Jobs act e contratti aziendali: chiarezza, please

L’in­con­tro gover­no-sin­da­ca­ti, per il qua­le sarà ria­per­ta la Sala Ver­de di Palaz­zo Chi­gi, sem­bra avrà per tema il rilan­cio dei con­trat­ti azien­da­li insie­me a leg­ge sul­la rap­pre­sen­tan­za e sala­rio minimo.
Temi sci­vo­lo­si: trop­po for­te il rischio di rom­pe­re equi­li­bri deli­ca­ti pro­vo­can­do gros­si guai (in aggiun­ta a quel­li che già si pos­so­no pro­vo­ca­re con il Job­sact). Per­ché se ne pos­so­no dare ver­sio­ni mol­to diver­se, con effet­ti dia­me­tral­men­te oppo­sti. Vedia­mo le tesi in campo.

contratto

Ce n’è una ultra­li­be­ri­sta, da Tea­Par­ty nostra­no. Tan­to estre­mi­sta da esse­re solo sus­sur­ra­ta, sot­to­trac­cia (ma i Sac­co­ni-Bru­net­ta, per dire, ci spe­ra­no). Con­si­ste nel­l’a­bo­li­zio­ne, pura e sem­pli­ce, del con­trat­to nazio­na­le. Sosti­tui­to dai con­trat­ti azien­da­li, dove esi­sto­no, e per il resto dal sala­rio mini­mo per leg­ge. Non ha nul­la a che vede­re con il rilan­cio del­la con­trat­ta­zio­ne decen­tra­ta e con un lega­me più stret­to tra sala­rio e pro­dut­ti­vi­tà: spin­ge­reb­be anzi le impre­se a sot­trar­si ai con­trat­ti azien­da­li per rien­tra­re nel sala­rio di leg­ge. Avreb­be per­ciò l’ef­fet­to di abbas­sa­re i sala­ri nel­le azien­de non coper­te dai con­trat­ti decen­tra­ti: un risul­ta­to com­ple­men­ta­re a quel­lo che nel­le azien­de over 15 si otter­reb­be con l’a­bo­li­zio­ne del­l’art. 18, che modi­fi­che­reb­be i rap­por­ti di for­za con­trat­tua­li gra­zie al mag­gio­re pote­re di ricat­to con­ces­so alla par­te dato­ria­le. Per que­sta tesi la leg­ge sul­la rap­pre­sen­tan­za è inu­ti­le, ma non dan­no­sa visto che si appli­che­reb­be a una pla­tea assai ridotta.

C’è poi una ver­sio­ne appe­na più soft, adom­bra­ta da Con­fin­du­stria, secon­do cui il con­trat­to nazio­na­le soprav­vi­ve, ma solo in alter­na­ti­va a quel­lo azien­da­le. Non pre­ve­de nes­su­na leg­ge che rego­li la rap­pre­sen­tan­za (reste­reb­be solo l’ac­cor­do inter­sin­da­ca­le, con i vuo­ti che non riem­pie) e non garan­ti­sce quin­di che il con­trat­to azien­da­le sia il frut­to di un nego­zia­to tra par­ti alla pari (pen­sia­mo alla miria­de del­le pic­co­le azien­de). Faci­le per­ciò sup­por­re che sareb­be adot­ta­to (in pra­ti­ca, in modo uni­la­te­ra­le) nel­la gran­de mag­gio­ran­za del­le azien­de (il mon­do dei pic­co­li e dei poco sin­da­ca­liz­za­ti) e che si arri­ve­reb­be a un risul­ta­to mol­to vici­no a quel­lo del­la pri­ma ver­sio­ne: mini­mo sala­ria­le det­ta­to dal­la leg­ge e… più Mar­chion­ne per tutti.

