Secon­do le sti­me più recen­ti dell’OCSE, l’Italia rima­ne uno dei pae­si con le con­di­zio­ni abi­ta­ti­ve più com­pro­mes­se del­la regio­ne con tas­si di sovraf­fol­la­men­to e i costi più alti e pena­liz­zan­ti per le fami­glie a bas­so red­di­to, mol­ti­pli­can­do le disu­gua­glian­ze: il 32% degli inqui­li­ni più fra­gi­li spen­de più del 40% del pro­prio red­di­to in affit­to e il 49% dei pro­prie­ta­ri a bas­so red­di­to han­no un mutuo le cui rate men­si­li supe­ra­no il 40% del reddito.

650 000 fami­glie sono nel­le gra­dua­to­rie comu­na­li per l’accesso ad una casa popo­la­re (cir­ca 1,4 milio­ni di persone).

Ogni anno ven­go­no emes­se tra le 40.000 e le 50.000 sen­ten­ze di sfrat­to che coin­vol­go­no alme­no 120.000 per­so­ne di cui alme­no 30.000 minori.

 

A fron­te di que­sta situa­zio­ne, la rea­liz­za­zio­ne del dirit­to all’abitare come asse por­tan­te di equi­tà, digni­tà, salu­te, inclu­sio­ne, auto­no­mia e sicu­rez­za, richie­de lo svi­lup­po di poli­ti­che, pia­ni di attua­zio­ni e di moni­to­rag­gio inte­gra­ti e a lun­go ter­mi­ne, che vada­no oltre l’af­fron­ta­re le caren­ze del mer­ca­to abi­ta­ti­vo, le “lacu­ne” e le cri­si di prez­zo degli alloggi.

 

Poli­ti­che abi­ta­ti­ve effi­ca­ci svi­lup­pa­no qua­dri stra­te­gi­ci che rico­no­sco­no la fun­zio­ne socia­le del­la casa, che non può esse­re subor­di­na­ta al pro­fit­to, come una rispo­sta a un dirit­to rico­no­sciu­to e il ruo­lo cen­tra­le dell’intervento pub­bli­co per rag­giun­ge­re obiet­ti­vi per di giu­sti­zia socia­le e ridu­zio­ne del­le disuguaglianze.

Per strut­tu­ra­re una poli­ti­ca pub­bli­ca dell’abitare in gra­do di dare rispo­sta all’esclusione e al disa­gio abi­ta­ti­vo, è neces­sa­ria innan­zi­tut­to una map­pa­tu­ra e ana­li­si in gra­do di chia­ri­re non solo la doman­da abi­ta­ti­va, ma soprat­tut­to lo sta­to del­le uni­tà vuo­te e sfit­te (sia pub­bli­che che pri­va­te) che potreb­be­ro esse­re rimes­se in circolo.

 

La crea­zio­ne di Osser­va­to­ri Loca­li, col­le­ga­ti al nuo­vo Osser­va­to­rio Nazio­na­le del­la Con­di­zio­ne Abi­ta­ti­va, che met­ta­no in rete tut­ti i dif­fe­ren­ti atto­ri risul­ta quin­di cru­cia­le per rile­va­re in tem­po rea­le i biso­gni abi­ta­ti­vi, moni­to­ra­re le bar­rie­re d’accesso e ana­liz­za­re la situa­zio­ne del par­co immo­bi­lia­re, non­ché valu­ta­re l’impatto del­le misu­re intra­pre­se per affi­na­re l’azione politica.

 

Un esem­pio inte­res­san­te di map­pa­tu­ra e rac­col­ta dati sul­le case sfit­te vie­ne dal­la cit­tà gre­ca di Salo­nic­co, dove gli archi­vi del gesto­re del­la rete di distri­bu­zio­ne elet­tri­ca sono sta­ti uti­liz­za­ti per ana­liz­za­re le discon­nes­sio­ni di ener­gia elet­tri­ca con pre­ce­den­te uso residenziale.

 

Anco­ra, nel 2021, il mini­stro fran­ce­se del­le poli­ti­che abi­ta­ti­ve ha pre­sen­ta­to un nuo­vo pro­gram­ma pilo­ta nazio­na­le, aper­to a 68 auto­ri­tà regio­na­li, per faci­li­ta­re l’i­den­ti­fi­ca­zio­ne degli allog­gi sfit­ti attra­ver­so un nuo­vo soft­ware: “Zéro Loge­ment Vacant”. Que­sto stru­men­to digi­ta­le si basa su dati nazio­na­li rica­va­ti dal­le ban­che dati fisca­li e immo­bi­lia­ri per iden­ti­fi­ca­re le abi­ta­zio­ni sfit­te. I pro­prie­ta­ri pos­so­no inol­tre capi­re se il bene è sog­get­to al paga­men­to del­la tas­sa sugli allog­gi sfit­ti (intro­dot­ta per le zone con alti squi­li­bri tra doman­da e offer­ta) e pren­de­re con­tat­to con la col­let­ti­vi­tà per rimet­te­re il bene sul mercato.

