Il nostro scetticismo sul ritorno al nucleare si fonda su alcuni aspetti tecnici, economici, ambientali. Definire antiscientifico questo approccio è sbagliato. Il nostro è necessariamente e volutamente un approccio basato su tutti gli elementi del contesto, che parte dalle conoscenze scientifiche ma non trascura gli altri aspetti che concorrono a determinare lo scenario migliore per il futuro di tutte e tutti. Noi non ci sostituiamo alle accademie scientifiche. Studiamo per essere rigorosi, dopodiché la nostra è sempre una scelta politica, razionale e trasparente.
SERVE TROPPO TEMPO. Gli obiettivi europei di decarbonizzazione: con il piano Fitfor55, l’Unione europea ha posto l’obiettivo del taglio del 55% delle emissioni climalteranti entro il 2030, tra otto anni. Per raggiungere questo obiettivo è necessario che la produzione di energia elettrica, che è la principale fonte di emissioni in Italia, arrivi al 70% di generazione da fonti a emissioni zero nei prossimi 8 anni, un tempo molto breve che richiede soluzioni rapide. La costruzione di una centrale nucleare richiede tempi mediamente intorno ai 12–15 anni (per chi ipotizza l’adozione degli small modular reactors: non sono ancora disponibili per l’uso su larga scala, e la loro recente introduzione impedisce di ottenere i benefici previsti in termini di costi e tempi di realizzazione nel breve termine). Puntare la conversione del sistema di produzione dell’elettricità sul nucleare significherebbe FALLIRE gli obiettivi del piano europeo. Al contrario, per rientrare sul percorso della decarbonizzazione del settore elettrico a breve e medio termine (oltre a quanto già citato, ossia l’85% di elettricità da fonti a emissioni zero nel 2035, il 100% fra il 2040 e il 2045) significa necessariamente fare affidamento sulle tecnologie rinnovabili, sull’accumulo di energia elettrica e sulla trasmissione a lungo raggio, realizzando tutte quelle opere che sono lo scoglio maggiore per l’utilizzo delle rinnovabili.
COSTA TROPPO. L’International Energy Agency ha documentato come i costi di installazione delle centrali nucleari nel nostro continente si attestano in media a 9000 dollari al KW oltre agli oneri finanziari, contro una spesa al di sotto dei 1500 dollari al KW per gli impianti solari. Questo fa sì che ad oggi, nonostante la produzione intermittente delle rinnovabili, sia possibile produrre molta più energia a emissioni zero, a basso costo, installando nuovi pannelli solari piuttosto che costruendo nuove centrali. Anche guardando al futuro e a una rete completamente decarbonizzata, i costi del nucleare sarebbero più bassi rispetto a quelli di una rete rinnovabile solo se si danno per assodati i risparmi previsti per il primo (fino a ‑50% secondo IEA) e si considerano falliti quelli per pannelli fotovoltaici e accumulo elettrochimico. È solo prevedendo il migliore degli scenari possibili per il nucleare e il peggiore per le rinnovabili che il primo è la scelta “economicamente conveniente” al 2050. Un’ipotesi quantomeno remota, forse disonesta, probabilmente sbagliata.
PRODUCE SCORIE. Il nucleare ha un costo non dichiarato, ossia la gestione delle scorie nel lungo termine che, seppur ridotte in quantità, devono essere gestite: il combustibile nucleare esausto è normalmente conservato in sicurezza all’interno delle centrali operative, ma quando queste vengono dismesse è necessario trovare sistemi, come la creazione di un deposito geologico, che ne permettano lo stoccaggio senza rischi, finché la loro radioattività non si sia esaurita. Questo costo, dell’ordine di decine di miliardi di dollari nei paesi che lo hanno intrapreso, è completamente a carico della collettività.
Viceversa, le fonti rinnovabili non producono scorie. A fine vita i materiali di cui sono composte possono essere riciclati (vi sono tecniche di riciclo anche dei pannelli fotovoltaici di cui si riesce a recuperare il 96% dei materiali in massa, e la tecnologia del riciclo punta al 100%).
NON FORNISCE ALCUN CONTRIBUTO ALLA TRASFORMAZIONE. Il nucleare non è in grado di sostituire la flessibilità fornita dal gas al sistema elettrico. Sebbene sia in una certa misura modulabile, né la reazione nucleare a monte né la turbina a vapore a valle riescono a seguire il carico elettrico, limitando la quota massima di nucleare che un sistema elettrico interconnesso come quello europeo può ospitare convenientemente. NON È LA SOLUZIONE perfetta che viene dipinta, oltre a non risolvere gli altri problemi ambientali di cui dovremmo occuparci (perdita di biodiversità, consumo di suolo, ecc.).
