Credere davvero di aver creato un milione di posti di lavoro

Non abbiamo scelto la «linea del silenzio» ma quella dell’analisi dei dati. Chi di dovere dovrebbe mettersi l’animo in pace poiché da queste colonne sempre arriverà il nostro commento alla situazione occupazionale. Null’altro.

[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1508844332208{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]Torniamo alla favo­lo­sa mito­lo­gia del milio­ne di posti di lavo­ro. Non abbia­mo scel­to la «linea del silen­zio» ma quel­la dell’ana­li­si dei dati. Chi di dove­re dovreb­be met­ter­si l’animo in pace poi­ché da que­ste colon­ne sem­pre arri­ve­rà il nostro com­men­to alla situa­zio­ne occu­pa­zio­na­le. Null’altro.

Per una que­stio­ne di chia­rez­za nell’analisi, sce­glia­mo appo­si­ta­men­te il perio­do Feb­bra­io 2014 – Ago­sto 2017, che pia­ce mol­to a talu­ni com­men­ta­to­ri, rife­ren­do­ci alla base dati del­la serie sto­ri­ca ISTAT. Ebbe­ne, sì, in un perio­do di cre­sci­ta eco­no­mi­ca, sep­pur mode­sta, il mer­ca­to del lavo­ro si è espan­so: la for­za lavo­ro è cre­sciu­ta del 2% (609mila uni­tà), gli occu­pa­ti sono cre­sciu­ti del 4% (+978mila uni­tà), così suddivisi:

La ten­den­za, espres­sa dal­la media di nuo­vi occu­pa­ti per mese, è alli­nea­ta alla cre­sci­ta pro­dut­ti­va: è più alta nell’ultimo perio­do, lad­do­ve la ripre­sa si è fat­ta più soste­nu­ta (non ter­gi­ver­sia­mo qui sui fat­to­ri che l’hanno deter­mi­na­ta, qua­si del tut­to eso­ge­ni al siste­ma Ita­lia). Va da sé che, se ci fer­mas­si­mo sul­la soglia di que­sta ana­li­si, avrem­mo col­to solo un aspet­to dell’attuale ten­den­za del mer­ca­to del lavo­ro. Avrem­mo col­to sol­tan­to il suo sal­do fina­le, sen­za poter capi­re cosa si cela die­tro nume­ri appa­ren­te­men­te positivi.

Scom­po­nen­do il dato in occu­pa­ti dipen­den­ti e indi­pen­den­ti, sco­pri­rem­mo ad esem­pio che il sal­do fina­le per il lavo­ro indi­pen­den­te è anco­ra nega­ti­vo: nel perio­do in esa­me i lavo­ra­to­ri indi­pen­den­ti sono dimi­nui­ti di 136mila uni­tà, a cospet­to di 1 milio­ne e 115mila lavo­ra­to­ri dipen­den­ti in più. Un gran­de suc­ces­so del Jobs Act? Del milio­ne di occu­pa­ti dipen­den­ti in più, 565mila sono sta­bi­li (51%), 551mila sono pre­ca­ri (49%): dall’inizio del­la serie sto­ri­ca ISTAT (Gen­na­io 2004), il nume­ro di lavo­ra­to­ri dipen­den­ti pre­ca­ri non è mai sta­to così alto, 2.8 milio­ni! L’incidenza di tale quo­ta sul tota­le dei dipen­den­ti è sali­ta al 16%, +2,2% da Feb­bra­io 2014.

Scom­po­nen­do il dato sul­la base dell’età, il risul­ta­to del Jobs Act appa­re in manie­ra ancor più ecla­tan­te nel­la sua impal­pa­bi­li­tà. C’è chi cre­de di aver crea­to un milio­ne di posti di lavo­ro, ma in real­tà non è sta­to lui. La varia­zio­ne del nume­ro dei lavo­ra­to­ri di età mag­gio­re di 50 anni è evi­den­te, in buo­na par­te cor­re­la­ta alla minor fles­si­bi­li­tà nell’accesso ai trat­ta­men­ti pen­sio­ni­sti­ci, non già alla cre­sci­ta. Nel­la tabel­la seguen­te le varia­zio­ni ten­den­zia­li osser­va­te, al lor­do del­la com­po­nen­te demo­gra­fi­ca:

La varia­zio­ne del tas­so di occu­pa­zio­ne al net­to del­la com­po­nen­te demografica.

Di fron­te a tale sce­na­rio, con­si­de­ran­do che gli occu­pa­ti aumen­ta­no in vir­tù del­la minor fles­si­bi­li­tà in usci­ta  e che gli aumen­ti degli occu­pa­ti in età 15–24 sono anco­ra lon­ta­ni dal risol­ve­re il pro­ble­ma dell’inserimento nel mon­do del lavo­ro dei gio­va­ni, sareb­be il caso di archi­via­re que­sta espe­rien­za fal­li­men­ta­re del­la rifor­ma del 2015 e sta­bi­li­re dei per­cor­si rea­li di inse­ri­men­to e sta­bi­liz­za­zio­ne con l’obiettivo di com­bat­te­re la sem­pre mag­gior pre­va­ri­ca­zio­ne e lo sfruttamento.

Post aggior­na­to.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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