Attra­ver­so azio­ni rivol­te al recu­pe­ro del patri­mo­nio pri­va­to inu­ti­liz­za­to — vuo­to o sfit­to — si pos­so­no rag­giun­ge­re diver­si obiet­ti­vi tra cui la riat­ti­va­zio­ne di un’importante offer­ta per i nuclei abi­ta­ti­vi più fra­gi­li, rispon­de­re alle dif­fi­col­tà dei pro­prie­ta­ri, con­tra­sta­re il con­su­mo di suo­lo limi­tan­do la costru­zio­ne di nuo­vi edi­fi­ci, ed evi­ta­re con­di­zio­ni di degra­do e man­can­za di sicu­rez­za che pos­so­no deri­va­re dal­la pre­sen­za di allog­gi vuoti.

 

Que­sto può avve­ni­re incen­ti­van­do e faci­li­tan­do la ces­sio­ne degli immo­bi­li vuo­ti in regi­me di affit­to con­cor­da­to e garan­ti­to ai Comu­ni (come nel caso di Bar­cel­lo­na, Stra­sbur­go, Lisbo­na, Emi­lia Roma­gna), i qua­li pro­ce­do­no alla redi­stri­bu­zio­ne degli immo­bi­li secon­do cri­te­ri di neces­si­tà e urgenza.

 

In paral­le­lo si può agi­re attra­ver­so la leva del­la fisca­li­tà, come in mol­ti altri pae­si, ren­den­do one­ro­so il man­ca­to uti­liz­zo degli immo­bi­li di cui i pro­prie­ta­ri sono in possesso.

Intro­dot­ta nel 1998, per esem­pio, la tas­sa sul­le case sfit­te in Fran­cia si appli­ca a tut­ti gli allog­gi abi­ta­bi­li che sono rima­sti sfit­ti per più di un anno. L’imposta vie­ne cal­co­la­ta sul­la base del poten­zia­le affit­to annua­le che l’im­mo­bi­le potreb­be pro­dur­re, ini­zial­men­te a un tas­so del 12.5% del valo­re del­l’af­fit­to duran­te il pri­mo anno fino al 25% dopo quat­tro anni di sfitto.

Nel 2023 i due tas­si sono sta­ti aggior­na­ti pas­san­do rispet­ti­va­men­te al 17% e 34%.

Gli affit­ti di bre­ve ter­mi­ne agi­sco­no sul mer­ca­to immo­bi­lia­re dimi­nuen­do l’offerta abi­ta­ti­va loca­le a lun­go ter­mi­ne, aumen­tan­do i prez­zi e inne­scan­do la fuga degli abi­tan­ti che spes­so non han­no i mez­zi per con­tra­sta­re, da soli, que­sta tendenza.

 

Se que­sto pro­ble­ma è mag­gior­men­te sen­ti­to nel­le gran­di cit­tà, ormai il feno­me­no inte­res­sa anche i pic­co­li cen­tri sto­ri­ci e i luo­ghi –cosid­det­ti- di vil­leg­gia­tu­ra. In quest’ultimo caso s’ignorano com­ple­ta­men­te i biso­gni dei resi­den­ti, che fati­ca­no a tro­va­re un’abitazione per­ma­nen­te per­ché la dispo­ni­bi­li­tà abi­ta­ti­va è limi­ta­ta al solo perio­do, per esem­pio, invernale.

 

Que­sto feno­me­no impo­ve­ri­sce inol­tre il tes­su­to urba­no e socia­le; i quar­tie­ri si tra­sfor­ma­no rapi­da­men­te per ade­guar­si a que­sta nuo­va for­ma del (non) abi­ta­re, con sem­pre meno ser­vi­zi per i cit­ta­di­ni e gli equi­li­bri stra­vol­ti a pro­fit­to del turi­smo di massa.

 

In que­sta dina­mi­ca suben­tra poi un pro­ble­ma paral­le­lo: le piat­ta­for­me di affit­to di cor­ta dura­ta sono spes­so uti­liz­za­te per nascon­de­re vere e pro­prie atti­vi­tà com­mer­cia­li su lar­ga sca­la ed evi­ta­re di paga­re la tas­sa­zio­ne cor­ri­spon­den­te ad un’attività di tipo ricettivo-turistica.

 

Alcu­ne cit­tà han­no però comin­cia­to a disci­pli­na­re gli affit­ti brevi :

 

Ad Amster­dam, in tre dei quar­tie­ri dove il mer­ca­to immo­bi­lia­re è più teso, non è per­mes­so affit­ta­re inte­ri allog­gi su Boo­king e Airbnb, ma solo stan­ze in abi­ta­zio­ni dove il pro­prie­ta­rio deve dimo­stra­re di esse­re residente

 

A San Fran­ci­sco, qua­lo­ra si voglia affit­ta­re per bre­vi perio­di il pro­prio appar­ta­men­to, è neces­sa­rio regi­strar­si pres­so il Comu­ne e dimo­stra­re di risie­de­re nell’appartamento per alme­no 275 gior­ni all’anno.

