Governare senza gli elettori: la partecipazione dimenticata nella prova generale dell’Italicum

Grazie all'Italicum e alla riforma costituzionale avremo governi rappresentativi di una minoranza della minoranza.

Le ele­zio­ni dei sin­da­ci – a par­ti­re da quel­li del­le mag­gio­ri cit­tà ita­lia­ne – mostra­no risul­ta­ti ine­qui­vo­ca­bi­li di stan­chez­za nei con­fron­ti di un Ese­cu­ti­vo che ha deci­so di pun­ta­re qua­si tut­ta la pro­pria atten­zio­ne pro­prio su ciò da cui si sareb­be dovu­to tene­re alla lar­ga: la revi­sio­ne del­la Costi­tu­zio­ne e la leg­ge elet­to­ra­le, peral­tro mol­to mal congegnate.

Ma – come spes­so acca­de – l’analisi che imme­dia­ta­men­te è sta­ta avvia­ta da par­te dei com­men­ta­to­ri tie­ne con­to sol­tan­to del­le per­cen­tua­li con­se­gui­te dai diver­si can­di­da­ti, men­tre sem­bra sem­pre più impor­tan­te con­si­de­ra­re la per­cen­tua­le dei votan­ti e i nume­ri asso­lu­ti. Per­ché è die­tro que­sti ulti­mi che stan­no gli elet­to­ri, che la discus­sio­ne imme­dia­ta­men­te aper­ta­si sui prin­ci­pa­li media nazio­na­li rimuo­ve, per con­cen­trar­si su cor­ren­ti di par­ti­to, allean­ze, con­se­guen­ze sul lea­der di tur­no, sce­na­ri di palaz­zo. Gli uni­ci legit­ti­mi tito­la­ri del­la sovra­ni­tà, da anni dimen­ti­ca­ti dai pro­pri rap­pre­sen­tan­ti e dai Gover­ni che si sus­se­guo­no lagnan­do­si dei loro “scar­si pote­ri” (che sem­bra­no, in real­tà, ben più for­ti del loro con­sen­so popo­la­re), lo sono anche nel­la discus­sio­ne pubblica.

Per que­sto pare uti­le ripar­ti­re alme­no dai dati, come ave­va­mo sot­to­li­nea­to all’indomani del refe­ren­dum del 17 apri­le, dal qua­le risul­ta­va come colo­ro che ave­va­no par­te­ci­pa­to – e for­se addi­rit­tu­ra colo­ro che ave­va­no vota­to Sì – non fos­se­ro pro­ba­bil­men­te meno di colo­ro che ave­va­no vota­to nel 2013 per i par­ti­ti su cui si reg­ge l’attuale Ese­cu­ti­vo. Que­sti ci dico­no che a Napo­li han­no vota­to 283.542 elet­to­ri su 788.291 (pari al 35,96 %), a Roma 1.185.280 elet­to­ri su 2.363.776 (pari al 50,14%), a Mila­no 521.487 su 1.006.701 (pari al 51, 8%), a Tori­no 378.586 elet­to­ri su 695.740 (pari al 54,41%). I sin­da­ci tal­vol­ta sono elet­ti con ampio mar­gi­ne (come cer­ta­men­te a Roma), ma spes­so pre­val­go­no di misu­ra: il caso più emble­ma­ti­co è, appun­to, quel­lo di Mila­no dove i voti di scar­to sono sol­tan­to 17.429 (pari all’1,7% degli aven­ti diritto).

Quin­di il gover­no rischia di esse­re con­se­gna­to – sta­bil­men­te per cin­que anni – a chi pre­va­le alla fine dav­ve­ro per una man­cia­ta di voti, rap­pre­sen­tan­do una mino­ran­za dav­ve­ro esi­gua.

Ora, que­sto è quan­to acca­de – si dirà – in tut­ti i siste­mi elet­to­ra­li mag­gio­ri­ta­ri, ai qua­li guar­dia­mo, per mol­ti ver­si, con favo­re. Ma, in quei casi, attra­ver­so uno scar­to anche ristret­to (che poi spes­so, di fat­to, non c’è) è elet­to un sin­go­lo par­la­men­ta­re, per cui l’elezione con pochi voti di scar­to può esse­re uti­le a sem­pli­fi­ca­re il qua­dro poli­ti­co, ma non deter­mi­na – da sola – la attri­bu­zio­ne di nes­su­na mag­gio­ran­za di gover­no. Non così per i sin­da­ci, in cui – come dimo­stra bene Mila­no, appun­to – anche con uno scar­to mini­mo vie­ne attri­bui­to il gover­no (ten­den­zial­men­te sta­bi­le per cin­que anni). Ma un effet­to anco­ra più incre­di­bi­le si deter­mi­ne­reb­be se nel­lo stes­so modo si pro­ce­des­se a livel­lo nazio­na­le. Come avver­reb­be, appun­to, con l’Ita­li­cum che sarà defi­ni­ti­va­men­te ope­ra­ti­vo tra pochi gior­ni (dal 1° luglio 2016).

Una situa­zio­ne come quel­la di Mila­no, pro­prio con così pochi voti (l’astensione essen­do una con­se­guen­za dei bal­lot­tag­gi in cui mol­ti elet­to­ri han­no per­du­to il loro can­di­da­to pre­fe­ri­to che a que­sto tur­ni non è sta­to ammes­so) e con così pochi voti di scar­to (o sem­mai anco­ra meno), potreb­be veri­fi­car­si anche a livel­lo nazio­na­le. In que­sto caso le fac­ce dei pos­si­bi­li “Pre­mier” non sareb­be­ro “uffi­cia­li” (come quel­le dei sin­da­ci), per­ché non è pre­vi­sta l’elezione diret­ta del capo del gover­no, anco­ra (for­mal­men­te) nomi­na­to dal Pre­si­den­te del­la Repub­bli­ca, ma il risul­ta­to sareb­be pra­ti­ca­men­te ana­lo­go, con un gover­no sta­bil­men­te di mino­ran­za, rap­pre­sen­ta­ti­vo maga­ri del 51% di quel 50% che è anda­to a vota­re, cioè un gover­no di poco più di un quar­to degli ita­lia­ni. Ecco que­sta è la pro­spet­ti­va dell’Italicum: le ele­zio­ni di ieri sono in pro­po­si­to mol­to istrut­ti­ve. Que­sto sareb­be sta­to un buon moti­vo per non appro­var­lo e anche un otti­mo moti­vo per abro­gar­lo pri­ma che la leg­ge entras­se in vigo­re, attra­ver­so un refe­ren­dum che si sareb­be dovu­to svol­ge­re nel­la pri­ma­ve­ra appe­na tra­scor­sa.

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