Le rinnovabili si propongono invece come parte trasversale della soluzione, come chiave di volta per superare il paradigma della nostra ingordigia energetica e il modello vorace di accaparramento delle risorse naturali. Se utilizzate in combinazione con sistemi di accumulo, sono il sistema più economico per bilanciare una rete che non prevede l’uso di combustibili. Tanto più efficiente, in realtà, che anche nei “migliori” studi scientifici in cui il nucleare è proposto come principale fonte del mix energetico, questa fonte non supera mai il 60% della produzione e il bilanciamento della rete nei momenti di picco della domanda è effettuato tramite impianti di produzione di energia rinnovabile e stoccaggio. I sistemi di accumulo che in certi ambienti vengono definiti “impossibili” sono in realtà alla base della decarbonizzazione anche in presenza di nucleare, e sono in ogni caso molto più efficienti quando vengono utilizzati in combinazione con le rinnovabili, perché il costo di una sovrapproduzione nucleare sarebbe semplicemente insostenibile.
HA SUPPORTO POPOLARE? Il nucleare è un investimento a lungo termine i cui rischi sono completamente a carico della società. Per quanto sia importante ribadire che la probabilità di incidenti è molto bassa, la gravità degli impatti sulla popolazione (basti pensare che a seguito dell’incidente di Fukushima, che pure nelle statistiche ufficiali non ha portato a decessi fra i civili, ha costretto il governo ad evacuare un’area di 3000 kmq) fa sì che la scelta di installare centrali e depositi di scorie debba godere di largo consenso popolare, sia a livello nazionale che nelle comunità direttamente interessate. Quali sono, in Italia, le comunità disposte ad ospitare le centrali? La popolazione generale è convinta di avere nel governo la fiducia necessaria a supportare il nucleare per un secolo? Per la sua stessa natura di investimento a lungo termine, il nucleare è una scelta sensata solo se la popolazione ha fiducia nella sua scelta e questa è una domanda politica non rinviabile.
QUALCHE PROBLEMA DI APPROVVIGIONAMENTO. Un reattore di 1,2–1,6 GW ha un consumo medio di 25 tonnellate di Uranio all’anno. I paesi maggiori produttori di uranio sono Kazakistan, Canada, Australia, Namibia, Niger e Russia… Nel nostro paese l’uranio non è quasi presente, mentre è presente l’energia solare in grande quantità e per periodi molto lunghi nell’arco dell’anno. E abbiamo sufficiente energia eolica per il giusto bilanciamento tra le fonti rinnovabili.
COMPORTA RISCHI AMBIENTALI E PER LA SALUTE. Seppur remoto nella probabilità, un incidente nucleare implica la contaminazione per centinaia di anni del territorio adiacente, rendendolo inadatto alla vita umana “per sempre”. In modo simile, il combustibile nucleare esausto viene prodotto in quantità minime rispetto all’energia generata, ma rimane tossico per qualsiasi forma di vita per generazioni. Quindi, per contro, la gravità è massima. Le fonti rinnovabili possono invece integrarsi nell’ambiente circostante e anche l’occupazione di suolo agricolo può essere minimizzato utilizzando nuovi metodi di installazione come il floating PV (il fotovoltaico galleggiante) e il fotovoltaico sospeso (che consente l’utilizzo agricolo del terreno circostante). Nel lungo periodo, e con una possibilità reale di arrivare ad un pieno riciclo delle materie prime necessarie, le rinnovabili hanno la possibilità di essere più compatibili con un futuro ad impatto ambientale zero, che va ben al di là del “semplice” abbattimento delle emissioni di anidride carbonica
Nucleare: fonti e approfondimenti
In Italia, il dibattito sull’energia nucleare è ciclico, anzi carsico, scompare per lunghi periodi per poi tornare d’attualità — lo dimostrano i due referendum di cui la questione è stata oggetto — e così è successo proprio in occasione della campagna elettorale per le elezioni politiche del 2022.
Possibile ha realizzato questo documento di sintesi della propria posizione, favorevole agli investimenti sulle rinnovabili e scettica nei confronti del ritorno del nostro Paese all’energia nucleare.
