Riforma del lavoro

Noi sul contratto a tutele crescenti insistiamo ancora: chi ha cambiato idea è Taddei

Insi­ste­va Civa­ti, insi­ste­va. Ed ha con­ti­nua­to men­tre qual­cu­no si è ada­gia­to sul­le cur­ve mor­bi­de e avvol­gen­ti del cam­bia­ver­so. Tad­dei per­se­ve­ra nel­la pra­ti­ca ren­zia­na — lo fa oggi in un’in­ter­vi­sta alla Stam­pa in cui, rispon­den­do a una doman­da sul suo soste­gno a Civa­ti nel con­gres­so Pd del 2013, dice che sul con­trat­to a tute­le cre­scen­ti “insi­ste­va anco­ra di più” — di appli­ca­re eti­chet­te a rifor­me che inve­ce con­ten­go­no poco o nul­la di quan­to indicato.

Jobs act: oltre le mistifcazioni, i numeri sono negativi

Nei pri­mi quat­tro mesi del­l’an­no il bilan­cio dei con­trat­ti sta­bi­li è nega­ti­vo (-65 mila con­trat­ti). Le tra­sfor­ma­zio­ni sono in costan­te calo da Feb­bra­io: in media, rispet­to al 2015, le tra­sfor­ma­zio­ni dei con­trat­ti a ter­mi­ne e di appren­di­sta­to sono infe­rio­ri del 43% (-27.6% da ini­zio anno).