La schiavitù nelle nostre campagne (nell’anno di Expo)

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Men­tre il gover­no è impe­gna­to, non sen­za una buo­na dose di cini­smo e reto­ri­ca, a soste­ne­re l’Ex­pò di Mila­no, gran­de vetri­na del­l’a­gro­bu­si­ness, intrec­cio di inte­res­si di mul­ti­na­zio­na­li come Coca-Cola, Nestlè, Mon­san­to e Fiat, nel­le nostre cam­pa­gne, dove beni fon­da­men­ta­li alla vita come i nostri pro­dot­ti agri­co­li ven­go­no col­ti­va­ti da miglia­ia di brac­cian­ti, si con­su­ma­no tra­ge­die nel­l’in­dif­fe­ren­za qua­si gene­ra­le. Il gover­no su que­sto ver­san­te tace ipo­cri­ta­men­te, men­tre lavo­ra­to­ri e lavo­ra­tri­ci, soprat­tut­to migran­ti, costret­ti spes­so a lavo­ra­re nel­le nostre cam­pa­gne come schia­vi alle dipen­den­ze di padro­ni e capo­ra­li pri­vi di scru­po­li, muo­io­no di fati­ca, sfrut­ta­men­to e indif­fe­ren­za. Sono loro a pro­dur­re quei beni agri­co­li che poi tro­va­no posto nei nostri mer­ca­ti, nel­la Gran­de Distri­bu­zio­ne Orga­niz­za­ta e den­tro l’Ex­pò. Ma di que­sto per il Gover­no è bene non par­la­re. Chi ne par­la vie­ne tac­cia­to di esse­re un pia­gno­ne o una per­so­na anco­ra­ta ai vec­chi sche­mi. Inve­ce si trat­ta di dirit­ti e di giu­sti­zia socia­le. Non pro­prio un vec­chio sche­ma o un resi­duo ideo­lo­gi­co. È anche per que­sto che l’Ex­pò è sta­ta una gran­de occa­sio­ne man­ca­ta. Pote­va ser­vi­re per affron­ta­re alcu­ni nodi strut­tu­ra­li del mer­ca­to del lavo­ro in agri­col­tu­ra, del­la pro­du­zio­ne agri­co­la, del­la lot­ta alle agro­ma­fie, per tene­re insie­me dav­ve­ro pro­du­zio­ne di qua­li­tà e dirit­ti. Inve­ce è sta­ta ed è anco­ra soprat­tut­to una vetri­na com­mer­cia­le, la reto­ri­ca ipo­cri­ta del made in Ita­ly, di que­sto made in Ita­ly. Un vero spre­co di speranza.

È bene inve­ce ricor­da­re che nei luo­ghi rea­li del­la pro­du­zio­ne agri­co­la, ossia nei cam­pi agri­co­li del Sud come del Nord Ita­lia, si lavo­ra come schia­vi e si muo­re di fati­ca, vio­len­za, mafie e sfrut­ta­men­to per respon­sa­bi­li­tà di siste­ma di pro­du­zio­ne anco­ra trop­po padro­na­le che schiac­cia don­ne e uomi­ni trat­tan­do­li come meri ingra­nag­gi di una cate­na di pro­du­zio­ne che vuo­le solo pro­fit­to e potere.

