Quaderni

I lavoratori senza rete protettiva: una testimonianza

L’emergenza sani­ta­ria sta col­pen­do tut­ti ma non col­pi­sce tut­ti allo stes­so modo. In una socie­tà dise­gua­le, dise­gua­li sono anche gli effet­ti del loc­k­do­wn sul­la vita eco­no­mi­ca e socia­le del­le per­so­ne. Nono­stan­te le paro­le del mini­stro Gual­tie­ri – “Gior­ni dif­fi­ci­li, non voglia­mo lascia­re indie­tro nes­su­no” – ci sono mol­te tipo­lo­gie di lavo­ra­to­ri rima­sti sco­per­ti, sen­za una rete pro­tet­ti­va, dai DPCM dei gior­ni scor­si e dal ‘Cura Italia’.

Fase due: modello Crisanti

Se sare­mo in gra­do di fare que­sto, sen­za far­ci tira­re per la giac­ca da chi ha inte­res­si che oggi ogget­ti­va­men­te con­tra­sta­no con quel­lo del­la salu­te pub­bli­ca col­let­ti­va, e che han­no fat­to già abba­stan­za dan­ni, ripar­ti­re­mo pri­ma, sen­za ricadute.

L’emergenza sanitaria non deve diventare un alibi per negare il diritto all’aborto

L’emergenza sani­ta­ria, lo sap­pia­mo, ha mes­so in ginoc­chio le strut­tu­re ospe­da­lie­re del Pae­se. E a quan­to pare, crea­to un ali­bi per­fet­to per pro­va­re a dare un col­po ben asse­sta­to al dirit­to di abor­ti­re, che già negli ospe­da­li d’Italia non gode di gran­de appro­va­zio­ne viste le per­cen­tua­li ter­ri­fi­can­ti di medi­ci obiet­to­ri che si regi­stra­no da Nord a Sud.