Tax the rich. La nostra proposta per il fisco

(Estrat­to da “La Pos­si­bi­le Ita­lia”, il pro­gram­ma elet­to­ra­le di Possibile)

 

L’Indagine sui Bilan­ci del­le Fami­glie Ita­lia­ne pub­bli­ca­ta da Ban­ca d’Italia (anno 2020) spie­ga mol­to bene la distri­bu­zio­ne del­la ric­chez­za nel nostro pae­se: il 50% del­le fami­glie più pove­re detie­ne l’8,3% del patri­mo­nio net­to, men­tre il 7% più ric­co detie­ne il 50% di tut­ta la ric­chez­za. Negli ulti­mi sei anni, la disu­gua­glian­za eco­no­mi­ca è aumen­ta­ta: l’indice di Gini del red­di­to equi­va­len­te, una misu­ra sin­te­ti­ca del gra­do di disu­gua­glian­za del­la distri­bu­zio­ne del­la ric­chez­za, è sali­to al 64,7 (era il 61,6 del 2016).

 

In un qua­dro com­ples­si­vo in cui l’imposta di suc­ces­sio­ne è inin­fluen­te (dal 4% all’8% con esen­zio­ne fino ad un milio­ne di euro), l’imposta sul­le ren­di­te e sul capi­ta­le è pro­por­zio­na­le (26%), l’imposta sui red­di­ti ha ali­quo­te mar­gi­na­li che cre­sco­no mol­to rapi­da­men­te fino a 28 mila euro di red­di­to lor­do e oltre que­sta soglia è di fat­to un’imposta piat­ta, si può affer­ma­re a gran voce che que­sto siste­ma è orga­niz­za­to per bene­fi­cia­re i gran­di per­cet­to­ri di red­di­to e i pos­ses­so­ri di gran­di ric­chez­ze patrimoniali.

 

Sen­za un recu­pe­ro del­la capa­ci­tà redi­stri­bu­ti­va del­le impo­ste, la situa­zio­ne è desti­na­ta a peggiorare.

 

Isti­tui­re un’im­po­sta sosti­tu­ti­va sui patrimoni

 

Defi­ni­zio­ne

 

La nuo­va impo­sta è sosti­tu­ti­va del­le impo­ste esi­sten­ti aven­ti carat­te­re patri­mo­nia­le (IMU-Tasi, impo­sta di bol­lo su con­to tito­li, depo­si­ti ban­ca­ri, impo­sta su aero­mo­bi­li e imbar­ca­zio­ni ecc.). 

 

Si trat­ta di un regi­me straor­di­na­rio a cui si acce­de qua­lo­ra l’insieme del­le atti­vi­tà mobi­lia­ri e immo­bi­lia­ri, al net­to del­le pas­si­vi­tà finan­zia­rie, dete­nu­te da un sin­go­lo con­tri­buen­te in Ita­lia e all’estero, sia supe­rio­re a 1 milio­ne di euro.

 

Fina­li­tà del­la nuo­va imposta

 

“Non per cas­sa ma per equi­tà”, si potreb­be dire para­fra­san­do un noto docu­men­to dell’INPS (2017). L’imposta ha lo sco­po pri­ma­rio di cor­reg­ge­re le ende­mi­che distor­sio­ni lun­go la distri­bu­zio­ne del­la ric­chez­za che la cri­si sani­ta­ria ha irri­me­dia­bil­men­te acui­to. Si trat­ta per­tan­to di una tas­sa di sco­po, a tem­po deter­mi­na­to, il cui get­ti­to dovrà esse­re desti­na­to a spe­ci­fi­ci set­to­ri pubblici. 

 

Acces­so al regi­me straordinario

 

L’accesso al regi­me straor­di­na­rio si atti­va in sede di dichia­ra­zio­ne annua­le, una vol­ta riu­ni­to l’asse patri­mo­nia­le, quan­do la base impo­ni­bi­le supe­ra un milio­ne di euro. 

 

Qua­lo­ra il con­tri­buen­te rica­des­se nel­la fat­ti­spe­cie, l’intermediario finan­zia­rio non effet­tua il ver­sa­men­to alla fon­te dell’imposta di bol­lo per con­to tito­li, depo­si­ti ban­ca­ri e altri tito­li e con­trat­ti. In sede di pri­ma appli­ca­zio­ne, l’eventuale impo­sta di bol­lo ver­sa­ta è por­ta­ta in detra­zio­ne all’imposta sostitutiva. 

 

Deter­mi­na­zio­ne del­la base imponibile

 

L’imponibile dovreb­be esse­re deter­mi­na­to su valo­ri patri­mo­nia­li quan­to più pos­si­bi­le ade­ren­ti ai valo­ri di mer­ca­to e sta­bi­li­ti alla data del­la dichia­ra­zio­ne annuale.

 

Per quan­to riguar­da la par­te immo­bi­lia­re, in assen­za di una rifor­ma del cata­sto, il valo­re si dovreb­be deter­mi­na­re secon­do le quo­ta­zio­ni OMI (Osser­va­to­rio del mer­ca­to immo­bi­lia­re) e in fun­zio­ne del­lo sta­to in cui ver­sa l’immobile (in uso, non in uso, loca­to, non loca­to, da ristrut­tu­ra­re, ristrut­tu­ra­to ecc.). Per l’immobile dete­nu­to come ‘pri­ma casa’, il valo­re da inse­ri­re in dichia­ra­zio­ne è ridot­to del 30%. Le moda­li­tà tec­ni­che del­la valo­riz­za­zio­ne da ese­gui­re in sede di dichia­ra­zio­ne annua­le dovran­no esse­re spe­ci­fi­ca­te in un suc­ces­si­vo decre­to del Mini­ste­ro dell’Economia e del­le Finanze. 

