere­di­ta­ti da un rifor­mi­sta vici­no a Napo­li­ta­no, il mio momen­to-Cosa (di Nan­ni Moret­ti) lo ave­vo già supe­ra­to. In quel­l’an­no il Par­ti­to Demo­cra­ti­co del­la Sini­stra, i cui effet­ti al gover­no del Pae­se si sta­va­no comin­cian­do a vede­re, ave­va vin­to anche le ele­zio­ni comu­na­li ‑in coa­li­zio­ne nel cen­tro­si­ni­stra che era ormai linea­re chia­ma­re Uli­vo- strap­pan­do la cit­tà alla Lega. Di lì a poco, tut­ti i ver­ti­ci del­la sezio­ne si tra­sfe­ri­ro­no in ammi­ni­stra­zio­ne, sen­za pro­ce­de­re a un ricam­bio natu­ra­le, nè lascia­re che l’i­ni­zia­ti­va poli­ti­ca auto­no­ma del par­ti­to rispet­to alla giun­ta si man­te­nes­se viva. Sen­ti­vo che pote­va esse­re il mio momen­to, l’as­sun­zio­ne di una respon­sa­bi­li­tà sul­la scor­ta del­le idee e non solo del mio sta­tus di gio­va­ne, l’u­ni­co che una gestio­ne pre­ce­den­te un po’ spre­giu­di­ca­ta non si era lascia­ta sfuggire.

enver elezioni 97 In occa­sio­ne del con­gres­so, pre­pa­rai un docu­men­to che avrei poi let­to in sede, nel qua­le mi sarei mes­so a dispo­si­zio­ne per una can­di­da­tu­ra ver­so gli anni Due­mi­la. Il tito­lo del­l’in­ter­ven­to era “Una clas­se diri­gen­te nuo­va per un par­ti­to nuo­vo”, e quin­di è pos­si­bi­le capi­re il col­po che mi ha pre­so quan­do ‑quin­di­ci anni dopo- Fabri­zio Bar­ca sti­lò il suo, deno­mi­nan­do­lo “Un par­ti­to nuo­vo per un buon gover­no”. Sfron­da­to dagli ecces­si reto­ri­ci, qua­si venia­li per una per­so­na­li­tà non anco­ra del tut­to adul­ta e un po’ refrat­ta­ria a tat­ti­che e stra­te­gie, quel testo par­la­va già di «demo­cra­ti­ci, come irre­ver­si­bi­le pro­ces­so sto­ri­co e comu­nan­za di valo­ri con­di­vi­si»: era il tasto su cui insi­ste­va l’al­lo­ra vice­pre­mier Vel­tro­ni, gra­zie alla cui Uni­tà accre­sce­vo la mia incli­na­zio­ne a infor­mar­mi pri­ma di scri­ve­re. Non solo: face­vo rife­ri­men­to ai «lavo­ri ati­pi­ci», met­te­vo in guar­dia dal rischio di una mor­ti­fi­ca­zio­ne del­le ener­gie ine­spres­se a van­tag­gio dei soli­ti noti, auspi­ca­vo l’u­so di inter­net (anco­ra non così di mas­sa) nei rap­por­ti tra ver­ti­ci e base, mi schie­ra­vo con­tro la scel­ta immi­nen­te del cosid­det­to appa­ra­to, una gri­gia fun­zio­na­ria per la segre­te­ria, con toni rot­ta­ma­to­ri che il Ren­zi di un anno fa al con­fron­to era uno scru­po­lo­so esta­bli­sher, e che oggi pro­ba­bil­men­te non riscri­ve­rei nel­la stes­sa forma.

mognato pd chioggia Insom­ma, ampi stral­ci di quei fogli, tenu­ti per anni in un flop­py disk e di recen­te rin­ve­nu­ti (spie­gaz­za­ti e vis­su­ti) anche in for­ma­to car­ta­ceo, si pre­ste­reb­be­ro ancor oggi all’at­tua­li­tà poli­ti­ca del mag­gior par­ti­to del­la sini­stra ita­lia­na. E que­sto dice una cosa sola: che in tre lustri e otto gover­ni, non è cam­bia­to nien­te. Non negli argo­men­ti e nei pro­ble­mi, che sono anco­ra tut­ti là ‑dal­la rap­pre­sen­tan­za sin­da­ca­le dei non garan­ti­ti alla comu­ni­ca­zio­ne inter­na ed ester­na, dal­l’es­se­re “par­te” alla con­si­de­ra­zio­ne di una base più avan­ti nei pro­ces­si poli­ti­ci rispet­to ai ver­ti­ci- e non nel­la clas­se diri­gen­te, che si è auto­con­ser­va­ta pur nel­la muta­zio­ne del­la sca­to­la con­te­ni­tri­ce. Super­fluo dire, a que­sto pun­to, che, pur cal­deg­gia­ti da impor­tan­ti espo­nen­ti cit­ta­di­ni, all’e­po­ca quel docu­men­to e i suoi effet­ti non ven­ne­ro con­si­de­ra­ti, in nome del­l’e­spe­rien­za, del­la tenu­ta uni­ta­ria, e di tut­te le altre locu­zio­ni che si inven­ta­no da sem­pre per deci­de­re nei cami­net­ti o davan­ti a qual­che son­tuo­sa gri­glia­ta di pesce. E poco impor­ta che in una assem­blea dei cir­co­li, mol­ti anni più tar­di a Roma, Debo­ra Ser­rac­chia­ni diven­tò cele­bre per aver uti­liz­za­to all’in­cir­ca le stes­se paro­le e gli stes­si argo­men­ti di cri­ti­ca al model­lo. Per con­to mio, con­ti­nuai la mia ade­sio­ne a caval­lo del mil­len­nio, fino al soprag­giun­ge­re di un nuo­vo fat­to­re ‑attua­lis­si­mo, anco­ra- che l’a­vreb­be resa impraticabile.