La gestio­ne del­le resi­den­ze pub­bli­che e socia­li pre­sen­ta note fra­gi­li­tà lega­te alle tem­pi­sti­che di asse­gna­zio­ne del­le case, alla gestio­ne di manu­ten­zio­ni e al con­trol­lo degli immo­bi­li vuo­ti. A fron­te di 650 mila fami­glie nel­le gra­dua­to­rie comu­na­li per l’accesso ad una casa popo­la­re (cir­ca 1,4 milio­ni di per­so­ne), alme­no 48.000 case popo­la­ri riman­go­no non uti­liz­za­te per man­ca­ta manu­ten­zio­ne. Que­sto è dovu­to da un lato alla seg­men­ta­zio­ne tra enti pro­prie­ta­ri e vari enti di gestio­ne, non­ché alla man­can­za di un soste­gno eco­no­mi­co di carat­te­re strut­tu­ra­le ma basa­to qua­si esclu­si­va­men­te sull’auto-sostenibilità.

 

Vien­na ha isti­tui­to un con­tri­bu­to per l’e­di­li­zia abi­ta­ti­va nel­l’am­bi­to del­l’im­po­sta fede­ra­le sul red­di­to (0,5% sia per i dato­ri di lavo­ro che per i dipen­den­ti) con il qua­le ven­go­no rac­col­ti cir­ca 250 milio­ni all’anno per il par­co abi­ta­ti­vo pub­bli­co. Inol­tre, dal momen­to che l’azione pub­bli­ca per l’accesso alla casa segue un model­lo tra­di­zio­nal­men­te uni­ver­sa­li­sta e fon­da­ta sull’obiettivo dell’integrazione socia­le (l’80% dei nuclei fami­lia­ri rien­tra nei limi­ti di red­di­to per acce­der­vi), que­sto ha per­mes­so un siste­ma di seg­men­ta­zio­ne equo dei cano­ni dove gli inqui­li­ni più abbien­ti copro­no par­te dei costi dei nuclei abi­ta­ti­vi più fragili.

 

In Olan­da, Aedes, la fede­ra­zio­ne nazio­na­le gesto­ri di allog­gi socia­li, che riu­ni­sce 310 for­ni­to­ri loca­li, svol­ge annual­men­te un accu­ra­to pro­ces­so di “ben­ch­mar­king” per moni­to­ra­re le pre­sta­zio­ni dei suoi mem­bri. Que­sto pro­ces­so di ben­ch­mar­king com­pren­de un’a­na­li­si det­ta­glia­ta del­la sod­di­sfa­zio­ne degli inqui­li­ni, del­le spe­se ope­ra­ti­ve, del­la soste­ni­bi­li­tà ambien­ta­le, del­la manu­ten­zio­ne e del­le ristrut­tu­ra­zio­ni, del­la dispo­ni­bi­li­tà, del­l’ac­ces­si­bi­li­tà eco­no­mi­ca e del­le nuo­ve costru­zio­ni. Il ben­ch­mark è fon­da­men­ta­le per il fun­zio­na­men­to effi­ca­ce del set­to­re del­l’e­di­li­zia socia­le; for­ni­sce ad Aedes infor­ma­zio­ni per sup­por­ta­re i deci­so­ri poli­ti­ci a miglio­ra­re le poli­ti­che e gli inter­ven­ti di set­to­re. Inol­tre, con­sen­te di con­trol­la­re la qua­li­tà dell’operato dei sin­go­li for­ni­to­ri e di iden­ti­fi­ca­re quel­li che fati­ca­no a rag­giun­ge­re gli obiettivi.

 

Nel 2012 il gover­no scoz­ze­se ha isti­tui­to lo Scot­tish Social Hou­sing Char­ter, una serie di risul­ta­ti e stan­dard per tut­ti i gesto­ri di allog­gi socia­li. Lo Scot­tish Hou­sing Regu­la­tor (SHR) misu­ra le pre­sta­zio­ni dei gesto­ri rispet­to a tali standard.

Negli ulti­mi anni, diver­se cit­tà ita­lia­ne han­no dismes­so, ripe­ten­do il man­tra del­la rige­ne­ra­zio­ne urba­na, par­ti impor­tan­ti del loro patri­mo­nio — soprat­tut­to fon­dia­rio — a pri­va­ti (com­pa­gnie, fon­di d’investimento), sen­za rego­la­men­tar­ne l’utilizzo e a disca­pi­to del bene comune.

 

Que­sta scel­ta è spes­so fat­ta uni­ca­men­te per repe­ri­re risor­se finan­zia­rie e svin­co­lar­si dal peso del­la gestio­ne del par­co immo­bi­lia­re, sen­za però pren­de­re in con­si­de­ra­zio­ne le incal­co­la­bi­li con­se­guen­ze nega­ti­ve sul­la socie­tà e sul­le con­di­zio­ni di mol­tis­si­me fami­glie che vivo­no in con­di­zio­ni abi­ta­ti­ve precarie.

 

Oltre­tut­to, gli immo­bi­li ven­go­no spes­so “sven­du­ti”, andan­do di fat­to a crea­re uno sce­na­rio disgre­ga­ti­vo sul­la comu­ni­tà : da una par­te le ammi­ni­stra­zio­ni non rie­sco­no a fare cas­sa in manie­ra ade­gua­ta per ripa­ga­re il debi­to pub­bli­co o finan­zia­re pro­gram­mi strut­tu­ra­li nel­le cit­tà, e dall’altra le socie­tà pri­va­te che acqui­sta­no i beni lo fan­no per pure ragio­ni di pro­fit­to, sen­za ave­re lo sco­po di appor­ta­re un pro­gres­so per una for­ma di abi­ta­re più equa. In sostan­za, c’è il rischio che la comu­ni­tà si ritro­vi sem­pre più demu­ni­ta dei pro­prio mez­zi, incre­men­tan­do gli squi­li­bri già in atto.