 

Per la quo­ta finan­zia­ria, la rico­stru­zio­ne dell’asse patri­mo­nia­le potreb­be bene­fi­cia­re dell’accesso all’archivio dei rap­por­ti finan­zia­ri dell’Anagrafe Tributaria.

 

Altri beni mobi­lia­ri sono riu­ni­ti all’asse patri­mo­nia­le anche median­te peri­zia di par­te, i cui costi sono inte­si come one­re dedu­ci­bi­le. Costi­tui­sco­no inol­tre one­re dedu­ci­bi­le tut­te le pas­si­vi­tà finan­zia­rie a cari­co del contribuente. 

 

Ali­quo­ta

 

In sede di pri­ma appli­ca­zio­ne dell’imposta, l’aliquota è fis­sa­ta nel­la misu­ra dell’1% per una base impo­ni­bi­le supe­rio­re a 1 milio­ne di euro di patrimonio.

 

Suc­ces­si­va­men­te, a par­ti­re quin­di dal secon­do anno di appli­ca­zio­ne, l’aliquota è sta­bi­li­ta come segue:

  • 0,8 per cen­to tra 1 milio­ne e 2,5 milio­ni di euro; 
  • 1 per cen­to tra 2,5 e 10 milioni;
  • 1,5 per valo­ri supe­rio­ri a 10 milio­ni di euro di patrimonio. 

 

Detra­zio­ne per fedel­tà fisca­le e altre detrazioni

 

Si dovreb­be pre­ve­de­re una detra­zio­ne pari al 5% dell’imposta per chi, negli ulti­mi cin­que anni, è risul­ta­to in rego­la con le dichia­ra­zio­ni dei red­di­ti e il ver­sa­men­to di impo­ste e contributi.

 

In sede di pri­ma appli­ca­zio­ne, l’eventuale impo­sta di bol­lo ver­sa­ta è por­ta­ta in detra­zio­ne all’imposta sostitutiva.

 

È pre­vi­sta una detra­zio­ne ulte­rio­re pari al 30% dell’imposta qua­lo­ra il red­di­to impo­ni­bi­le Irpef dell’anno fisca­le pre­ce­den­te sia infe­rio­re a 75 mila euro; del 15% se il red­di­to è com­pre­so tra 75 mila e 100 mila; del 5% tra 100 e 125 mila euro. 

 

Al fine di pre­ve­ni­re distor­sio­ni cau­sa­te da tax defer­ral, nel caso di varia­zio­ni del red­di­to impo­ni­bi­le Irpef supe­rio­ri al 50% del­la media del­le dichia­ra­zio­ni dei cin­que anni pre­ce­den­ti, l’applicazione di det­ta detra­zio­ne com­por­ta il con­trol­lo prio­ri­ta­rio da par­te dell’Agenzia del­le Entra­te entro quat­tro mesi dal­la pre­sen­ta­zio­ne del­la dichiarazione.

 

Desti­na­zio­ne del gettito

 

Il get­ti­to di que­sta impo­sta deve esse­re vin­co­la­to a inve­sti­men­ti (aggiun­ti­vi rispet­to al bud­get annual­men­te pre­vi­sto dal­la Leg­ge di Bilan­cio) nel­la scuo­la e nell’università, e nel­le misu­re di ridu­zio­ne del­le emis­sio­ni di CO2. Ogni anno il Mini­ste­ro dell’Economia e del­le Finan­ze sot­to­po­ne al Par­la­men­to un rap­por­to di come sono sta­ti effet­ti­va­men­te spe­si gli introi­ti gene­ra­ti dal­la nuo­va tassa.

In rela­zio­ne al minor get­ti­to deri­van­te ai comu­ni del­l’im­po­sta muni­ci­pa­le uni­ca (IMU-Tasi), vie­ne annual­men­te ride­ter­mi­na­ta la dota­zio­ne finan­zia­ria del Fon­do di soli­da­rie­tà comu­na­le di cui all’ar­ti­co­lo 1, com­ma 380, del­la leg­ge n. 228 del 2012. 

 

Effi­ca­cia del­la nuo­va imposta

 

A distan­za di un anno dal­la sua intro­du­zio­ne, la nuo­va impo­sta è valu­ta­ta cir­ca la sua effi­ca­cia in ter­mi­ni di equi­tà e di get­ti­to atte­so. L’imposta è valu­ta­ta anche in rela­zio­ne alle stra­te­gie elu­si­ve mes­se in atto per ovvia­re alla nuo­va fat­ti­spe­cie. Il Mini­ste­ro dell’Economia e del­le Finan­ze pre­sen­ta una rela­zio­ne annua­le al Par­la­men­to su tali aspetti. 