fassino amato d'alema Al con­gres­so del 2001, Pie­ro Fas­si­no ‑esem­pla­re per­fet­to di tra­ver­sa­ta dal car­rie­ri­smo comu­ni­sta 1983 al car­ri­smo ren­zia­no 2013- si can­di­da­va a segre­ta­rio vagheg­gian­do, obtor­to il suo lun­go col­lo, il per­cor­so ver­so il Par­ti­to Demo­cra­ti­co. Nel­la cel­lu­la del­la lagu­na sud ave­vo aiu­ta­to alcu­ni net­tur­bi­ni di una com­pa­gnia che sta­va per per­de­re l’ap­pal­to di alcu­ne puli­zie a entra­re in con­tat­to col pre­si­den­te del­la muni­ci­pa­liz­za­ta (già segre­ta­rio comu­na­le del PDS) per tro­va­re una solu­zio­ne che con­sen­tis­se di sal­va­re il posto di lavo­ro. Era­no tut­ti o qua­si elet­to­ri del­le destre di popo­lo, dal­la Lega ad Allean­za Nazio­na­le. L’o­pe­ra­zio­ne andò a buon fine, ma non mi sarei aspet­ta­to di veder­li tes­se­ra­ti tut­ti e nove dai DS, entra­re stra­ni­ti in quel­la sede che sen­ti­vo “mia” e che per loro era quel­la dei ros­si, vota­re Fas­si­no al con­gres­so comu­na­le, imboc­ca­re la por­ta d’u­sci­ta e non aver­ne più trac­cia, maga­ri per la cal­le c’e­ra­no le bri­cio­le del­le loro tes­se­re. Pic­co­lo caso di trup­pe cam­mel­la­te, di intru­sio­ne di cor­pi trop­po estra­nei, di doping del­le geo­me­trie inter­ne, come tan­ti ne vedia­mo in cor­so per tut­ta l’I­ta­lia nel­le ulti­me set­ti­ma­ne. Fat­to sta che asse­gnai la mia pre­fe­ren­za a Gio­van­ni Ber­lin­guer, per­si 42 a 1 e deci­si di non rin­no­va­re una tes­se­ra ormai decen­na­le e che ave­va, anche con quel fat­to, per­so il pro­prio valore.

Schermata 2013-11-10 alle 11.26.07 Per tut­ti gli Anni Zero sono sta­to un noma­de, anzi un orfa­no, di quel­la sini­stra social­de­mo­cra­ti­ca e labu­ri­sta che ave­va sapu­to incon­tra­re, nel­l’U­li­vo di Roma­no Pro­di, l’i­spi­ra­zio­ne cat­to­li­ca pro­gres­si­sta e wel­fa­re-orien­ted, le istan­ze ambien­ta­li, i nuo­vi dirit­ti nei refe­ren­dum, l’e­re­di­tà lai­ca e azio­ni­sta, e che fos­se un net­to con­tral­ta­re idea­le, pro­gram­ma­ti­co e pure “antro­po­lo­gi­co” alla destra ber­lu­sco­nia­na e leghi­sta. Ho vota­to non di rado a sini­stra dei DS (Ver­di, giro­ton­di, Ita­lia dei Valo­ri, fino a Ven­do­la) e non mi sono sen­ti­to imme­dia­ta­men­te coin­vol­to dal­la nasci­ta del Par­ti­to Demo­cra­ti­co, le cui ragio­ni com­pre­si appie­no solo più tar­di. La mia vita di gior­na­li­sta sta­va vol­gen­do ver­so altri inte­res­si e pas­sio­ni, ma quan­do il tuo Pae­se ver­sa in deter­mi­na­te con­di­zio­ni e in casa, a scuo­la, nei luo­ghi di lavo­ro ave­vi respi­ra­to da sem­pre la poli­ti­ca, il richia­mo pri­ma o poi dove­va arri­va­re. Fu alle pri­ma­rie del 2012, nei mesi pre­pa­ra­to­ri, quan­do Ber­sa­ni ‑a cui nel 2009 non die­di cre­di­to- rin­no­vò la segre­te­ria, le rap­pre­sen­tan­ze nei ter­ri­to­ri, per­fi­no i talk show tele­vi­si­vi si adat­ta­ro­no a impor­ta­re nuo­ve figu­re del­la galas­sia demo­cra­ti­ca. L’es­ser­si mes­so con­tro il mefi­ti­co pat­to di sin­da­ca­to del­le cor­ren­ti (che oggi stan­no mez­ze con Cuper­lo e mez­ze con Ren­zi) attri­bui­va ulte­rio­ri pun­ti al segre­ta­rio emi­lia­no, di modo tale da far­mi dire che, al mede­si­mo sta­tus quo di un anno fa, ricon­fer­me­rei quel­la mia scel­ta elet­to­ra­le nei suoi con­fron­ti. Ed è sta­to appa­gan­te, sen­tir­si chie­de­re di dare una mano alla fede­ra­zio­ne nel­l’u­so dei social net­work: final­men­te, una pic­co­la vit­to­ria tar­di­va se non postu­ma, di quel docu­men­to scrit­to quin­di­ci anni prima.