 

La pia­ni­fi­ca­zio­ne ter­ri­to­ria­le è uno stru­men­to che può esse­re uti­liz­za­to per richie­de­re o inco­rag­gia­re la for­ni­tu­ra di allog­gi a prez­zi accessibili.

Lo stru­men­to dell’inclusive zoning può cat­tu­ra­re risor­se dal mer­ca­to pri­va­to per il set­to­re del­l’e­di­li­zia socia­le e a prez­zi acces­si­bi­li. Ciò avvie­ne attra­ver­so l’in­clu­sio­ne obbli­ga­to­ria o volon­ta­ria di spe­ci­fi­che tipo­lo­gie di allog­gi a prez­zi acces­si­bi­li come con­di­zio­ne per l’ap­pro­va­zio­ne del­la pia­ni­fi­ca­zio­ne di nuo­ve costru­zio­ni abitative.

In un con­te­sto euro­peo, Ger­ma­nia, Fran­cia, Irlan­da, Pae­si Bas­si e Regno Uni­to han­no adot­ta­to una qual­che for­ma di inclu­si­ve zoning negli ulti­mi decenni.

 

In Fran­cia l’e­di­li­zia socia­le è gesti­ta da enti loca­li, orga­niz­za­zio­ni non pro­fit o par­te­na­ria­ti pub­bli­co-pri­va­to. La leg­ge SRU (Soli­da­ri­té et Renou­vel­le­ment Urbain — Sol­da­rie­tà e Rin­no­va­men­to Urba­no), appro­va­ta nel 2000, ori­gi­na­ria­men­te richie­de­va che la mag­gior par­te dei comu­ni urba­ni garan­tis­se che alme­no il 20% del loro patri­mo­nio abi­ta­ti­vo com­ples­si­vo fos­se di edi­li­zia popo­la­re entro il 2020. Nel 2013 l’obiettivo è sta­to aumen­ta­to per arri­va­re al 25% entro il 2025.

Que­sta leg­ge pun­ta a rie­qui­li­bra­re l’offerta di allog­gi socia­li sul ter­ri­to­rio intor­no al tema del­la “mixi­té socia­le”, ossia la con­vi­ven­za di per­so­ne di diver­sa estra­zio­ne sociale.

Nel Regno Uni­to, le due prin­ci­pa­li fon­ti di inve­sti­men­to in nuo­vi allog­gi socia­li sono costi­tui­te dal finan­zia­men­to del gover­no cen­tra­le e dagli accor­di di pia­ni­fi­ca­zio­ne tra svi­lup­pa­to­ri pri­va­ti e auto­ri­tà loca­li, in base ai qua­li lo svi­lup­pa­to­re con­tri­bui­sce con ter­re­ni, allog­gi o dena­ro come con­di­zio­ne per il per­mes­so di costruzione.

Gli accor­di di pia­ni­fi­ca­zio­ne devo­no esse­re diret­ta­men­te per­ti­nen­ti allo svi­lup­po pro­po­sto, pre­scri­ve­re una deter­mi­na­ta por­zio­ne di allog­gi a prez­zi acces­si­bi­li e com­pen­sa­re la per­di­ta o il dan­no crea­to da uno dato pro­gram­ma (ad esem­pio, per­di­ta di spa­zio aper­to) o miti­ga­re l’im­pat­to dell’operazione (ad esem­pio, attra­ver­so un aumen­to ser­vi­zio di tra­spor­to pubblico).

Seb­be­ne nel­la mag­gior par­te dei Pae­si OCSE, la mag­gio­ran­za dei gio­va­ni tra i 20 e i 29 anni viva con i geni­to­ri, la quo­ta è ben più alta in Ita­lia (74%) e la ten­den­za in con­ti­nua cre­sci­ta. Ciò si riflet­te anche nel­l’e­tà media in cui i gio­va­ni lascia­no il nucleo fami­lia­re dei geni­to­ri, oltre i 30 anni. I dati dell’Eurostudent Data­ba­se regi­stra­no anche in Ita­lia uno dei tas­si più bas­si di stu­den­ti che seguo­no un’istruzione supe­rio­re e han­no acces­so a un allog­gio per stu­den­ti — solo il 10%, rispet­to al 30% in Pae­si Bas­si e Svezia.

Il lun­go perio­do di istru­zio­ne, l’insicurezza del mer­ca­to del lavo­ro e l’ac­ces­so più ristret­to al cre­di­to, fan­no sì che mol­ti gio­va­ni si rivol­ga­no sem­pre più spes­so a solu­zio­ni di affit­to. L’aumento del costo degli affit­ti, a sua vol­ta, impe­di­sce ai gio­va­ni di rispar­mia­re per garan­ti­re un depo­si­to, neces­sa­rio per poter otte­ne­re un mutuo sen­za l’aiuto dei geni­to­ri. Fat­to che crea mag­gior ineguaglianza.