Una tesi, alme­no in appa­ren­za, più ragio­ne­vo­le sostie­ne la neces­si­tà di aumen­ta­re il peso dei con­trat­ti azien­da­li con­sen­ten­do che pos­sa­no dero­ga­re da quel­li nazio­na­li. Nel­l’or­di­na­men­to attua­le è già pre­vi­sto che a livel­lo decen­tra­to si pos­sa­no appor­ta­re modi­fi­che (oltre che col­ma­re vuo­ti) ma solo a con­di­zio­ne che sia­no miglio­ra­ti­ve per i lavo­ra­to­ri. Dero­ga­re signi­fi­ca inve­ce che (qui sta il pun­to chia­ve), per alcu­ni aspet­ti, pos­sa­no anche peg­gio­ra­re le con­di­zio­ni per il lavo­ra­to­re. Anche in que­sto caso è deci­si­vo l’a­spet­to del­la rap­pre­sen­tan­za. In linea di prin­ci­pio è infat­ti ammis­si­bi­le che in sede loca­le, guar­dan­do alle con­cre­te situa­zio­ni azien­da­li, si pos­sa cede­re qual­co­sa se si valu­ta che la con­tro­par­ti­ta sia ade­gua­ta. Il pro­ble­ma sta nel deci­de­re a chi è affi­da­ta la valu­ta­zio­ne e come si veri­fi­ca se è con­di­vi­sa o arbi­tra­ria. Sen­za di che la novi­tà por­te­reb­be di nuo­vo ad uno squi­li­brio. In paro­le pove­re, non un alli­nea­men­to del­le con­di­zio­ni con­trat­tua­li alla pro­dut­ti­vi­tà azien­da­le ma un disal­li­nea­men­to per garan­ti­re mag­gio­ri mar­gi­ni di pro­fit­to. Sem­pre lì si va a cadere.

In con­clu­sio­ne. Una mag­gio­re fles­si­bi­li­tà per alli­nea­re meglio i con­trat­ti alla pro­dut­ti­vi­tà in azien­da i lavo­ra­to­ri pos­so­no con­di­vi­der­la, nel loro inte­res­se: sen­z’al­tro, quan­do l’im­pre­sa va bene, quan­do cre­sce; ma negli sta­ti di cri­si pre­sup­po­ne la pos­si­bi­li­tà di cono­sce­re in modo esau­rien­te lo sta­to dei fat­ti, sop­pe­sa­re atten­ta­men­te il dare e l’a­ve­re, veri­fi­ca­re nel tem­po l’an­da­men­to e, in cima a tut­to, espri­mer­si libe­ra­men­te, su que­ste basi, su ciò che si pro­spet­ta. Dun­que una leg­ge deve garan­ti­re, come dirit­to indi­spo­ni­bi­le, que­sti pre­sup­po­sti, di demo­cra­zia e di pari dignità.

Quan­to al sala­rio mini­mo per leg­ge, dun­que, può ser­vi­re per for­ni­re un anco­rag­gio pre­ci­so al det­ta­to costi­tu­zio­na­le (art. 36, il com­pen­so deve esse­re suf­fi­cien­te e pro­por­zio­na­to), ma solo quan­do man­ca il rife­ri­men­to ai con­trat­ti nazio­na­li. Dun­que per chi ha un rap­por­to di lavo­ro auto­no­mo (for­mal­men­te) diver­so da quel­lo subor­di­na­to ma assimilabile.
E i con­trat­ti nazio­na­li, sti­pu­la­ti nel rispet­to dei requi­si­ti di rap­pre­sen­ta­ti­vi­tà che la leg­ge dovreb­be defi­ni­re, attuan­do anche qui la Costi­tu­zio­ne (art. 39), devo­no esse­re appli­ca­bi­li a tut­ti (erga omnes) indi­pen­den­te­men­te dal­le carat­te­ri­sti­che e dal­l’as­so­cia­zio­ne di appar­te­nen­za dell’imprenditore.
Si trat­te­rà di que­sto, o di una del­le tre ver­sio­ni di cui sopra?

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