Schermata 2013-11-09 alle 18.25.46 Il resto è cro­na­ca. Dopo la scon­fit­ta di feb­bra­io la diri­gen­za del PD ha sba­glia­to tut­to quel­lo che era pos­si­bi­le sba­glia­re, e anche di più con l’a­pi­ce del 101, soprat­tut­to nel rap­por­to con chi le ave­va affi­da­to anco­ra una vol­ta il pro­prio con­sen­so. Da qual­che anno seguo il blog e le ini­zia­ti­ve poli­ti­che di un mio coe­ta­neo di Mon­za, Giu­sep­pe Civa­ti, con cui ho con­di­vi­so il per­cor­so a par­ti­re dai comi­ta­ti per l’I­ta­lia che voglia­mo, fino a ritro­var­mi sem­pre più nel­le sue posi­zio­ni e anche nel modo di espri­mer­le: uno che gira la nazio­ne non solo duran­te le cam­pa­gne elet­to­ra­li, aggre­gan­do con visio­ne lun­ga. Se non ci fos­se sta­ta la Rete ‑ieri osteg­gia­ta dal sin­da­co di Vene­zia al con­gres­so pro­vin­cia­le, squa­li­fi­can­do­la a «pet­te­go­lez­zo»- non avrei mai, pro­ba­bil­men­te, sapu­to che fuo­ri dal­le con­sor­te­rie, dai nasi tura­ti, dai mago­ni da inghiot­ti­re nel­la pic­co­la iso­la c’è, unen­do i pun­ti­ni, un altro par­ti­to pos­si­bi­le. Espe­rien­ze che con­ver­go­no e che moti­va­no nel tor­na­re a dar­si da fare, con la luci­da sapien­za di Wal­ter Toc­ci e l’e­ner­gia con­ta­gio­sa di Elly Schlein («Quan­te di quel­le ani­me voglia­mo per­de­re anco­ra?»), la schie­na drit­ta di Feli­ce Cas­son con cui le vicen­de nar­ra­te all’i­ni­zio divi­do­no nata­li e dia­let­to, e la mae­stria inop­pu­gna­bi­le di Cor­ra­di­no Mineo: una rete, minu­sco­lo, che è già clas­se diri­gen­te dif­fu­sa e spon­ta­nea, pares il cui pri­mus non è uomo solo al coman­do, per una mis­sio­ne i cui ner­vi sco­per­ti sono anco­ra intat­ti da quel docu­men­to del 1998, e da quel tes­se­ra­men­to di tre anni più tar­di. A pro­po­si­to, in #untran­quil­lo­wee­kend­dapd solo una pro­spet­ti­va così affa­sci­nan­te pote­va con­vin­cer­mi a sot­to­scri­ve­re di nuo­vo l’a­de­sio­ne, dopo tut­to que­sto tem­po, a una for­za che ancor oggi sta gover­nan­do assie­me a Sil­vio Ber­lu­sco­ni: l’u­ni­ca pro­spet­ti­va che aper­ta­men­te chie­de la fine del­le lar­ghe inte­se. E la sola che per la pri­ma vol­ta non è la meno peg­gio, ma ad oggi la miglio­re nel­lo ster­za­re in dire­zio­ne oppor­tu­na, uni­fi­can­do sini­stra e rin­no­va­men­to là dove i con­cor­ren­ti man­ca­no del­l’u­na, o del­l’al­tro. Insom­ma, ero par­ti­to demo­cra­ti­co (del­la sini­stra), sono tor­na­to. E la sini­stra, qual­cu­no chie­de­rà? La ritro­via­mo e la por­tia­mo nel­l’u­ni­co luo­go dove può esse­re spe­sa, assie­me a Giu­sep­pe Civa­ti.

 

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