Genitorialità e servizi per l’infanzia: a che punto siamo?

Ci continuiamo a ripetere che per un'infanzia felice, sana ed equilibrata serve un villaggio. Che la famiglia (di qualunque tipo essa sia) da sola non basta. Ma esiste un villaggio, in Italia? Ci sono i servizi pubblici, la sensibilità e la cultura necessari per accogliere le esigenze delle persone più piccole senza mortificare genitori spesso esausti e senza alcun appiglio? La risposta oggi è NO. Attraverso il questionario online, vi proponiamo di condividere la vostra esperienza personale per aiutarci ad arricchire la riflessione sul tema e trarre spunto per costruire insieme le soluzioni possibili.

Ci con­ti­nuia­mo a ripe­te­re che per un’in­fan­zia feli­ce, sana ed equi­li­bra­ta ser­ve un vil­lag­gio. Che la fami­glia (di qua­lun­que tipo essa sia) da sola non basta. Ma esi­ste un vil­lag­gio, in Ita­lia? Ci sono i ser­vi­zi pub­bli­ci, la sen­si­bi­li­tà e la cul­tu­ra neces­sa­ri per acco­glie­re le esi­gen­ze del­le per­so­ne più pic­co­le sen­za mor­ti­fi­ca­re geni­to­ri spes­so esau­sti e sen­za alcun appi­glio? 

La rispo­sta oggi è NO.

Vedia­mo come la geni­to­ria­li­tà in Ita­lia sia anco­ra ingab­bia­ta all’in­ter­no di ruo­li tra­di­zio­na­li, con altret­tan­te tra­di­zio­na­li disu­gua­glian­ze e discri­mi­na­zio­ni. La fami­glia tra­di­zio­na­le com­po­sta da uomo e don­na, con la nega­zio­ne di geni­to­ria­li­tà altre. La visio­ne deter­mi­ni­sti­ca e natu­ra­le del ruo­lo di cura del­la don­na, ange­lo del foco­la­re desti­na­ta a dover sacri­fi­ca­re dirit­ti, spa­zi di socia­li­tà, auto­de­ter­mi­na­zio­ne. La visio­ne patriar­ca­le del­l’uo­mo padre e padro­ne, colui che ha il pote­re, eco­no­mi­co e non solo, anche lui deter­mi­na­to natu­ral­men­te a non par­te­ci­pa­re alla cura del­la fami­glia. Tut­ti que­sti ruo­li impo­sti cul­tu­ral­men­te e spes­so anche legal­men­te o buro­cra­ti­ca­men­te, tar­pan­do le ali a una socie­tà che cam­bia. E lo fa in meglio, per­ché se i dirit­ti si esten­do­no a tut­te, tut­ti, tut­tɜ, allo­ra non riman­go­no pri­vi­le­gi. E avre­mo fami­glie, comu­ni­tà, vil­lag­gi felici.

Ad oggi, gli stru­men­ti mes­si a dispo­si­zio­ne attra­ver­so le poli­ti­che del­la fami­glia (una, tra­di­zio­na­le) – dal­le varie for­me di con­ge­do ai sus­si­di alla fles­si­bi­li­tà degli ora­ri di lavo­ro, ai posti negli asi­li nido – sono di fat­to insuf­fi­cien­ti per rispon­de­re alle esi­gen­ze del­le fami­glie. Ina­de­gua­ti per garan­ti­re con­di­zio­ni di pari­tà tra i geni­to­ri. Incom­ple­ti per far fron­te ai biso­gni medi­ci di madre e bam­bi­nə. Assen­ti per for­ni­re momen­ti di sva­go e accom­pa­gna­re ə bam­bi­nə nel­la sua cre­sci­ta personale.

Il luo­go di nasci­ta, insie­me al con­te­sto socio eco­no­mi­co, pesa­no anco­ra in manie­ra deter­mi­nan­te sul­le pos­si­bi­li­tà di unə bam­bi­nə di rice­ve­re le cure neces­sa­rie, di ave­re un’alimentazione equi­li­bra­ta, di par­te­ci­pa­re ad atti­vi­tà ricrea­ti­ve e cul­tu­ra­li, di acce­de­re agli stu­di supe­rio­ri, di inse­rir­si nel mon­do del lavoro.

In una socie­tà che invec­chia, in cui sem­pre più spes­so per lavo­ra­re e costruir­si un futu­ro si è costret­ti a spo­star­si lon­ta­no dal luo­go di ori­gi­ne, lon­ta­no dai pro­pri rife­ri­men­ti, dal­la fami­glia e dai lega­mi socia­li, la caren­za di ser­vi­zi di soste­gno alle fami­glie, non fa altro che accen­tua­re le disu­gua­glian­ze. A far­ne le spe­se sono le fami­glie più pove­re, migran­ti e geni­to­ri single. 

Al di là del con­te­sto socioe­co­no­mi­co, nel pano­ra­ma gene­ra­le sono anco­ra soprat­tut­to le don­ne a far­si cari­co del­la gestio­ne fami­lia­re met­ten­do in secon­do pia­no la vita pro­fes­sio­na­le e socia­le.

