Civati: «Con l’air gun enormi rischi ambientali: il ministro dell’Ambiente risponda»

Molte associazioni tra cui GreenItalia e Legambiente contestano l’uso della tecnica airgun perché “il fortissimo rumore può provocare danni ed alterazioni comportamentali, talvolta letali, in specie marine assai diverse, in particolare per i cetacei, fino a chilometri di distanza".

Abbia­mo pre­sen­ta­to un’interrogazione al Mini­stro dell’Ambiente sull’autorizzazione rila­scia­ta a socie­tà come la “Schlum­ber­ger Ita­lia­na s.p.a.” e “Glo­bal Med LCC” ad uti­liz­za­re lo stru­men­to dell’air gun nei pro­get­ti di pro­spe­zio­ne geo­fi­si­ca lun­go le coste ita­lia­ne per l’estrazione di idrocarburi.

Que­sto stru­men­to, che gene­ra onde com­pres­sio­na­li e che è sta­to defi­ni­to la “dina­mi­te del nuo­vo mil­len­nio, duran­te l’iter di appro­va­zio­ne del­la leg­ge n.68 del 19 mag­gio 2015, era sta­to inse­ri­to tra i rea­ti ambien­ta­li nel codi­ce pena­le, per poi esse­re can­cel­la­to dal testo definitivo.

Mol­te asso­cia­zio­ni tra cui Gree­nI­ta­lia e Legam­bien­te con­te­sta­no l’uso del­la tec­ni­ca air­gun per­ché “il for­tis­si­mo rumo­re può pro­vo­ca­re dan­ni ed alte­ra­zio­ni com­por­ta­men­ta­li, tal­vol­ta leta­li, in spe­cie mari­ne assai diver­se, in par­ti­co­la­re per i ceta­cei, fino a chi­lo­me­tri di distan­za”. Le stes­se com­pa­gnie petro­li­fe­re dichia­ra­no: “pur­trop­po non esi­sto­no attual­men­te del­le nor­me spe­ci­fi­che che rego­la­no in modo mira­to ed esau­sti­vo gli impat­ti di natu­ra acu­sti­ca […]. Si trat­ta quin­di di una pra­ti­ca che potreb­be ave­re riper­cus­sio­ni gra­vis­si­me sul deli­ca­to eco­si­ste­ma mari­no del nostro Medi­ter­ra­neo e su popo­la­zio­ni che vivo­no soprat­tut­to di pesca e di turismo.

Per que­sto chie­dia­mo al Mini­stro se il Gover­no non riten­ga urgen­te sospen­de­re tut­te le auto­riz­za­zio­ni in vir­tù del prin­ci­pio di pre­cau­zio­ne (intro­dot­to dall’art. 174, para­gra­fo 2, del Trat­ta­to isti­tu­ti­vo dell’Unione Euro­pea e disci­pli­na­to dall’art. 301, secon­do com­ma, D.Lgs. 152/2006). Man­ca inol­tre un pia­no del­le aree mari­ne, che andreb­be ripri­sti­na­to al più pre­sto e in vir­tù del­la nuo­va stra­te­gia ener­ge­ti­ca nazio­na­le che dovrà sca­tu­ri­re dal­la rati­fi­ca degli accor­di del­la Cop21 di Pari­gi e che non potrà che pre­ve­de­re un pro­ces­so rapi­dis­si­mo di decar­bo­niz­za­zio­ne fino ad un approv­vi­gio­na­men­to com­ple­ta­men­te rin­no­va­bi­le entro il 2050.

Giu­sep­pe Civati

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