 

Poi­ché per i gio­va­ni è sem­pre più dif­fi­ci­le otte­ne­re la pro­prie­tà di una casa, le coo­pe­ra­ti­ve edi­li­zie, coo­pe­ra­ti­ve, i com­mu­ni­ty land tru­st e altre ini­zia­ti­ve di col­la­bo­ra­zio­ne pos­so­no rap­pre­sen­ta­re un buon pas­so avan­ti nel­la “sca­la abi­ta­ti­va”, che sia acces­si­bi­le e di pro­prie­tà e gestio­ne collettiva.

 

In una cit­tà in cui l’af­fit­to men­si­le può facil­men­te supe­ra­re i 1.500 euro e il costo com­ples­si­vo del­la vita è tra i più alti al mon­do, le alter­na­ti­ve abi­ta­ti­ve a prez­zi acces­si­bi­li sono fon­da­men­ta­li, anche per gli stu­den­ti. Le coo­pe­ra­ti­ve socia­li si stan­no raf­for­zan­do a Gine­vra e que­sto pro­get­to di allog­gi per stu­den­ti in Pla­ce des Volon­tai­res a Cou­lou­vre­niè­re ne è un esem­pio. Il pro­get­to è sta­to svi­lup­pa­to con un pro­ces­so par­te­ci­pa­ti­vo che ha coin­vol­to una coo­pe­ra­ti­va di allog­gi per stu­den­ti e gli stes­si futu­ri occu­pan­ti. L’af­fit­to men­si­le è di cir­ca 250 fran­chi sviz­ze­ri (230 euro). L’i­dea è che, al momen­to del tra­sfe­ri­men­to, gli stu­den­ti acqui­sti­no una quo­ta del­la coo­pe­ra­ti­va a un prez­zo non supe­rio­re al depo­si­to del­l’af­fit­to. di un depo­si­to per l’af­fit­to, e quan­do si tra­sfe­ri­sco­no la ven­do­no al suc­ces­si­vo occu­pan­te dell’appartamento.

Allo stes­so tem­po, il gover­no dovreb­be rego­la­men­ta­re gli inve­sti­men­ti nel­le strut­tu­re per stu­den­ti per pro­teg­ge­re il set­to­re dal­la finan­zia­riz­za­zio­ne che pri­vi­le­gia la ren­di­ta rispet­to alla salu­te, al benes­se­re, all’u­gua­glian­za e alla digni­tà dei resi­den­ti. A que­sto pro­po­si­to, gli Sta­ti dovreb­be­ro indi­riz­za­re qual­sia­si sus­si­dio a ope­ra­to­ri sen­za sco­po di lucro.

In un siste­ma abi­ta­ti­vo squi­li­bra­to ed una rispo­sta del ser­vi­zio pub­bli­co caren­te, si pos­so­no instau­ra­re mec­ca­ni­che discri­mi­nan­ti che pre­clu­do­no l’accesso alla casa a cau­sa dell’origine, del­la reli­gio­ne o dell’orientamento ses­sua­le di chi sta cer­can­do un allog­gio per costruir­si un futuro.

Sen­za un luo­go sicu­ro, le con­di­zio­ni di chi è già in dif­fi­col­tà non pos­so­no far altro che peg­gio­ra­re, andan­do ad aggra­va­re le già pre­ca­rie con­di­zio­ni socia­li di par­ti del­la comunità.

 

Nel caso dei rom, solo una pic­co­la per­cen­tua­le di quel­li che vivo­no in Ita­lia sono noma­di (cir­ca il 3%), ma essen­do eti­chet­ta­ti nel­la stra­gran­de mag­gio­ran­za dei casi come tali, spes­so le ammi­ni­stra­zio­ni rispon­do­no all’esigenza abi­ta­ti­va crean­do dei “cam­pi attrez­za­ti”, che altro non sono che l’em­ble­ma del­la ghettizzazione.

Le con­di­zio­ni di vita inso­ste­ni­bi­li, il sovraf­fol­la­men­to e la nega­zio­ne di acces­so ai ser­vi­zi pub­bli­ci di base diven­ta­no così ulte­rio­re osta­co­lo per l’inclusione sociale.

In mol­ti casi i rom, così come mol­ti cit­ta­di­ni stra­nie­ri, ven­go­no esclu­si dal mon­do del lavo­ro rego­la­re che gli con­sen­ti­reb­be di acce­de­re ad un affit­to di mer­ca­to, e la casa popo­la­re rima­ne spes­so l’unica via per un allog­gio decoroso.

 

La dispo­ni­bi­li­tà di un’abitazione è poi uno dei requi­si­ti pre­vi­sti per­ché un cit­ta­di­no stra­nie­ro in Ita­lia pos­sa otte­ne­re il per­mes­so di sog­gior­no, un lavo­ro o richie­de­re il ricon­giun­gi­men­to familiare.

Pren­den­do come esem­pio quest’ultimo tema, sono pur­trop­po nume­ro­se le segna­la­zio­ni di fami­glie stra­nie­re cui vie­ne pro­po­sta come uni­ca scel­ta la divi­sio­ne del nucleo fami­lia­re: don­ne e bam­bi­ni in una deter­mi­na­ta strut­tu­ra di acco­glien­za e uomi­ni in un’altra.

