Diritti e lavoro: le cooperative del precariato

Lavo­ra­re, tal­vol­ta anche di not­te, per una paga di 6 o 6,5 euro all’ora. Di sicu­ro infe­rio­re a qual­sia­si altro dipen­den­te assun­to. Sen­za un con­trat­to, sen­za ave­re la garan­zia di un fis­so men­si­le, sen­za ave­re la cer­tez­za di esse­re richia­ma­ti per lo stes­so mon­te ore il gior­no suc­ces­si­vo. Remu­ne­ra­ti “a cot­ti­mo” si sareb­be det­to fino a qual­che tem­po fa, pri­ma che si cer­cas­se­ro altri modi – meno dolo­ro­si – per indi­ca­re chi vie­ne paga­to a pre­sta­zio­ne. È que­sto il popo­lo dei lavo­ra­to­ri di mol­te coo­pe­ra­ti­ve che guar­da­no al dibat­ti­to del­le chiu­su­re dome­ni­ca­li come un qual­co­sa di luna­re. Sì, per­ché i dirit­ti nel loro caso sono un con­cet­to astrat­to, fat­to a pez­zi.

Il mec­ca­ni­smo è ormai roda­to: le azien­de, com­pre­se alcu­ne del­la gran­de distri­bu­zio­ne, fan­no ricor­so a un’esternalizzazione in pie­na rego­la. Al posto di assu­me­re nuo­vi dipen­den­ti, con il corol­la­rio del­le garan­zie con­trat­tua­li, fan­no ricor­so alle coo­pe­ra­ti­ve ester­ne: appal­ta­no il lavo­ro e i soci del­la coo­pe­ra­ti­va sca­ri­ca­no i camion, siste­ma­no i pro­dot­ti negli scaf­fa­li. Insom­ma, lavo­ra­no al fian­co dei dipen­den­ti “veri”, spes­so svol­gen­do le man­sio­ni più faticose.

Lo sti­pen­dio? Lavo­ran­do una media di 8 ore al gior­no, mol­ti rie­sco­no a por­ta­re a casa mil­le euro. In alcu­ni casi, in par­ti­co­la­re nel­le aree più in dif­fi­col­tà del Sud tra per­so­ne alla ricer­ca di un’occupazione, è qua­si un lus­so. Ma non è sem­pre così, per­ché c’è un ulte­rio­re pro­ble­ma: il mon­te ore, spes­so, non è garan­ti­to. Chia­mia­mo­lo, ama­ra­men­te, “rischio di impre­sa”, in quan­to soci del­la coo­pe­ra­ti­va. Dun­que, può acca­de­re che il sala­rio alla fine del mese sia più bas­so. E biso­gna rin­gra­zia­re anche quan­do si lavo­ra nei gior­ni festi­vi, per­ché si met­te un po’ di ore e quin­di di fie­no in cascina.

La pra­ti­ca è ormai con­so­li­da­ta nel­la vita lavo­ra­ti­va rea­le, al di fuo­ri del con­fron­to social-media­ti­co: le coop – ovvia­men­te non tut­te ma una buo­na par­te — sono la fron­tie­ra, nem­me­no così nuo­va, del­la pre­ca­rie­tà, dell’assalto ai dirit­tiL’Espresso ha anche rac­con­ta­to come il feno­me­no sia in cre­sci­ta in tut­ti i set­to­ri, non solo nel­la gran­de distri­bu­zio­ne. Un uni­ver­so opa­co, fat­to tal­vol­ta di real­tà spre­giu­di­ca­te: “Quan­do una coo­pe­ra­ti­va scric­chio­la, per­ché rischia un’ispezione o ha accu­mu­la­to trop­pi debi­ti con l’erario, allo­ra la si chiu­de e i dipen­den­ti pas­sa­no sot­to un’altra del­lo stes­so con­sor­zio”, ha rac­con­ta­to un ispet­to­re dell’Inps a L’Espresso. E così tra una chiu­su­ra e una ria­per­tu­ra, chi vie­ne assun­to per­de anche gli even­tua­li scat­ti di anzia­ni­tà previsti.

In que­sto qua­dro, il decre­to cosid­det­to Digni­tà, che dove­va rap­pre­sen­ta­re la “Water­loo del pre­ca­ria­to” (Di Maio docet), cosa ha fat­to? Nul­la. Al di là del­le fumo­se affer­ma­zio­ni pro­pa­gan­di­sti­che, il pre­ca­ria­to è vivo e vege­to. E men­tre la poli­ti­ca si acca­pi­glia sul­le chiu­su­re dome­ni­ca­li, un eser­ci­to di pre­ca­ri resta aggrap­pa­to a un bran­del­lo di posto di lavo­ro. Sen­za garan­zie. E poche prospettive.