 

Effet­ti macroe­co­no­mi­ci attesi

 

Nel medio-lun­go ter­mi­ne, l’introduzione dell’imposta deter­mi­ne­reb­be, secon­do le nostre ipotesi:

  • Un miglior effet­to redistributivo;
  • Un incen­ti­vo a impie­ghi più effi­cien­ti e pro­dut­ti­vi del capitale;
  • In vir­tù del­la fina­li­tà qui espo­sta, tra­mi­te gli inve­sti­men­ti in scuo­la e uni­ver­si­tà e la cre­sci­ta for­ma­ti­va che ne con­se­gue, un aumen­to del­lo stock di capi­ta­le uma­no che potrà garan­ti­re livel­li di pro­dut­ti­vi­tà più ele­va­ta a pari­tà di tecnologia;
  • Un aumen­to del rischio di tra­sfe­ri­men­ti all’estero del­le com­po­nen­ti mobi­li del­la ric­chez­za, pra­ti­che elu­si­ve che potreb­be­ro tut­ta­via esse­re atte­nua­te gra­zie ai pro­gres­si com­piu­ti negli ulti­mi anni con lo scam­bio di infor­ma­zio­ni e l’utilizzo dei dati tra i pae­si OECD nell’ambito del­la stra­te­gia del Com­mon Repor­ting Stan­dard (CRS);
  • Un aumen­to del costo del capi­ta­le per le impre­se e quin­di un disin­cen­ti­vo agli inve­sti­men­ti, effet­to che potreb­be esse­re con­tro­bi­lan­cia­to dall’aumento del­la pro­pen­sio­ne al con­su­mo (e quin­di alla pro­du­zio­ne di beni), gene­ra­to dal­la mag­gio­re dispo­ni­bi­li­tà di red­di­to che l’insieme del­le misu­re fisca­li qui pre­vi­ste potreb­be gene­ra­re sul­le clas­si medie. 

 

Modi­fi­che all’imposta sui red­di­ti del­le per­so­ne fisiche

 

Fina­li­tà

 

Il gover­no Dra­ghi ha, da un lato, avvia­to una rifor­ma dell’imposta sui red­di­ti del­le per­so­ne fisi­che che ha eli­mi­na­to le stor­tu­re intro­dot­te dai regi­mi tran­si­to­ri dei bonus Ren­zi e Gual­tie­ri, armo­niz­zan­do le ali­quo­te mar­gi­na­li attra­ver­so una radi­ca­le modi­fi­ca del­la detra­zio­ne, dall’altro ha con­so­li­da­to l’impianto dell’imposta basa­to su una sostan­zia­le ali­quo­ta fis­sa oltre i 28 mila euro di red­di­to e sul con­so­li­da­men­to del siste­ma dua­le, che esclu­de dal peri­me­tro di impo­sta tut­ti i red­di­ti di natu­ra finan­zia­ria e patri­mo­nia­le, per le note (pre­sun­te) ragio­ni di mag­gio­re effi­cien­za del pre­lie­vo. Tut­ta­via, il regi­me dua­le non fa altro che aumen­ta­re la dispa­ri­tà di trat­ta­men­to tra le diver­se fon­ti di red­di­to, pre­giu­di­can­do il cri­te­rio del­la pro­gres­si­vi­tà fiscale.

La fina­li­tà di que­sta par­te del­la pro­po­sta fisca­le di Pos­si­bi­le è appun­to quel­la di ripri­sti­na­re un cer­to gra­do di pro­gres­si­vi­tà dell’Irpef, agen­do sia sul siste­ma dua­le tra­mi­te la for­te limi­ta­zio­ne del­le impo­ste sosti­tu­ti­ve, sia sul­la strut­tu­ra stes­sa dell’imposta, con la modi­fi­ca del­lo sche­ma attua­le del­le aliquote. 

 

Fine del regi­me sosti­tu­ti­vo: tor­na­re a una IRPEF onnicomprensiva

 

La pro­po­sta è quel­la di sosti­tui­re la ISOS (Impo­sta Sosti­tu­ti­va sui Red­di­ti da Capi­ta­le) con una Rite­nu­ta di Accon­to e la suc­ces­si­va inclu­sio­ne in dichia­ra­zio­ne annua­le (con tas­sa­zio­ne pro­gres­si­va Irpef). La rite­nu­ta d’acconto alla fon­te è sta­bi­li­ta con l’aliquota del 23% e le fat­ti­spe­cie iden­ti­fi­ca­te sono sog­get­te alla tas­sa­zio­ne in dichia­ra­zio­ne annua­le, pro­gres­si­va Irpef, con detrai­bi­li­tà del­la ritenuta. 

I pro­ven­ti deri­van­ti da pro­dot­ti finan­zia­ri sono così riu­ni­ti al red­di­to per­so­na­le del contribuente. 

 

Fat­ti­spe­cie coinvolte

 

Inte­res­si, divi­den­di e plu­sva­len­ze otte­nu­ti da:

  • Azio­ni ita­lia­ne ed estere;
  • Obbli­ga­zio­ni ita­lia­ne emes­se da socie­tà quo­ta­te, ban­che e altri gran­di emittenti;
  • Obbli­ga­zio­ni ita­lia­ne emes­se da socie­tà non quotate;
  • Obbli­ga­zio­ni estere;
  • Obbli­ga­zio­ni emes­se da enti ter­ri­to­ria­li di pae­si inclu­si nel­la Whi­te List;
  • Tito­li atipici;
  • Par­te­ci­pa­zio­ni non qua­li­fi­ca­te ita­lia­ne ed este­re (con ecce­zio­ne di quel­le non nego­zia­te in mer­ca­ti rego­la­men­ta­ti e in socie­tà resi­den­ti in “black list”);
  • Fon­di immo­bi­lia­ri ita­lia­ni ed esteri;
  • Con­trat­ti deri­va­ti (com­pr. Opzio­ni, futu­re, swap, cer­ti­fi­ca­tes, CFD, etc.). 

