Leggi che non lo erano, un dibattito surreale

Abbia­mo tut­ti assi­sti­to (anche se ne avrem­mo fat­to volen­tie­ri a meno) al dibat­ti­to grot­te­sco sul cosid­det­to Ius Soli, che ha ani­ma­to in que­sti gior­ni i media ita­lia­ni. Gaz­zar­ra al Sena­to, ber­cia­re furen­te del­la Lega a reti uni­fi­ca­te, le soli­te gira­vol­te situa­zio­ni­ste del M5S, i con­sue­ti toni umi­li del PD, che sem­bra sia sem­pre in pro­cin­to di appro­va­re il codi­ce di Ham­mu­ra­bi.

Un tut­ti con­tro tut­ti (a cal­ci sul muso, direb­be Gior­gio Cana­li) che potreb­be sem­bra­re ecces­si­vo per un isti­tu­to di asso­lu­ta civil­tà di cui uno Sta­to moder­no si dovreb­be dota­re sen­za gran­di trion­fa­li­smi né strac­ciar di vesti, ma che risul­ta dav­ve­ro sur­rea­le se si con­si­de­ra un par­ti­co­la­re a cui nes­su­no sem­bra dare mol­to peso: quel­lo al voto non è lo Ius Soli. Ma pro­prio per nien­te.  Con­si­glio su que­sto di leg­ge­re quan­to scrit­to oggi dall’ottimo Andrea Mae­stri sul Manifesto.

Quel­lo che mi inte­res­sa qui, inve­ce, è osser­va­re l’ennesimo esem­pio del tota­le distac­co da ogni bar­lu­me di real­tà del dibat­ti­to politico/mediatico del Paese.

Per­ché quel­lo del­lo ius-soli-che-in-real­tà-non-lo‑è rap­pre­sen­ta solo l’ultimo epi­so­dio di una serie che va avan­ti da alme­no tre anni.

A par­ti­re dal gran­de dibat­ti­to sull’Ita­li­cum mag­gio­ri­ta­rio che non lo era, pas­san­do per l’abolizione del Sena­to che non lo era, i matri­mo­ni gay che non lo era­no, la leg­ge sul fine vita che un po’ lo era e un po’ no, i vou­cher abo­li­ti che non lo era­no, il siste­ma tede­sco che non lo era, e mi fer­mo ai prov­ve­di­men­ti più noti.

Fiu­mi di toner, ton­nel­la­te di car­ta, tera­by­te su tera­by­te di tra­smis­sio­ni tv e post su tut­ti i blog di tut­te le testa­te gran­di e pic­co­le, per discu­te­re di cose che non sono scrit­te da nes­su­na parte.

A costo di esse­re accu­sa­to di mali­zia, vie­ne il sospet­to che il pol­ve­ro­ne alza­to su que­ste come su mil­le altre que­stio­ni ser­va solo a copri­re la pic­ci­ne­ria del­le posi­zio­ni in cam­po. Un po’ come il testo­ne del mago di Oz, che ser­ve anche in que­sto caso a copri­re una ben più mise­ra sta­tu­ra, sta­vol­ta politica.

Il tut­to al gri­do di “la gen­te non capi­sce!
E ci credo.

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