AIUTACI a scrivere altri articoli come quello che hai appena letto con una donazione e con il 2x1000 nella dichiarazione dei redditi aggiungendo il codice S36 nell'apposito riquadro dedicato ai partiti politici.

Se ancora non la ricevi, puoi registrarti alla nostra newsletter.
Partecipa anche tu!

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Il salario. Minimo, indispensabile. Una proposta di legge possibile.

Già nel 2018 Pos­si­bi­le ha pre­sen­ta­to una pro­po­sta di leg­ge sul sala­rio mini­mo. In quel­la pro­po­sta, l’introduzione di un sala­rio mini­mo lega­le, che rico­no­sces­se ai mini­mi tabel­la­ri un valo­re lega­le erga omnes quan­do que­sti fos­se­ro al di sopra del­la soglia sta­bi­li­ta, for­ni­va una inno­va­ti­va inter­pre­ta­zio­ne del­lo stru­men­to, sino a quel tem­po bloc­ca­to dal timo­re di ero­de­re pote­re con­trat­tua­le ai sin­da­ca­ti. Il testo del 2018 è sta­to riscrit­to e miglio­ra­to in alcu­ni dispo­si­ti­vi ed è pron­to per diven­ta­re una pro­po­sta di leg­ge di ini­zia­ti­va popolare.

500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

500.000 fir­me per toglie­re risor­se e giro d’affari alle mafie, per garan­ti­re la qua­li­tà e la sicu­rez­za di cosa vie­ne ven­du­to e con­su­ma­to, per met­te­re la paro­la fine a una cri­mi­na­liz­za­zio­ne e a un proi­bi­zio­ni­smo che non han­no por­ta­to a nes­sun risul­ta­to. La can­na­bis non è una que­stio­ne secon­da­ria o risi­bi­le, ma un tema serio che riguar­da milio­ni di italiani.

Possibile per il Referendum sulla Cannabis

La can­na­bis riguar­da 5 milio­ni di con­su­ma­to­ri, secon­do alcu­ni addi­rit­tu­ra 6, mol­ti dei qua­li sono con­su­ma­to­ri di lun­go cor­so che ne fan­no un uso mol­to con­sa­pe­vo­le, non peri­co­lo­so per la società.
Pre­pa­ra­te lo SPID! Sarà una cam­pa­gna bre­vis­si­ma, dif­fi­ci­le, per cui ser­vi­rà tut­to il vostro aiu­to. Ma si può fare. Ed è giu­sto provarci.

Corridoi umanitari per chi fugge dall’Afghanistan, senza perdere tempo o fare propaganda

La prio­ri­tà deve esse­re met­te­re al sicu­ro le per­so­ne e non può esse­re mes­sa in discus­sio­ne da rim­pal­li tra pae­si euro­pei. Il dirit­to d’asilo è un dirit­to che in nes­sun caso può esse­re sot­to­po­sto a “vin­co­li quan­ti­ta­ti­vi”. Ser­vo­no cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, e cioè vie d’accesso sicu­re, lega­li, tra­spa­ren­ti attra­ver­so cui eva­cua­re più per­so­ne possibili. 

Caro Marco, ci vorrebbe un colpo da maestro

Caro Mar­co, ci vor­reb­be un col­po da mae­stro, alla Tibe­ri, l’abbiamo sem­pre chia­ma­to così: un’i­dea per scri­ve­re una sto­ria com­ple­ta­men­te diver­sa. Per­ché, Mar­co, non amavi

Nature Restoration Law: stavolta ha vinto la Terra!

È un momen­to sto­ri­co: oggi l’Europa ren­de leg­ge il ripri­sti­no del­la natu­ra, e defi­ni­sce la dire­zio­ne che il nostro con­ti­nen­te segui­rà per ridar­le spa­zio. La que­stio­ne non è edo­ni­sti­ca, e nem­me­no intel­let­tua­le: si trat­ta di per­met­te­re che gli eco­si­ste­mi, come i fiu­mi o le zone umi­de, ter­re col­ti­va­te e fore­ste, tor­ni­no gra­dual­men­te in una con­di­zio­ne di equi­li­brio per con­ti­nua­re a tra­sfor­ma­re la mate­ria, per ren­de­re, cioè, la bio­sfe­ra vivi­bi­le anche per noi.