 

Rifor­ma del­le ali­quo­te IRPEF

 

Per riaf­fer­ma­re il prin­ci­pio del­la pro­gres­si­vi­tà fisca­le e rie­qui­li­bra­re il pre­lie­vo Irpef sui red­di­ti più ele­va­ti, si pre­ve­do­no le seguen­ti modi­fi­che sul­le aliquote:

  • ridu­zio­ne al 22% dell’attuale ali­quo­ta al 23%;
  • pre­vi­sio­ne di altri tre sca­glio­ni di impo­sta così defi­ni­ti: 45% per i red­di­ti com­pre­si tra 75 mila e 120 mila euro; 48% per i red­di­ti tra 120 mila e i 300 mila euro, 50% per red­di­ti supe­rio­ri a 300 mila euro.

Resta inva­ria­ta la strut­tu­ra del­la detra­zio­ne come da modi­fi­ca con­te­nu­ta nel­la Leg­ge di Bilan­cio 2022.

In ter­mi­ni di indi­ci di pro­gres­si­vi­tà, la capa­ci­tà redi­stri­bu­ti­va dell’imposta vie­ne leg­ger­men­te miglio­ra­ta, por­tan­do l’Indice di Gini dei red­di­ti al net­to dell’imposta a 38,2 (cal­co­la­to sul­la base dei dati sul­le Dichia­ra­zio­ni dei red­di­ti anno fisca­le 2020).

 

Ridu­zio­ne del cuneo fisca­le per gli incapienti

 

Per ovvia­re ai pro­ble­mi di equi­tà rela­ti­vi agli inca­pien­ti, che sono al di fuo­ri del peri­me­tro dell’imposta ma sono anche al di fuo­ri dei bene­fi­ci deri­van­ti da detra­zio­ni e bonus, si potreb­be ridur­re il cuneo fisca­le agen­do sul­la con­tri­bu­zio­ne sociale.

L’aliquota che gra­va sul lavo­ra­to­re dipen­den­te è quel­la rela­ti­va alla pre­vi­den­za obbli­ga­to­ria, pari a cir­ca il 9,2 per cen­to del­la retri­bu­zio­ne annua­le lor­da (RAL), che aumen­ta al 10,2 per cen­to al supe­ra­men­to di cir­ca 46 mila euro annui. È pre­vi­sto un mas­si­ma­le che inter­rom­pe l’obbligo con­tri­bu­ti­vo poco oltre i 100 mila euro di red­di­to (tet­to con­tri­bu­ti­vo — cfr. Cir­co­la­re INPS n. 19 del 31/01/2017).

L’intento è quel­lo di ope­ra­re uno scon­to sul­la con­tri­bu­zio­ne socia­le ver­sa­ta dal lavo­ra­to­re, così distribuito:

  • 1 fascia: ‑5,5% fino a 9.950 euro di RAL (cor­ri­spon­den­te a 9 mila euro di red­di­to imponibile);
  • 2 fascia: ‑1,5% fra 9.950 e 16.518 di RAL (fra 9 mila e 15 mila euro di red­di­to imponibile);
  • 3 fascia: ‑0,5% fra 16.518 e 26.429 di RAL (fra 15 mila e 24 mila euro di red­di­to imponibile).

La modi­fi­ca così appor­ta­ta per­met­te di spo­sta­re risor­se ver­so gli inca­pien­ti per cir­ca 850 milio­ni di euro.

 

Can­cel­la­zio­ne dell’articolo 24 bis del TUIR (impo­sta forfettaria)

 

L’imposta for­fet­ta­ria di 100 mila euro pre­vi­sta per chi spo­sta la pro­pria resi­den­za fisca­le in Ita­lia dovreb­be esse­re abro­ga­ta per ragio­ni di equi­tà. Inin­fluen­te dal pun­to di vista del get­ti­to (garan­ti­sce all’Erario appe­na 42 milio­ni di euro), ha coin­vol­to appe­na 421 cosid­det­ti “gran­di pape­ro­ni” il cui effet­to nei ter­mi­ni di mag­gio­ri con­su­mi e spe­se nel nostro pae­se è irri­so­rio. La per­si­sten­za del regi­me di favo­re inve­ce raf­for­za l’idea erra­ta e pri­va di fon­da­men­to che se i ric­chi pagas­se­ro meno impo­ste allo­ra sareb­be meglio per tutti.

