La riforma del Senato di Renzi è ancora peggio di quella di Calderoli

Della serie non c'è mai limite al peggio la nuova riforma costituzionale realizza – per la composizione e le funzioni del Senato – un pasticcio peggiore di quella Berlusconi-Calderoli.

Del­la serie non c’è mai limi­te al peg­gio la nuo­va rifor­ma costi­tu­zio­na­le rea­liz­za – per la com­po­si­zio­ne e le fun­zio­ni del Sena­to – un pastic­cio peg­gio­re di quel­la Ber­lu­sco­ni-Cal­de­ro­li.

Il problema della rappresentanza

In quel­la, infat­ti, un Sena­to defi­ni­to “fede­ra­le” non sem­bra­va riu­sci­re a diven­ta­re tale, ma quan­to­me­no con­ti­nua­va ad esse­re elet­to a suf­fra­gio uni­ver­sa­le e diret­to (con pos­si­bi­li­tà di par­te­ci­pa­zio­ne – secon­do le nor­me sta­bi­li­te nel pro­prio rego­la­men­to – di rap­pre­sen­tan­ti del­le Regio­ni e del­le  auto­no­mie loca­li). Secon­do la revi­sio­ne Ren­zi-Boschi, inve­ce, dovreb­be­ro anda­re in Sena­to con­si­glie­ri regio­na­li e sin­da­ci (caso que­st’ul­ti­mo uni­co al mon­do) elet­ti dai con­si­glie­ri regio­na­li stes­si, sen­za che sia pre­vi­sto nes­sun mec­ca­ni­smo di rap­pre­sen­tan­za regio­na­le vera e pro­pria (peral­tro smen­ti­ta dal­la stes­sa pre­sen­za dei sin­da­ci e ancor più dal­la pos­si­bi­li­tà di ave­re un 5% di sena­to­ri di nomi­na pre­si­den­zia­le, aggiun­ti ai sena­to­ri a vita – ad esau­ri­men­to – e agli ex Pre­si­den­ti del­la Repub­bli­ca, la cui pre­sen­za in que­sto Sena­to è dav­ve­ro eso­ti­ca).

In sostan­za, nel­la rifor­ma di die­ci anni fa si man­te­ne­va quan­to­me­no la rap­pre­sen­tan­za poli­ti­ca e i cit­ta­di­ni non veni­va­no espro­pria­ti del­la loro pos­si­bi­li­tà di eleg­ge­re i sena­to­ri e quin­di di deci­de­re chi appro­vas­se le leg­gi che si appli­ca­no loro.

Nel­la rifor­ma di die­ci anni fa il nume­ro com­ples­si­vo dei par­la­men­ta­ri scen­de­va più o meno nel­la stes­sa misu­ra che in quel­la dei gior­ni nostri, ma la ridu­zio­ne – che pure si auspi­che­reb­be un po’ più signi­fi­ca­ti­va – si regi­stra­va sia per i sena­to­ri che per i depu­ta­ti, che inve­ce riman­go­no inva­ria­ti secon­do il dise­gno del­l’at­tua­le revi­sio­ne, che man­tie­ne una Came­ra ple­to­ri­ca.

E la funzione legislativa?

A quel Sena­to, pur rifor­ma­to (male), non si attri­bui­va­no stra­ne fun­zio­ni non eser­ci­ta­bi­li in con­cre­to (tipo la valu­ta­zio­ne di tut­te le poli­ti­che pub­bli­che), come avvie­ne nel­la revi­sio­ne Ren­zi-Boschi, ma era man­te­nu­ta anzi­tut­to la fun­zio­ne legi­sla­ti­va (per­ché una secon­da Came­ra, se esi­ste, di que­sto deve soprat­tut­to occu­par­si) dif­fe­ren­zia­ta da quel­la del­la Came­ra e per le leg­gi che rima­ne­va­no bica­me­ra­li (in nume­ro ben infe­rio­re a quan­to pre­vi­sto dal­la revi­sio­ne 2016) era pre­vi­sto comun­que il supe­ra­men­to del con­ti­nuo – e poten­zial­men­te infi­ni­to – rin­vio da una Came­ra all’al­tra. Infat­ti, in caso di dis­sen­so tra le due Came­re i Pre­si­den­ti del­le Came­re avreb­be­ro potu­to con­vo­ca­re una com­mis­sio­ne com­po­sta da tren­ta depu­ta­ti e tren­ta sena­to­ri per arri­va­re a un testo uni­fi­ca­to con­di­vi­so da sot­to­por­re all’ap­pro­va­zio­ne del­le due Camere.

Il potere del governo

Poi – lo ricor­dia­mo – anche nel­la vec­chia rifor­ma, come nel­la nuo­va, il gover­no pote­va for­za­re l’ap­pro­va­zio­ne par­la­men­ta­re del­le pro­prie pro­po­ste con un voto a data cer­ta (pur un po’ dif­fe­ren­te dal­l’at­tua­le), che non era come non è rispet­to­so del­le pre­ro­ga­ti­ve del­le Came­re che, in una for­ma di gover­no par­la­men­ta­re devo­no con­trol­la­re il gover­no e non esser­ne controllate.

Il gover­no, d’al­tron­de, veni­va raf­for­za­to soprat­tut­to enfa­tiz­zan­do il ruo­lo di quel­lo che diven­ta­va il “pri­mo mini­stro”, men­tre la revi­sio­ne 2016 non inter­vie­ne sul pun­to, raf­for­zan­do il gover­no attra­ver­so la leg­ge elet­to­ra­le e soprat­tut­to con­tan­do sul­l’accre­sci­men­to del suo ruo­lo di fron­te a un Par­la­men­to inde­bo­li­to e get­ta­to nel caos di un intrec­cio di pro­ce­di­men­ti e sub-pro­ce­di­men­ti legislativi.

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