 

Anche in que­sto caso la pia­ni­fi­ca­zio­ne ha un ruo­lo fon­da­men­ta­le per evi­ta­re la segre­ga­zio­ne ed i con­flit­ti sociali.

A Vien­na è sta­to isti­tui­to un “Cen­tro di coor­di­na­zio­ne per i rifu­gia­ti” che fun­ge da cen­tro infor­ma­zio­ni uni­co, in costan­te con­tat­to con le com­pa­gnie dei tra­spor­ti, le for­ze di poli­zia, le orga­niz­za­zio­ni non pro­fit ed i cit­ta­di­ni volontari.

A Lio­ne è sta­to fir­man­do un accor­do con l’associazione che si occu­pa di edi­li­zia socia­le che ha mes­so a dispo­si­zio­ne 300 uni­tà abi­ta­ti­ve all’anno in cam­bio di assi­sten­za e sup­por­to per i rifu­gia­ti allog­gia­ti, affin­ché non sia­no sem­pli­ce­men­te “col­lo­ca­ti” in una casa, ma gui­da­ti ver­so l’autonomia e inte­gra­ti nel­le comunità.

In Ita­lia le fami­glie in affit­to sono cir­ca il 20% del­le fami­glie resi­den­ti, ma rap­pre­sen­ta­no cir­ca il 45% dei 5,6 milio­ni di per­so­ne in pover­tà asso­lu­ta, di que­ste 1,3 milio­ni sono minori.

A fron­te di nume­ri sem­pre cre­scen­ti di pover­tà nel nostro pae­se, la scel­ta di non rifi­nan­zia­re il fon­do di con­tri­bu­to per l’affitto e la moro­si­tà incol­pe­vo­le rischia da aumen­ta­re il nume­ro di sfrat­ti e peg­gio­ra­re una situa­zio­ne abi­ta­ti­va già cri­ti­ca eli­mi­nan­do una fon­te di assi­sten­za per oltre 600 000 famiglie.

 

Inol­tre, nono­stan­te l’esistenza di nor­me inter­na­zio­na­li a riguar­do, nel caso di sfrat­ti ese­gui­ti con la for­za pub­bli­ca (tra i 25 000 e 30 000 ogni anno che vedo­no coin­vol­ti alme­no 15 000 mino­ri), qua­si mai si assi­ste in un pas­sag­gio da casa a casa o sono pre­sen­ti assi­sten­ti socia­li o rap­pre­sen­ta­ti dei Comuni.

 

A fron­te di un nume­ro cre­scen­te di per­so­ne in affit­to, l’Italia dovreb­be dotar­si di mec­ca­ni­smi per miglio­ra­re la soste­ni­bi­li­tà abi­ta­ti­va, come la deter­mi­na­zio­ne di affit­ti equi e la loro indi­ciz­za­zio­ne, la par­te­ci­pa­zio­ne e con­trat­ta­zio­ne sin­da­ca­le, il soste­gno all’affitto.

 

In Ger­ma­nia, gli affit­tua­ri pri­va­ti pos­so­no ade­ri­re a un’as­so­cia­zio­ne di inqui­li­ni, chia­ma­ta Mie­ter­bund o Mie­ter­ve­rei­ne. Que­ste asso­cia­zio­ni rap­pre­sen­ta­no gli inte­res­si degli inqui­li­ni e offro­no ai mem­bri con­su­len­za sui con­trat­ti di loca­zio­ne, sui costi del­le uten­ze e sul­le leg­gi in mate­ria di loca­zio­ne. Il Deu­tscher Mie­ter­bund (DMB) è un orga­ni­smo nazio­na­le che rap­pre­sen­ta 320 orga­niz­za­zio­ni loca­li di inqui­li­ni in tut­ta la Ger­ma­nia. Gli inqui­li­ni paga­no una pic­co­la quo­ta asso­cia­ti­va e l’or­ga­niz­za­zio­ne impie­ga 1.300 dipen­den­ti a tem­po pie­no e 2.500 volon­ta­ri in tut­ta la sua rete. Mol­te asso­cia­zio­ni di inqui­li­ni offro­no anche una pro­te­zio­ne con­tro i costi lega­li attra­ver­so un’as­si­cu­ra­zio­ne di pro­te­zio­ne lega­le. A tal fine, l’As­so­cia­zio­ne tede­sca degli inqui­li­ni, le asso­cia­zio­ni regio­na­li e le asso­cia­zio­ni loca­li di inqui­li­ni han­no fon­da­to nel 1983 una pro­pria com­pa­gnia assi­cu­ra­ti­va, la Ger­man Tenan­ts’ Asso­cia­tion Legal Pro­tec­tion Insu­ran­ce AG.

Nel 2020, la cit­tà di Bar­cel­lo­na ha intro­dot­to un nuo­vo siste­ma di deter­mi­na­zio­ne degli affit­ti basa­to sul con­cet­to di affit­to di rife­ri­men­to. Gli affit­ti dei con­trat­ti sti­pu­la­ti dopo il 1995 devo­no esse­re abbas­sa­ti qua­lo­ra sia­no supe­rio­ri al livel­lo di rife­ri­men­to. La nuo­va leg­ge copre anche le spe­se di ser­vi­zio, ma non le abi­ta­zio­ni costrui­te negli ulti­mi tre anni né gli allog­gi socia­li. Sono pre­vi­ste mul­te per non con­for­mi­tà, che van­no da 3.000 a 90.000 euro a secon­da del­la gra­vi­tà del­l’in­fra­zio­ne. La nuo­va leg­ge si appli­ca a 61 comu­ni di Barcellona.