 

Get­ti­to atteso

 

Dal­le sti­me, l’insieme degli inter­ven­ti dovreb­be esse­re a sal­do zero per il get­ti­to fiscale:

  • Can­cel­la­zio­ne ISOS: i mag­gio­ri introi­ti, che rica­dreb­be­ro sul­le fami­glie del quar­to e quin­to quin­ti­le di red­di­to più ele­va­to, si atte­sta­no a cir­ca 3,5–4 miliardi;
  • Revi­sio­ne ali­quo­te: si sti­ma che il sal­do del­la ridu­zio­ne dell’aliquota del 23% al 22% e gli incre­men­ti deri­van­ti dagli ulte­rio­ri sca­glio­ni sopra 75 mila euro sia pari a ‑1,9 miliar­di, che devo­no esse­re com­pen­sa­ti median­te le ulte­rio­ri misu­re qui previste;
  • Taglio cuneo fisca­le agli inca­pien­ti: la modi­fi­ca pre­vi­sta per­met­te di spo­sta­re risor­se ver­so gli inca­pien­ti per cir­ca 850 milio­ni di euro;
  • Can­cel­la­zio­ne regi­me for­fet­ta­rio per i gran­di pape­ro­ni: si pre­su­me che alla can­cel­la­zio­ne del regi­me di favo­re, i sud­det­ti spo­sti­no in bre­ve tem­po la pro­pria resi­den­za altro­ve e per­tan­to ciò potreb­be ridur­re il get­ti­to di cir­ca 42 milio­ni di euro.

 

Rifor­ma dell’imposta di suc­ces­sio­ne e donazione

 

Attin­gia­mo in que­sto caso a pie­ne mani dal libro Tax the rich! (Ed. Peo­ple 2021): «L’idea che l’impresa sia un bene da tra­man­da­re ai figli, di gene­ra­zio­ne in gene­ra­zio­ne, ha un non­so­ché di anti­co. È que­sto un trat­to tipi­co di ciò che gli sto­ri­ci chia­ma­no Ancien Régi­me, ossia l’in­sie­me del­le isti­tu­zio­ni poli­ti­che, giu­ri­di­che, eco­no­mi­che dell’Europa tra XVI e il XVIII seco­lo nel­le qua­li i rap­por­ti socia­li sono con­trad­di­stin­ti da situa­zio­ni di pri­vi­le­gio e da disu­gua­glian­ze pro­fon­de di tipo ere­di­ta­rio. L’Italia del XXI seco­lo è un luo­go dove chi è figlio di un nota­io, sarà nota­io. Chi è figlio di ope­rai, sarà ope­ra­io. Il figlio dell’imprenditore sarà esso stes­so impren­di­to­re di quel­la stes­sa impre­sa fon­da­ta dal padre. In for­za del dirit­to natu­ra­le a dispor­re in dona­zio­ne e suc­ces­sio­ne ai pro­pri ere­di diret­ti, i rap­por­ti socia­li sono così cri­stal­liz­za­ti in una divi­sio­ne tra clas­si immu­ta­ta nei seco­li. […] La fina­li­tà dell’imposta non è quel­la di acca­nir­si su one­sti cit­ta­di­ni che han­no avu­to for­tu­na e che così pos­so­no per­met­te­re ai loro figli un futu­ro miglio­re e meno irto di osta­co­li e sacri­fi­ci come quel­lo che è sta­to riser­va­to loro. La fina­li­tà del­la tas­sa di suc­ces­sio­ne è di per­met­te­re un futu­ro miglio­re a tut­ti i figli, in modo che pos­sa­no istruir­si e ave­re pari oppor­tu­ni­tà di rea­liz­zar­si negli stu­di e nel lavo­ro. La tas­sa­zio­ne dell’eredità (come negli altri pae­si euro­pei) deve esse­re con­nes­sa all’investimento nell’istruzione, fin dal­la pri­ma infan­zia (come nei miglio­ri pae­si euro­pei). Una tas­sa di sco­po con­tro una «men­ta­li­tà di ren­di­ta», un pro­get­to di riscat­to e di liberazione.»

Non saprem­mo scri­ver­lo meglio.

La pro­po­sta è vol­ta prin­ci­pal­men­te alla ridu­zio­ne del­la fran­chi­gia che vie­ne dimi­nui­ta a 500 mila euro per gli ere­di in linea ret­ta (oggi è appun­to fis­sa­ta a 1 milio­ne), a 450 mila euro per gli ere­di in linea collaterale.

Sen­za modi­fi­ca­re alcun­ché sino a valo­ri patri­mo­nia­li di 75 mila euro, si dovreb­be­ro sta­bi­li­re ali­quo­te cre­scen­ti per valo­ri patri­mo­nia­li supe­rio­ri, sino a toc­ca­re il 20 per cen­to oltre i 26 milio­ni di euro. Onde scon­giu­ra­re l’ipotesi per cui l’imposta pos­sa col­pi­re ere­di in con­di­zio­ni eco­no­mi­che di svan­tag­gio, si dovreb­be pre­ve­de­re l’esenzione tota­le nel caso in cui il pro­prio indi­ce del­la situa­zio­ne eco­no­mi­ca equi­va­len­te (ISEE) sia in fascia 1.