Tale documento è frutto di un lavoro di ricerca che tiene conto di posizioni ampiamente rappresentate nel dibattito stesso, e di cui nel tempo hanno dato conto sia istituzioni internazionali e nazionali, sia organi di informazioni che se ne occupano sistematicamente da anni.
Quello che segue è quindi un elenco di fonti diverse, utili a chi vuole approfondire la questione.
Il Decalogo di Energiaperlitalia per le elezioni del 25 settembre 2022 (Energia per l’Italia): “Il gruppo di ricercatori “Energia per l’Italia” si rivolge alle elettrici e agli elettori, chiamati al voto in un momento critico per il futuro del Paese”. (continua a leggere)
Populismo nucleare (di Carlo Gubitosa per Altraeconomia): “La conversione al nucleare è davvero una magica lampada di Aladino, priva di rischi e di incertezze, che può salvare il Pianeta dalla crisi climatica e l’Italia dalla crisi energetica? Da dove arrivano e soprattutto dove ci portano i “proclami atomici” venduti a piene mani nella campagna elettorale per le politiche 2022? L’agile dossier “Populismo nucleare” a cura di Carlo Gubitosa smonta la retorica della panacea, adottando un sano e rigoroso esercizio del dubbio. Non una guida tecnica o un manuale politico ma una raccolta di dati, informazioni ed episodi di cronaca che restituisce parte dei dubbi e degli interrogativi che circondano la complessità legata alla tecnologia nucleare. Conoscenze per non ripetere gli errori del passato e difendersi dalle finte soluzioni populiste sul tema dell’energia, che alimentano la propaganda dei partiti, delle lobby e di qualche anonimo gruppo di “consulenti”. (continua a leggere)
Nucleare, le promesse a vuoto di Salvini e Calenda (di Stefano Barazzetta per Valigia Blu): “I più attivi su questo fronte sono stati Matteo Salvini e soprattutto Carlo Calenda, che sul nucleare ha deciso di impostare gran parte della campagna di Azione sui temi energetici. È interessante perciò analizzare le dichiarazioni dei due leader e i programmi dei rispettivi partiti. Come vedremo, la gran parte degli argomenti portati a sostegno del ritorno del nucleare appare estremamente debole e parziale, quando non del tutto inconsistente”. (continua a leggere)
Il ruolo dell’energia nucleare nella lotta alla crisi climatica (di Emanuela Barbiroglio e Angelo Romano per Valigia Blu): “Qual è il contesto politico ed energetico e quali sono gli attuali consumi e capacità produttive di energia nucleare nel mondo? Cosa sono i reattori di IV generazione e quelli a fusione di cui tanto si sta parlando in queste settimane, quanto costano, quando saranno realizzati, quale sarà l’impatto sull’ambiente e sulla produzione di energia? (…) Proviamo a farlo attraverso l’analisi di rapporti e studi e ascoltando la voce di esperti del settore, rappresentanti di associazioni pro e contro il nucleare ed europarlamentari che stanno seguendo la questione”. (continua a leggere)
Gli esperti bocciano nucleare e gas: «Via dalla tassonomia» (di Claudia Vago per Valori): “La tassonomia delle attività economiche considerate “sostenibili” non deve includere tra le fonti di energia verde il gas naturale e il nucleare. A dirlo è un gruppo di esperti a cui la Commissione europea si è affidata per contribuire a elaborare le regole sugli investimenti sostenibili in un documento visionato dal Financial Times”. (continua a leggere)
Tassonomia, per il parlamento europeo gas e nucleare sono sostenibili (Andrea Barolini per Valori): “Il parlamento si è in effetti espresso in modo contrario anche rispetto all’orientamento delle due commissioni competenti per materia – Affari economici e Ambiente, salute e sicurezza alimentare – che alla metà dello scorso mese di giugno avevano bocciato il progetto di inclusione di gas e nucleare nella tassonomia europea. Ovvero, appunto, nell’elenco delle attività considerate sostenibili dal punto di vista ambientale”. (continua a leggere)
Crisi climatica: lo scontro in Europa su nucleare e gas e i costi ambientali dell’estrazione del litio (di Angelo Romano per Valigia Blu): “«Steffen Hebestreit, portavoce del cancelliere tedesco Olaf Scholz, ha ribadito che il governo tedesco ritiene che “la tecnologia nucleare sia pericolosa, che il problema dello smaltimento dei rifiuti sia ancora irrisolto” e respinge “la valutazione [della Commissione] sull’energia nucleare»”. (continua a leggere)