In Fran­cia esi­ste il con­cet­to di “trè­ve hiver­na­le” (pau­sa inver­na­le), gra­zie alla qua­le le espul­sio­ni di un inqui­li­no che non può paga­re l’affitto sono sospe­se dal 1° novem­bre al 31 mar­zo. Il pro­ble­ma è lon­ta­no dall’essere risol­to, ma alme­no le fami­glie non si ritro­va­no sen­za un tet­to con le rigi­de tem­pe­ra­tu­re di que­ste zone.

Uno dei pro­ble­mi mag­gio­ri per un riu­ti­liz­zo a bre­ve ter­mi­ne degli allog­gi dispo­ni­bi­li sono le caren­ze gra­vi sot­to il pun­to di vista ener­ge­ti­co o strut­tu­ra­le. In alcu­ni casi gli allog­gi, sen­za manu­ten­zio­ne da anni, non pos­so­no più esse­re qua­li­fi­ca­ti come salubri.

Spes­so sono pro­prio i nuclei con red­di­to bas­so a dover abi­ta­re que­sto tipo di allog­gi, e si crea un dop­pio effet­to nega­ti­vo: da una par­te una gran­de disper­sio­ne ter­mi­ca o ener­ge­ti­ca in un momen­to di gra­ve cri­si cli­ma­ti­ca, e dall’altro gran­di costi per man­te­ne­re con­di­zio­ni abi­ta­ti­ve decen­ti in casa (che pos­so­no rap­pre­sen­ta­re il 10% dell’intero reddito).

 

Si par­la di pover­tà ener­ge­ti­ca quan­do vi è l’incapacità di man­te­ne­re i livel­li dei ser­vi­zi ener­ge­ti­ci in casa su un livel­lo suf­fi­cien­te, non poten­do riscal­da­re e raf­fre­sca­re la casa a cau­sa di bol­let­te ener­ge­ti­che ecces­si­ve, bas­si red­di­ti e scar­sa effi­cien­za energetica.

Qua­si 50 milio­ni di per­so­ne sono affet­ti da pover­tà ener­ge­ti­ca nell’Unione Euro­pea, cir­ca il 10% del­la popolazione.

 

Da alcu­ni anni in Ita­lia è sta­to intro­dot­to l’A.P.E., l’Attestato di Pre­sta­zio­ne Ener­ge­ti­ca (che ha sosti­tui­to l’Attestato di Cer­ti­fi­ca­zio­ne Ener­ge­ti­ca, intro­dot­to nel 2005) che docu­men­ta le carat­te­ri­sti­che ener­ge­ti­che degli immo­bi­li, e che ormai obbli­ga­to­rio in caso di ven­di­ta o locazione.

L’A.P.E. pre­ve­de 10 clas­si : dal­la miglio­re A4 alla G. Si sti­ma che il 97% degli immo­bi­li ita­lia­ni rien­tra­no in una clas­se infe­rio­re alle E.

 

Il 14 mar­zo 2023 il Par­la­men­to UE ha appro­va­to la pro­po­sta di diret­ti­va euro­pea EPBD per le Case Green con obiet­ti­vi di effi­cien­ta­men­to ener­ge­ti­co degli edi­fi­ci. Anche se il testo deve esse­re anco­ra com­ple­ta­to e appro­va­to dal par­la­men­to euro­peo, la diret­ti­va pre­ve­de che, in caso di ven­di­ta, affit­to o ristrut­tu­ra­zio­ne, le uni­tà resi­den­zia­li deb­ba­no rag­giun­ge­re la clas­se E entro il 2030 e la clas­se D entro il 2033.

Una serie di dero­ghe sono appli­ca­bi­li per gli immo­bi­li nei cen­tri sto­ri­ci, i beni vin­co­la­ti o con una poten­zia­le per­di­ta del valo­re archi­tet­to­ni­co, case ed edi­fi­ci di cul­to, secon­de case e uni­tà indi­pen­den­ti sot­to i 50 mq.

 

La que­stio­ne è spi­no­sa, poi­ché una gran­de fet­ta del nostro patri­mo­nio esi­sten­te sareb­be esclu­sa, a giu­sto tito­lo, da lavo­ri di ristrut­tu­ra­zio­ne che ne stra­vol­ge­reb­be­ro l’apparato di base. Allo stes­so tem­po, il set­to­re dell’edilizia pro­du­ce cir­ca il 40% del­le emis­sio­ni glo­ba­li di car­bo­nio e qua­si un ter­zo di tut­ti i rifiu­ti. Sul con­su­mo di suo­lo, il rap­por­to ISPRA (Isti­tu­to Supe­rio­re per la Pro­te­zio­ne e la Ricer­ca Ambien­ta­le) del 2022 evi­den­zia come in Ita­lia con­ti­nuia­mo a per­de­re 2 m² di suo­lo al secondo.