 

Rifor­ma del Catasto

 

Fon­da­men­ta­le. La rifor­ma del cata­sto è inde­ro­ga­bi­le, se voglia­mo par­la­re di giu­sti­zia fisca­le in que­sto Pae­se. Si è discet­ta­to per anni, duran­te i con­ve­gni, di spo­sta­re la tas­sa­zio­ne dal red­di­to alla ren­di­ta, eppu­re sia­mo anco­ra fer­mi agli esti­mi cata­sta­li degli anni Ottan­ta per quan­to riguar­da il cata­sto urba­no, e addi­rit­tu­ra al 1939 per quel­lo rura­le. L’attuale siste­ma cau­sa ini­qui­tà di tipo:

  • Oriz­zon­ta­le, che si riscon­tra tra con­tri­buen­ti e in rela­zio­ne al ter­ri­to­rio in cui sono ubi­ca­ti gli immo­bi­li a cau­sa del muta­men­to dei valo­ri rela­ti­vi (prez­zi e cano­ni di loca­zio­ne) tra le diver­se zone di un comune;
  • Ver­ti­ca­le, quan­do si evi­den­zia che il dif­fe­ren­zia­le tra valo­ri di mer­ca­to e ren­di­te cata­sta­li ten­de ad aumen­ta­re tra i seg­men­ti più ric­chi dei proprietari.

Duran­te la XVIII Legi­sla­tu­ra, è sta­ta ripro­po­sta la rifor­ma a pari­tà di get­ti­to fisca­le che cin­que anni pri­ma non si pote­va rea­liz­za­re, ma una len­ta e ine­so­ra­bi­le ero­sio­ne del testo ne ha smon­ta­to i carat­te­ri prin­ci­pa­li, ossia l’introduzione del com­pu­to per metri qua­dra­ti e la riva­lu­ta­zio­ne degli esti­mi cata­sta­li (con pro­gres­si­vo rial­li­nea­men­to al valo­re di mer­ca­to). Nel com­ples­so, l’azione del legi­sla­to­re dovreb­be esse­re rivol­ta a garan­ti­re gli stru­men­ti per favo­ri­re l’emersione degli immo­bi­li cosid­det­ti fan­ta­sma, mai acca­ta­sta­ti o in pale­se dif­for­mi­tà rispet­to alla situa­zio­ne rea­le. Nel­la pro­po­sta fisca­le di Pos­si­bi­le, la rifor­ma del Cata­sto è intro­dot­ta nel Col­le­ga­to fisca­le alla Leg­ge di Bilan­cio 2024 ed è ope­ra­ti­va nell’arco di cin­que anni, con effet­ti­vi­tà pie­na sul siste­ma fiscale.

 

Con­tra­sto all’elusione fiscale

 

Nel com­ples­so, occor­re agi­re per appro­va­re la Cor­po­ra­te Tax a livel­lo euro­peo in tem­pi mol­to stret­ti. L’accordo rag­giun­to in sede OECD è orien­ta­to su due pilastri: 

La rial­lo­ca­zio­ne degli uti­li pres­so i Pae­si in cui sono effet­ti­va­men­te rea­liz­za­ti, dove per­tan­to risie­do­no uten­ti e clienti; 

L’introduzione di un’aliquota mini­ma glo­ba­le effet­ti­va dell’imposta sul­le socie­tà pari al 15%. 

Rego­le non vali­de per tut­ti, ma sol­tan­to per quel­le mul­ti­na­zio­na­li con un fat­tu­ra­to annuo supe­rio­re a 750 milio­ni di euro in alme­no due degli ulti­mi quat­tro anni. 

La tas­sa ver­reb­be appli­ca­ta sui paga­men­ti del­le filia­li loca­li ver­so le case madri, nel­la misu­ra del­la dif­fe­ren­za di ali­quo­ta tra il 15% e il tas­so appli­ca­to nel pae­se del­la sede cen­tra­le, andan­do quin­di a ope­ra­re diret­ta­men­te sul pro­fit shif­ting gene­ra­to attra­ver­so royal­ties o sui prez­zi degli scam­bi intercompany. 

Un inter­ven­to aggiun­ti­vo è sta­bi­li­to per le mul­ti­na­zio­na­li con rica­vi oltre 20 miliar­di di dol­la­ri e con mar­gi­ne ope­ra­ti­vo supe­rio­re al 10% del fat­tu­ra­to: il 10% dell’utile ver­reb­be tas­sa­to diret­ta­men­te nei pae­si dove sono rea­liz­za­te le vendite.

Le altre azio­ni che pre­ve­dia­mo sono:

  • Modi­fi­che al Decre­to Legi­sla­ti­vo 29 novem­bre 2018, n. 142 Attua­zio­ne del­la diret­ti­va (UE) 2016/1164 del Con­si­glio, del 12 luglio 2016: uni­for­ma­zio­ne dei sog­get­ti pas­si­vi a cui si appli­ca la disci­pli­na sul­la tas­sa­zio­ne in usci­ta (arti­co­lo 2), CFC (arti­co­lo 4) e disal­li­nea­men­ti da ibri­di (arti­co­lo 6), che devo­no esse­re — secon­do il det­ta­to del­la Diret­ti­va — tut­ti i con­tri­buen­ti sog­get­ti all’imposta sul­le socie­tà, con inclu­sio­ne anche dei cd. “sog­get­ti Ires, sen­za red­di­to d’impresa”, ossia enti non com­mer­cia­li qua­li tru­st e fon­da­zio­ni. All’art. 1 com­ma 2 è appor­ta­ta una modi­fi­ca vol­ta alla ridu­zio­ne del limi­te di dedu­ci­bi­li­tà dell’eccedenza degli inte­res­si pas­si­vi in rap­por­to all’EBITDA (Ear­ning Befo­re Inte­re­st Taxes Depre­cia­tion and Amor­ti­za­tion): l’eccedenza può esse­re uti­liz­za­ta ai fini del­la dedu­zio­ne negli eser­ci­zi suc­ces­si­vi sino a un mas­si­mo di cin­que perio­di d’im­po­sta (e non più illi­mi­ta­ta­men­te come ora);
  • Ridu­zio­ne del limi­te di fat­tu­ra­to con­so­li­da­to (oggi fis­sa­to a 750 milio­ni di euro — cfr. Diret­ti­va (UE) 2016/881) a 300 milio­ni oltre il qua­le è obbli­ga­to­rio pre­sen­ta­re la ren­di­con­ta­zio­ne CbCr (coun­try-by-coun­try repor­ting — DAC4) da par­te del­la socie­tà capo­grup­po, aven­te obbli­go di reda­zio­ne del bilan­cio consolidato;
  • Per il con­tra­sto all’elusione e all’evasione fisca­le nazio­na­le è neces­sa­ria la con­fer­ma e la pro­se­cu­zio­ne del­le misu­re di fisco elet­tro­ni­co sin qui adot­ta­te. Fan­no par­te di que­sta stra­te­gia l’adozione del­lo scon­tri­no elet­tro­ni­co, che ormai è real­tà dal 1 gen­na­io 2021, e la fat­tu­ra­zio­ne elet­tro­ni­ca. Occor­re rispet­ta­re e con­fer­ma­re que­ste scel­te: negli ulti­mi due anni han­no per­mes­so una signi­fi­ca­ti­va ridu­zio­ne del gap IVA. Al momen­to in cui scri­via­mo, l’obbligo di fat­tu­ra elet­tro­ni­ca riguar­da tut­te le par­ti­te IVA con rica­vi o com­pen­si supe­rio­ri ai 25 mila euro. Sono inclu­si i pro­fes­sio­ni­sti, le microim­pre­se e, come det­to, gli auto­no­mi in regi­me for­fet­ta­rio (quel­li con rica­vi o com­pen­si sot­to i 65 mila euro ma supe­rio­ri a 25 mila). Dal gen­na­io 2024 saran­no inclu­si anche i sog­get­ti con rica­vi infe­rio­ri a tale soglia: è neces­sa­rio con­fer­ma­re tale scel­ta e con­so­li­da­re il siste­ma infor­ma­ti­co dell’Agenzia del­le Entra­te che trop­po spes­so è sta­to ogget­to di attac­chi hac­ker: misu­re di sicu­rez­za digi­ta­le sono indi­spen­sa­bi­li per ren­der­lo soste­ni­bi­le nel tempo;
  • Sem­pre in mate­ria di fisco elet­tro­ni­co, è tem­po di acce­de­re a una nor­ma comu­ne euro­pea e a un obbli­go uni­for­me su tut­to il ter­ri­to­rio dell’Unione per quan­to con­cer­ne la fat­tu­ra­zio­ne elet­tro­ni­ca. È que­sto il sen­so del­la Rac­co­man­da­zio­ne C1 del Par­la­men­to euro­peo con­te­nu­ta nell’iniziativa 2020/2254(INL) del 28 set­tem­bre 2021, che pro­po­ne di rag­giun­ge­re que­sto obiet­ti­vo entro il 2023. L’adozione del­la pro­po­sta di Diret­ti­va è pre­vi­sta entro il ter­zo tri­me­stre 2022: com­pi­to del gover­no ita­lia­no sarà la sua rapi­da attua­zio­ne in pie­na conformità.

 

Razio­na­liz­za­zio­ne del siste­ma di age­vo­la­zio­ni fisca­li per le imprese

 

Le impre­se ita­lia­ne, di ogni gene­re e dimen­sio­ne, ope­ra­no in un con­te­sto costel­la­to di regi­mi fisca­li opzio­na­li e misu­re di finan­za age­vo­la­ta, disci­pli­na­te ed ero­ga­te a vario livel­lo (nazio­na­le, regio­na­le, Came­re di Com­mer­cio etc.).

Tra­mi­te que­sti regi­mi e misu­re, le impre­se pos­so­no bene­fi­cia­re ogni anno di impor­tan­ti sgra­vi fisca­li (cre­di­ti d’imposta, maxi-dedu­zio­ni dall’imponibile) e/o con­tri­bu­ti (in con­to capi­ta­le o in con­to eser­ci­zio), a fron­te di deter­mi­na­ti inve­sti­men­ti stra­te­gi­ci (ricer­ca e svi­lup­po, indu­stria 4.0, digi­ta­liz­za­zio­ne, eco­no­mia cir­co­la­re etc.).

Le nor­me che dan­no acces­so a que­ste age­vo­la­zio­ni sono poco orga­ni­che tra loro e sog­get­te a varia­zio­ni repen­ti­ne o ad incer­tez­ze inter­pre­ta­ti­ve: una situa­zio­ne che, se lascia­ta sen­za un mini­mo di moni­to­rag­gio e di stra­te­gia, può com­por­ta­re sva­ria­ti ele­men­ti di com­ples­si­tà e inef­fi­cien­za su più fron­ti, a par­ti­re dall’iter di acces­so per con­clu­de­re con la dif­fi­col­tà a misu­ra­re l’impatto effet­ti­vo sul siste­ma pro­dut­ti­vo, fon­da­men­ta­le per poter valu­ta­re la buo­na o cat­ti­va allo­ca­zio­ne del­le risor­se pubbliche.