Non è vero che si può “ave­re tut­to”, di cer­to non lo è per tutt​ɜ. Soprat­tut­to nei pri­mi anni di vita del bam­bi­nə, ma anche dopo, chi non ha le spal­le coper­te è spes­so costret­tə a fare del­le scel­te che ine­vi­ta­bil­men­te avran­no un impat­to in ter­mi­ni di red­di­to, di esclu­sio­ne dal­la par­te­ci­pa­zio­ne alla vita socia­le, asso­cia­ti­va e poli­ti­ca. Oltre all’aspetto mate­ria­le, le riper­cus­sio­ni toc­ca­no anche la salu­te fisi­ca e men­ta­le dei geni­to­ri. In par­ti­co­la­re la salu­te del­le don­ne, gran­de assen­te sia in medi­ci­na, che in poli­ti­ca e in socie­tà.  

Soste­ne­re le fami­glie, ogni tipo di fami­glia, a par­ti­re dai pri­mi gior­ni del­la nasci­ta del bam­bi­nə, è una respon­sa­bi­li­tà che lo Sta­to e gli enti loca­li com­pe­ten­ti devo­no assu­me­re pie­na­men­te per garan­ti­re il rispet­to del prin­ci­pio di ugua­glian­za nell’intero ter­ri­to­rio. Soste­ne­re le fami­glie vuol dire inve­sti­re nel futu­ro del­la socie­tà di doma­ni e rico­no­sce­re la liber­tà del­le per­so­ne oggi. La liber­tà di sce­glie­re se, quan­do, come e con chi crear­si una fami­glia sen­za paura.

Le solu­zio­ni esi­sto­no, ma dob­bia­mo far emer­ge­re la volon­tà poli­ti­ca di por­tar­le avanti. 

Nei cru­cia­li “pri­mi 1000 gior­ni”, i geni­to­ri e poi ə neo­na­tə, devo­no ave­re la pos­si­bi­li­tà di far ricor­so a per­so­na­le sani­ta­rio e medi­co-socia­le spe­cia­liz­za­to. In par­ti­co­la­re, nel­la fase post par­to, nes­su­na madre dovreb­be esse­re lascia­ta da sola. Ser­vo­no ser­vi­zi a domi­ci­lio mira­ti e plu­ri­di­sci­pli­na­ri, per for­ni­re il sup­por­to neces­sa­rio alle fami­glie. Chi sce­glie di allat­ta­re, deve poter dispor­re di spa­zi e con­di­zio­ni ade­gua­te anche sul posto di lavoro. 

Nes­su­nə dovreb­be esse­re costret­to a lascia­re il lavo­ro per occu­par­si deɜ figliɜ per sop­pe­ri­re alle caren­ze di asi­li nido; il con­ge­do mater­ni­tà e pater­ni­tà — che ci pia­ce­reb­be diven­tas­se, nel lin­guag­gio e nel­la sostan­za, un con­ge­do di geni­to­ria­li­tà — deve esse­re este­so e pro­lun­ga­to e ave­re ugua­le dura­ta per i geni­to­ri, uscen­do anche dal­le logi­che che lega­no que­sto dirit­to solo a chi ha un lavo­ro da dipen­den­te. Chi tor­na a lavo­ro o intra­pren­de la ricer­ca di un impie­go dopo il con­ge­do di geni­to­ria­li­tà non deve esse­re pena­liz­za­to dal dato­re di lavo­ro né dal pun­to di vista mate­ria­le che da quel­lo gerar­chi­co. La fles­si­bi­li­tà degli ora­ri di lavo­ro e il ricor­so allo smart wor­king per i geni­to­ri (e non solo!) per­met­to­no di garan­ti­re una con­ti­nui­tà nel per­cor­so lavo­ra­ti­vo, favo­ren­do il giu­sto equi­li­brio tra vita pri­va­ta e pro­fes­sio­na­le. In quan­to tali, devo­no esse­re pro­mos­si a tut­ti i livel­li, e non stigmatizzati.

Ren­de­re i tra­spor­ti pub­bli­ci acces­si­bi­li, ripen­sa­re la mobi­li­tà incen­ti­van­do quel­la dol­ce e crea­re aree di gio­co all’aperto e ludo­te­che, orga­niz­za­re spa­zi di gio­co nei luo­ghi pub­bli­ci isti­tu­zio­na­li (e.g. sale di aspet­to negli uffi­ci pub­bli­ci, negli ospe­da­li), ricrea­ti­vi e cul­tu­ra­li (e.g. bar, risto­ran­ti, hotel, musei, libre­rie), signi­fi­ca inclu­de­re le fami­glie nel­la vita del­la socie­tà. E signi­fi­ca crea­re un Pae­se a misu­ra del­le persone. 

Le poli­ti­che del­la fami­glia, se ben con­ce­pi­te e vol­te all’equità di gene­re e all’uguaglianza socia­le, pos­so­no costi­tui­re la spi­na dor­sa­le del wel­fa­re sta­te, quin­di del benes­se­re del­la nostra società.

Cosa ne pensate? 

Attra­ver­so il que­stio­na­rio onli­ne, vi pro­po­nia­mo di con­di­vi­de­re la vostra espe­rien­za per­so­na­le per aiu­tar­ci ad arric­chi­re la rifles­sio­ne sul tema e trar­re spun­to per costrui­re insie­me le solu­zio­ni possibili.


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