È acca­du­to anco­ra in que­sti gior­ni. L’ul­ti­mo caso riguar­da Karim (nome di fan­ta­sia che in ara­bo signi­fi­ca digni­tà). Karim comin­cia­va a lavo­ra­re alle cin­que del mat­ti­no per ter­mi­na­re alle 13. Duran­te la pau­sa caf­fè l’im­prov­vi­so malo­re. Si è acca­scia­to in ter­ra e poi la mor­te. Ave­va solo 52 anni, era un cit­ta­di­no tuni­si­no resi­den­te a Fasa­no e svol­ge­va l’at­ti­vi­tà di brac­cian­te. Karim ha lavo­ra­to in cam­pa­gna per otto ore con­se­cu­ti­ve sot­to il sole cocen­te di que­sta esta­te infer­na­le. Ave­va cari­ca­to cas­set­te d’u­va su uno dei tir che avreb­be dovu­to lascia­re l’azienda per rag­giun­ge­re i gran­di mer­ca­ti euro­pei. È mor­to ma non è sta­to un inci­den­te. Non è mor­to solo di infar­to. È mor­to di fati­ca, sfrut­ta­men­to e indif­fe­ren­za, anche nostra. Si trat­ta del­l’en­ne­si­mo caso. È acca­du­to ad esem­pio ad Andria, dove Pao­la, brac­cian­te di 49 anni di San Gior­gio Joni­co, nel Taran­ti­no, è mor­ta stron­ca­ta dal­la fati­ca men­tre lavo­ra­va. Deces­so che nes­su­no ave­va denun­cia­to e che rischia­va di pas­sa­re sot­to silen­zio. Ad evi­ta­re que­sta tri­ste con­clu­sio­ne ci ha pen­sa­to, per for­tu­na, la Flai Cgil Puglia, che ha subi­to chie­sto l’av­vio di un’ac­cu­ra­ta inda­gi­ne. Pao­la è mor­ta la mat­ti­na del 13 luglio, sot­to un ten­do­ne in cui lavo­ra­va anche lei l’u­va, nel­le cam­pa­gne di Andria, in con­tra­da Zaga­ria. Il gover­no ita­lia­no anco­ra una vol­ta è rima­sto in silen­zio. Guar­da­va cini­ca­men­te a Mila­no. Ma a Mila­no, nei lus­suo­si padi­glio­ni del­l’Ex­pò, que­sti temi non entrano.

Pri­ma di Pao­la a mori­re di sfrut­ta­men­to e indif­fe­ren­za è toc­ca­to a Moha­med. Ave­va 47 anni, era ori­gi­na­rio del Sudan ed è mor­to men­tre lavo­ra­va come brac­cian­te, sot­to il cal­do tor­ri­do (cir­ca 40 gra­di) in un cam­po di pomo­do­ri fra Nar­dò e Ave­tra­na. La magi­stra­tu­ra ha sino­ra inda­ga­to i tito­la­ri del­l’a­zien­da agri­co­la Maria­no, mari­to e moglie, e il capo­ra­le suda­ne­se che avreb­be svol­to il ruo­lo di inter­me­dia­rio fra gli impren­di­to­ri e i lavo­ra­to­ri. Moha­med, stan­do alle pri­me rico­stru­zio­ni, era in pos­ses­so di un rego­la­re per­mes­so in quan­to richie­den­te asi­lo, ma non ave­va un con­trat­to di lavo­ro. Era uno del­le miglia­ia di lavo­ra­to­ri e lavo­ra­tri­ci sot­to ricat­to del padro­ne di tur­no nel­le cam­pa­gne ita­lia­ne. L’a­zien­da in cui Moha­med è mor­to, già nel 2012 era sta­ta inda­ga­ta dal­la Pro­cu­ra con l’ar­re­sto del tito­la­re, coin­vol­to nel­l’o­pe­ra­zio­ne ‘Sabr’ sul­lo sfrut­ta­men­to dei brac­cian­ti nei cam­pi, insie­me con tut­ti i più gros­si impren­di­to­ri del­la zona. Da allo­ra, e nono­stan­te gli arre­sti, anco­ra una vol­ta, nul­la è cam­bia­to. Ha ragio­ne Ste­fa­nia Cro­gi, segre­ta­rio gene­ra­le Flai Cgil, quan­do affer­ma che: “Que­sta mor­te non può resta­re un fat­to di cro­na­ca esti­va, è un atto di accu­sa ver­so un mer­ca­to del lavo­ro agri­co­lo col­pi­to in modo for­te dal­la pia­ga del­lo sfruttamento”.