È ragio­ne­vo­le sup­por­re che alcu­ne misu­re pos­sa­no esse­re ridon­dan­ti o rive­lar­si come del­le sem­pli­ci “man­gia­to­ie”, dan­no­se per l’erario e pos­si­bil­men­te frut­to di mere con­tin­gen­ze politico-elettorali. 

Rite­nia­mo uti­le isti­tui­re un Osser­va­to­rio uni­co nazio­na­le sul­le age­vo­la­zio­ni per le impre­se che, in coor­di­na­men­to con altri enti qua­li i Ser­vi­zi Stu­di del­le due Came­re, il CNEL, l’Agenzia del­le Entra­te e le Came­re di Com­mer­cio, met­ta a siste­ma tut­ti i dati dispo­ni­bi­li (sia eco­no­mi­ci che nor­ma­ti­vi) sul­le misu­re esi­sten­ti, in modo da poter­ne misu­ra­re a livel­lo sta­ti­sti­co gli effet­ti sul siste­ma eco­no­mi­co e sul bilan­cio del­lo Sta­to. In con­tem­po­ra­nea, il com­ples­so del­le misu­re dovreb­be esse­re ogget­to di una sem­pli­fi­ca­zio­ne e rior­ga­niz­za­zio­ne gra­dua­le, sul­la base di una stra­te­gia eco­no­mi­ca orga­ni­ca e di medio-lun­go ter­mi­ne anzi­ché di inter­ven­ti estem­po­ra­nei, pro­ro­ghe e rifi­nan­zia­men­ti (una logi­ca di prov­vi­so­rie­tà che si addi­ce solo a misu­re di tipo emergenziale).

A soste­gno di que­ste azio­ni, un’ulteriore ini­zia­ti­va che si può intra­pren­de­re è sta­bi­li­re cri­te­ri di con­di­zio­na­li­tà per l’accesso a deter­mi­na­te age­vo­la­zio­ni fisca­li, alla pari di altri para­me­tri uti­liz­za­ti nor­mal­men­te come requi­si­ti indi­spen­sa­bi­li o cri­te­ri pre­mia­li (anti­ma­fia, anti­ri­ci­clag­gio, pre­sen­za di cer­ti­fi­ca­zio­ni ISO etc.).

 

Disar­ma­re la spesa

 

Al net­to del­la garan­zia del dirit­to all’autodifesa, smet­tia­mo­la di ven­de­re armi ai pae­si in guer­ra. La nostra indu­stria bel­li­ca ali­men­ta con­flit­ti nel­le zone più cal­de del mon­do, con­tri­buen­do alla deva­sta­zio­ne di inte­re cit­tà, a cri­si uma­ni­ta­rie gra­vis­si­me, alla fuga del­le per­so­ne. Il gover­no ha pre­ci­se respon­sa­bi­li­tà, dato che pro­pa­gan­da dap­per­tut­to il pro­prio impe­gno nel pro­muo­ve­re la ven­di­ta di armi “made in Ita­ly”, nono­stan­te la leg­ge pre­scri­va che le auto­riz­za­zio­ni all’export di arma­men­ti deb­ba­no esse­re in linea con poli­ti­ca este­ra e non deb­ba­no esse­re indi­riz­za­te ver­so pae­si in sta­to di con­flit­to arma­to o in cui sia­no con­fer­ma­ti gra­vi vio­la­zio­ni dei dirit­ti uma­ni. Tra i prin­ci­pa­li pae­si desti­na­ta­ri tro­via­mo anche Ara­bia Sau­di­ta, Qatar, Tur­chia, Paki­stan, Ango­la, Emi­ra­ti Ara­bi Uniti.

Anche la spe­sa mili­ta­re ita­lia­na è in cre­sci­ta: nel perio­do 2020–2021 si atte­sta intor­no all’1,2% del PIL, in net­ta cre­sci­ta rispet­to al 2019. Oltre l’86% del bud­get del MISE, indi­riz­za­to al soste­gno del­la com­pe­ti­ti­vi­tà e allo svi­lup­po del­le impre­se, fini­sce in armi.

La revi­sio­ne qui pro­po­sta col­pi­sce alcu­ni dei capi­to­li di spe­sa rela­ti­vi al Mini­ste­ro del­la Dife­sa e al Mini­ste­ro del­lo Svi­lup­po Eco­no­mi­co e rap­pre­sen­ta solo un ini­zio del­la ricon­ver­sio­ne. In par­ti­co­la­re, lo stan­zia­men­to del Mini­ste­ro del­lo Svi­lup­po Eco­no­mi­co desti­na­to ai pro­gram­mi di pro­cu­re­ment di arma­men­ti è ripor­ta­to nel bilan­cio pre­vi­sio­na­le del MISE ai capi­to­li di spe­sa 7419 (0,412 mld), 7421 (0,355 mld), 7423 (0,334 mld) e 7485 (0,250 mld), men­tre le som­me impe­gna­te per il Mini­ste­ro del­la Dife­sa ven­go­no qui indi­vi­dua­te nel capi­to­lo di spe­sa 7120 (4,2 mld per il 2023), le cui dota­zio­ni ven­go­no — in tut­to o in par­te — desti­na­te alle fina­li­tà di cui ai para­gra­fi pre­ce­den­ti di que­sto programma.

Nell’insieme, recu­pe­ria­mo 5,5 miliar­di di euro.