Cosa ha detto davvero l’IEA sul ruolo del nucleare nella transizione energetica (di Stefano Barazzetta per Valori): “Ad una prima lettura, per il nucleare lo scenario NZE 2050 sembra offrire segnali di speranza: secondo lo scenario il nucleare dovrà raddoppiare la quantità di elettricità prodotta da qui al 2050; ma guardando con più attenzione la situazione appare meno rosea. Infatti, tenendo conto del fatto che la produzione elettrica mondiale triplicherà, questo significa che il nucleare andrà a rivestire un ruolo sempre più marginale in termini relativi, coprendo nel 2050 il fabbisogno elettrico globale per meno del 10% (in calo)”. (continua a leggere)
Che gas e nucleare per l’Ue siano sostenibili l’ha deciso la Russia? (Andrea Barolini per Valori): Un rapporto di Greenpeace svela in che modo i colossi russi dell’energia Gazprom, Lukoil e Rosatom siano riusciti ad esercitare enormi pressioni su Bruxelles a tale scopo. L’intensa attività di lobbying ha, d’altra parte, obiettivi finanziari ma anche politici. L’introduzione di gas e nucleare nella tassonomia fa comodo, infatti, soprattutto alla Russia. E concede a Vladimir Putin un potere negoziale molto più elevato nei confronti dell’Ue. Oltre a fornire introiti che potranno essere utilizzati per proseguire la guerra in Ucraina”. (continua a leggere)
Perché il nucleare non tiene il passo della transizione energetica (di Antonio Scalari per Valigia Blu): “Il nucleare ha segnato il passo rispetto allo sviluppo delle energie rinnovabili, diventate sempre più competitive. Il costo dell’elettricità prodotta dall’energia solare ed eolica on-shore è crollato, rispettivamente, del 85% e del 70% nell’ultimo decennio. Il costo dei moduli fotovoltaici si è ridotto del 99% dalla fine degli anni ‘70 ad oggi. Questo non è dovuto a un’ipnosi verde collettiva ma, come spiega uno studio del Massachusset Institute of Technology (MIT), è il risultato delle politiche pubbliche che hanno stimolato il mercato del settore, della ricerca sia pubblica che privata e di quella che viene definita economia di scala, cioè il rapporto tra l’aumento della produzione industriale e la caduta dei costi”. (continua a leggere)
Quando il “sì” al nucleare diventa un “no” alla scienza (di Antonio Scalari per Valigia Blu): “Il sì al nucleare si vanta di essere in accordo con una concezione scientifica e razionale del mondo. In Italia il sì è stato infatti una storica battaglia a difesa della scienza e della tecnologia. Ma se si va più a fondo e si analizzano certi orientamenti di pensiero e tesi che si ritrovano nel campo del sì, si scopre che anche questo è pieno di ideologia. Di un’ideologia che spesso è in contrasto con una visione che riconosca la gravità della crisi climatica e l’urgenza della transizione energetica. E quindi con la scienza stessa”. (continua a leggere)
Anche il nucleare è una fonte di energia intermittente (Andrea Barolini per Valori): “I reattori nucleari, in caso di incidente, possono provocare autentici disastri per l’ambiente, gli ecosistemi, la biodiversità e la salute umana. Per questo sono – giustamente – sottoposti a rigorosi controlli. Ciò in caso di qualsiasi problema di sicurezza, anche solamente potenziale. E malgrado tale attenzione, non è comunque possibile azzerare i rischi, come ammesso dai dirigenti della stessa Autorità per la sicurezza nucleare francese. Le verifiche – altrettanto giustamente – prendono inoltre tempo e non possono lasciare nulla al caso. Il che rende, di fatto, anche il nucleare “intermittente”. Esattamente come l’eolico, che dipende dal vento, e il fotovoltaico, legato all’irraggiamento solare. (continua a leggere)
Sul Deposito Nazionale delle scorie radioattive continuiamo a perdere pericolosamente tempo (di Alessia Melchiorre per Valigia Blu): “Il nostro paese è già in un ritardo pericoloso, di oltre dieci anni, sulla gestione dei rifiuti radioattivi: avremmo dovuto dotarci di un piano nazionale a partire dal 2011 – come richiesto dalla direttiva Euratom – ma l’iter ha subito diversi rinvii per i quali ci siamo invece guadagnati una sentenza di infrazione dalla Corte di Giustizia UE nel 2019”. (continua a leggere)