caporalato-2Anco­ra pri­ma di Karim, Pao­la e Moha­med, un brac­cian­te india­no di nome Har­deep, ori­gi­na­rio del Pun­jab, dopo diver­si anni di lavo­ro duris­si­mo nel­le cam­pa­gne del­la pro­vin­cia di Lati­na e con buste paga di poche cen­ti­na­ia di euro al mese, ha pen­sa­to di far­la fini­ta. Duran­te la pau­sa pran­zo, nel vuo­to side­ra­le del­la sua con­di­zio­ne lavo­ra­ti­va e socia­le, ha tira­to una cor­da den­tro la ser­ra e si è sui­ci­da­to. Han­no det­to che era poco equi­li­bra­to. Era inve­ce anche lui un brac­cian­te migran­te sfrut­ta­to e ridot­to al silen­zio da un siste­ma pro­dut­ti­vo e socia­le padro­na­le che que­sta poli­ti­ca non vuo­le cam­bia­re. Har­deep è mor­to da solo, den­tro la ser­ra che lo costrin­ge­va a gua­da­gna­re cir­ca 200 euro per un mese di lavo­ro. In alcu­ne di quel­le azien­de i brac­cian­ti usa­no sostan­za dopan­ti come oppio, metan­fe­ta­mi­ne e anti­spa­sti­ci per sop­por­ta­re le fati­che impo­ste e lo sfrut­ta­men­to. È sta­to tut­to denun­cia­to dal dos­sier di In Migra­zio­ne “Dopar­si per lavo­ra­re come schia­vi”. Insie­me ai mol­ti ser­vi­zi gior­na­li­sti, agli stu­di e alle ricer­che, è man­ca­ta una poli­ti­ca di con­tra­sto allo sfrut­ta­men­to e di emer­sio­ne di quei lavo­ra­to­ri dal­le loro aber­ran­ti con­di­zio­ni di lavo­ro e socia­li. Di chi la respon­sa­bi­li­tà? Intan­to in alcu­ne azien­de agri­co­le, soprat­tut­to pon­ti­ne, guar­da casa dopo l’in­tro­du­zio­ne del jobs act e l’a­bro­ga­zio­ne del­l’art. 18, è ricom­par­so il cot­ti­mo e il capo­ra­la­to men­tre mol­ti lavo­ra­to­ri sono sta­ti obbli­ga­ti al silen­zio men­tre rac­col­go­no coco­me­ri o rava­nel­li, con il capo­ra­le che gli ruba i sol­di del sala­rio e la spe­ran­za in un futu­ro migliore.

Se si trat­ta inve­ce di lavo­ra­tri­ci, allo­ra insie­me allo sfrut­ta­men­to nei cam­pi c’è il ricat­to e la vio­len­za ses­sua­le. È la per­ver­sio­ne del siste­ma padro­na­le agri­co­lo, la vio­len­za di un modo di pro­dur­re e di pen­sa­re il mon­do che si fon­da su un infa­me machi­smo, vio­len­to e diret­to sul cor­po del­le don­ne. Nel­le cam­pa­gne del ragu­sa­no alcu­ni padro­ni e capo­ra­li addi­rit­tu­ra orga­niz­za­no festi­ni al ter­mi­ne di duris­si­me gior­na­te di lavo­ro in cui “chie­do­no” alle lavo­ra­tri­ci mol­da­ve, rume­ne o polac­che, di bal­la­re, dan­za­re e con­ce­der­si loro. É l’u­so del loro cor­po come stru­men­to per fare sol­di, per diver­tir­si, per mani­fe­sta­re il pro­prio pote­re asso­lu­to e diret­to. Si cre­do­no invin­ci­bi­li, padro­ni e padri­ni, atto­ri pro­ta­go­ni­sti di que­sto pez­zo di Italia.

