Ahmad Salem è un nome che alla maggior parte di noi non dice niente, ed è questo il problema.
Salem è un ragazzo palestinese, da sei mesi detenuto in regime di alta sicurezza in un carcere della nostra regione per aver denunciato il genocidio che il suo popolo stava e sta subendo per mano di Israele.
Durante l’iter per ottenere asilo politico in Italia il suo telefono è stato sequestrato e perquisito: spezzoni decontestualizzati di un video in cui invita la società civile a mobilitarsi per la Palestina sono bastati per accusarlo di “propaganda jihadista”.
Altri filmati presenti sul suo cellulare sono considerati dall’accusa “video istruttivi” di matrice terroristica. I filmati — diffusi in passato dalle principali testate giornalistiche italiane — non contengono però effettive indicazione tecniche o di addestramento.
I reati contestati a Salem — istigazione a delinquere e autoaddestramento con finalità di terrorismo — sono stati introdotti dal DDL Sicurezza, cardine della repressione del dissenso che è l’unico tratto distintivo del governo Meloni. Un provvedimento che, tramite l’introduzione di nuovi reati e l’inasprimento di pene, aggravanti e sanzioni, limita diritti e libertà fondamentali.
Salem ora va sostenuto, come lui ha tentato di fare col popolo palestinese. Dobbiamo diventare la sua voce, amplificare la sua rabbia e aggiungerci la nostra verso un governo sempre più securitario e criminalizzante.
Raccogliendo l’appello delle attiviste e degli attivisti, come @vincenzo23fullone, vi invitiamo a spezzare l’indifferenza che circonda la detenzione di Salem.
Il 21 novembre è stato organizzato un presidio di solidarietà davanti al Tribunale de L’Aquila per altri tre giovani palestinesi — Ahmad, Anan Yaeesh, Ali Irar e Mansour Doghmosh — accusati di terrorismo, in cui manifestare anche la solidarietà ad Ahmad Salem.