Decommissioning nucleare: tempi (sempre più) lunghi, costi alle stelle (di Francesco Ferrante per Valori): “Lo smantellamento degli ex siti nucleari italiani ritarda di anno in anno: solo il 25% è realizzato. Intanto, i costi raddoppiano e i tempi si dilatano”. (continua a leggere)
Francia e Germania: le opposte strategie sull’energia che dividono l’Europa (di Elena Comelli per Valigia Blu): “La Francia guida un gruppo di paesi, perlopiù dell’Europa centrale e orientale, che hanno spinto l’Unione Europea a concedere il bollino di “attività economica ecosostenibile” anche all’energia nucleare, malgrado la strenua opposizione di molti paesi membri. Per i politici e gli attivisti tedeschi l’idea che l’energia nucleare sia verde o sostenibile è un anatema, considerando il potenziale di incidenti con conseguenze ambientali catastrofiche e i problemi associati allo stoccaggio a lungo termine delle scorie radioattive, che nemmeno la stessa Francia è ancora riuscita a risolvere. Per non parlare del fatto che le centrali francesi cominciano a mostrare i segni dell’età e hanno sempre più bisogno di fermarsi per lavori di manutenzione, com’è successo nelle ultime settimane con tre dei quattro più grandi reattori, costringendo il paese a incrementare il ricorso al carbone”. (continua a leggere)
Nucleare, l’Agenzia francese per l’ambiente: nuovi reattori costosi e dannosi (di Andrea Barolini per Valori): “La Francia non ha interesse a lanciarsi nella costruzione di nuovi reattori EPR di ultima generazione. Ciò perché, da un lato, investire sulla filiera del nucleare rallenterebbe lo sviluppo delle energie rinnovabili. Dall’altro, perché farebbe aumentare il costo medio di produzione dell’energia elettrica. E dunque anche le bollette pagate dai cittadini. Ad affermarlo non è un’associazione ambientalista ma l’Agenzia per l’ambiente e la gestione dell’energia (Ademe), in un rapporto pubblicato nello scorso mese di dicembre”. (continua a leggere)
Troppo caldo e fiumi in secca, la Francia chiude due reattori nucleari per rischio collasso (Peppe Aquaro per Corriere della Sera): “Siccità, ondate di calore che non sembrano avere fine, e il cambiamento climatico si prende un’altra rivincita nei confronti degli approvvigionamenti energetici dell’uomo. L’ultima conseguenza dei livelli eccezionalmente bassi dei fiumi è la chiusura dei reattori nucleari”. (continua a leggere)
Francia e nucleare: una realtà del tutto peculiare (di Henri Baguenier per Treccani): “All’inizio del 2022 è chiaro, ancora una volta, che nulla è andato come previsto. Il mercato nucleare mondiale è rimasto debole, la capacità in funzione nel mondo oggi è al livello del 2000 e la quota del nucleare nella produzione mondiale di elettricità è fortemente diminuita, passando dal 17% nel 2000 al 9,8% nel 2021”. (continua a leggere)
I problemi strutturali del nucleare francese che inguaiano il mercato elettrico europeo (di Lorenzo Vallecchi per QualEnergia): “L’invasione russa dell’Ucraina e il taglio delle esportazioni di gas russo verso l’Europa stanno contribuendo a causare una crisi energetica, ma in realtà non sono forse la causa principale dei rincari che si stanno verificando nei mercati elettrici europei. Tutte le critiche che sono state sollevate, per esempio, sulla decisione della Germania di chiudere le sue centrali nucleari in una fase di minore disponibilità di gas non tengono conto del fatto che il problema principale per la generazione elettrica europea non è il calo dell’offerta di gas, bensì l’indisponibilità del nucleare francese”. (continua a leggere)
Il declino della filiera nucleare (di Andrea Barolini per Valori): “Il presente e il futuro del nucleare civile appaiono incerti. A fornire una fotografia della situazione attuale del settore è il World nuclear industry status report”. (continua a leggere)
fonti istituzionali
Forced and Planned Unavailability of Nuclear Reactors in France in 2020 (World Nuclear Industry Status Report 2021)
100% Clean Electricity by 2035 Study (NREL)
Climate Change 2022: Impacts, Adaptation and Vulnerability (IPCC)
Pumped-hydro Energy Storage: Potential for Transformation from Single Dams (JRC — Commissione Europea)
Net-Zero Economy 2050 — Decarbonization roadmaps for Europe: focus on Italy and Spain (Ambrosetti — Enel)