caporalatoLe varie moda­li­tà di reclu­ta­men­to, ridu­zio­ne in schia­vi­tù e sfrut­ta­men­to lavo­ra­ti­vo, soprat­tut­to dei brac­cian­ti migran­ti, non sono impu­ta­bi­li solo a fat­to­ri straor­di­na­ri, a inte­res­si par­ti­co­la­ri del­le orga­niz­za­zio­ni cri­mi­na­li, nazio­na­li o inter­na­zio­na­li o a padro­ni pri­vi di scru­po­li. Si sta svi­lup­pan­do inve­ce un siste­ma roda­to che si fon­da sul­lo sfrut­ta­men­to degli uomi­ni, del­le don­ne e dell’ambiente. La schia­vi­tù non è spa­ri­ta in Ita­lia, abbia­mo sem­pli­ce­men­te smes­so di veder­la. Una pra­ti­ca quo­ti­dia­na nel­la qua­le sono costret­ti, secon­do la Flai-Cgil, cir­ca 400mila lavo­ra­to­ri agri­co­li, di cui più dell’80% stra­nie­ri. Men­tre sono sicu­ra­men­te 100mila quel­li che vivo­no una gra­ve con­di­zio­ne di sfrut­ta­men­to lavo­ra­ti­vo, oltre al gra­ve disa­gio abi­ta­ti­vo e igie­ni­co-sani­ta­rio: il 62% dei lavo­ra­to­ri stra­nie­ri impe­gna­ti nel­le sta­gio­na­li­tà agri­co­le non ha acces­so ai ser­vi­zi igie­ni­ci, il 64% non ha acces­so all’acqua cor­ren­te e il 72% dei lavo­ra­to­ri che si sono sot­to­po­sti ad una visi­ta medi­ca dopo la rac­col­ta pre­sen­ta malat­tie che pri­ma dell’inizio del­la sta­gio­na­li­tà non si era­no manifestate.

Il Gover­no nono­stan­te le mol­te inter­ro­ga­zio­ni su que­sti temi, con­ti­nua a non rispon­de, e quan­do lo fa si trin­ce­ra die­tro peri­co­lo­se vaghez­ze. Nel con­tem­po can­cel­la dirit­ti e col­pi­sce in modo sprez­zan­te quan­ti si oppon­go­no a que­sta deri­va. Ciò signi­fi­ca voler lascia­re il set­to­re pri­ma­rio nel­la mani di schia­vi­sti, sfrut­ta­to­ri, truf­fa­to­ri, fac­cen­die­ri del malaf­fa­re, mafio­si e traf­fi­can­ti di esse­ri uma­ni. È que­sta la poli­ti­ca che vole­va vol­ta­re pagi­na? E que­sta che vole­va rot­ta­ma­re la peg­gio­re Ita­lia per costrui­re un pae­se migliore?

Asso­cia­zio­ni, coo­pe­ra­ti­ve e sin­da­ca­ti come In Migra­zio­ne, la Flai CGIL, Amne­sty Inter­na­tio­nal, Medi­ci sen­za Fron­tie­re ed altre da anni moni­to­ra­no e denun­cia­to sen­za ipo­cri­sie ciò che acca­de nel­le nostra cam­pa­gne. Ini­zia­no a dif­fon­der­si alcu­ni stu­di assai docu­men­ta­ti che potreb­be­ro rap­pre­sen­ta­re una buo­na base di par­ten­za per con­tra­sta­re e poi scon­fig­ge­re il feno­me­no del­lo sfrut­ta­men­to lavo­ra­ti­vo nel­le nostre cam­pa­gne e del caporalato.

Ma il Gover­no ha cuo­re e testa altro­ve. Le cam­pa­gne sono affa­re poco inte­res­san­te; i brac­cian­ti, soprat­tut­to se migran­ti, non inte­res­sa­no, non fan­no par­te dei pia­ni. Intan­to in Ita­lia si con­ti­nua a mori­re di fati­ca, sfrut­ta­men­to e indifferenza.

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