Una sen­si­bi­liz­za­zio­ne andreb­be fat­ta a tut­ti i pro­fes­sio­ni­sti del­la filie­ra edi­li­zia per atti­va­re buo­ne pra­ti­che nei vari con­te­sti abitativi.

In Ita­lia è sta­to isti­tui­to l’Ecobonus, che per­met­te di ave­re sgra­vi fisca­li qua­lo­ra si appor­ti­no miglio­ra­men­ti ener­ge­ti­ci all’edificio.

Il fon­do di svi­lup­po urba­no litua­no, isti­tui­to nel 2009 per i con­do­mi­ni mul­ti-appar­ta­men­to, illu­stra il fun­zio­na­men­to pra­ti­co di un fon­do rota­ti­vo. Il fon­do offre pre­sti­ti age­vo­la­ti a un tas­so di inte­res­se fis­so (sov­ven­zio­na­to) del 3%, con una sca­den­za mas­si­ma di 20 anni, un perio­do di gra­zia di due anni e una sov­ven­zio­ne del 15% sot­to for­ma di ammor­ta­men­to per i rispar­mi ener­ge­ti­ci supe­rio­ri al 20% e per il rag­giun­gi­men­to del­la clas­se D di effi­cien­za ener­ge­ti­ca. È pre­vi­sta una sov­ven­zio­ne del 25% per livel­li di rispar­mio supe­rio­ri al 40%.

I sus­si­di ven­go­no asse­gna­ti alle fami­glie a bas­so red­di­to ammis­si­bi­li alla rice­zio­ne di fon­di sta­ta­li. Anche le asso­cia­zio­ni di pro­prie­ta­ri di case pos­so­no usu­frui­re dei pre­sti­ti age­vo­la­ti e del­le sov­ven­zio­ni ero­ga­te dal fon­do e poi rim­bor­sa­re i pre­sti­ti al fon­do stes­so. Le prin­ci­pa­li lezio­ni appre­se sono sta­te la neces­si­tà di ave­re asso­cia­zio­ni di inqui­li­ni ben orga­niz­za­te per uti­liz­za­re le sov­ven­zio­ni: la con­ces­sio­ne di pre­sti­ti per sin­go­li inqui­li­ni è infat­ti mol­to dif­fi­ci­le da gestire.

Ciò con­tri­bui­sce inol­tre a raf­for­za­re l’im­por­tan­za del­le strut­tu­re abi­ta­ti­ve “col­let­ti­ve” (cioè case popo­la­ri, pub­bli­che, coo­pe­ra­ti­ve e con­do­mi­ni) nel­la rea­liz­za­zio­ne rapi­da ed effi­cien­te di ristrut­tu­ra­zio­ni su lar­ga scala.

 

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L’Italia è il Pae­se che ha regi­stra­to il calo dei sala­ri rea­li più for­te tra le prin­ci­pa­li eco­no­mie OCSE. Alla fine del 2022, i sala­ri rea­li nel­la Peni­so­la era­no cala­ti del 7,5% rispet­to al perio­do pre­ce­den­te la pan­de­mia con­tro una media OCSE del 2,2%.

 

Allo stes­so tem­po, un aumen­to gene­ra­le dei prez­zi non ha rispar­mia­to la cate­go­ria degli immo­bi­li che sono sem­pre più cari ed inac­ces­si­bi­li per le fami­glie a bas­so reddito.

 

Gli allog­gi in edi­li­zia pub­bli­ca sono sem­pre più spes­so sven­du­ti oppu­re resta­no indi­spo­ni­bi­li per man­can­za di manutenzione.

 

Il dirit­to alla casa deve esse­re una del­le pre­ro­ga­ti­ve per qual­sia­si gover­no, per garan­ti­re il benes­se­re dei pro­pri cit­ta­di­ni, inte­si come l’in­sie­me del­le per­so­ne che vivo­no sul ter­ri­to­rio, e soprat­tut­to per quel­li che si tro­va­no in situa­zio­ni più precarie.

e di que­ste zone.

Soste­nia­mo la cam­pa­gna “Ma qua­le casa?, che ha lan­cia­to  una pro­po­sta di leg­ge d’i­ni­zia­ti­va popo­la­re per inse­ri­re il dirit­to alla casa in Costi­tu­zio­ne. Ser­vo­no 50.000 fir­me entro set­tem­bre. Si può fir­ma­re con Spid o CIE sul­la piat­ta­for­ma pub­bli­ca per la rac­col­ta firme.

“Home­less”, il nume­ro 14 di “Ossi­ge­no”, la rivi­sta di Peo­ple, è inte­ra­men­te dedi­ca­to all’e­mer­gen­za abitativa. 

Il 28 e 29 di giu­gno 2025 tor­na il Poli­ti­camp di Possibile.

Dome­ni­ca 29 giu­gno alle 11.15 ci sarà il panel

“Ma qua­le casa?”, il dirit­to all’abitare oggi — con Car­lo Vene­ro­ni, Andrea Giuia, Ales­san­dro Miglio­li, Car­lo Alber­to Lentola

Poli­ti­camp 2023. 

Emer­gen­ze, quel­le vere: abi­ta­re, con Fran­ce­sco Flo­ris, Mat­tia San­ta­rel­li, Cele­ste Palermo